L'aula della Camera ha votato la fiducia al decreto sul Ponte di Messina con 206 voti favorevoli, 124 contrari e 5 astenuti, mercoledì ci sarà il sì definitivo, poi il testo passerà al Senato. Sulla carta la società Stretto di Messina Spa è già resuscitata, il sottosegretario del ministero delle Infrastrutture Edoardo Rixi ha già confermato che il Def prevede che l’opera possa arrivare a costare fino a 13,5 miliardi e infine durante la conversione è stato aggiunto un emendamento che prevede 7 milioni per sponsorizzare l’opera.

Tuttavia, il giorno dopo che il ministro dei Trasporti Matteo Salvini si è messo a scherzare con il presentatore Fiorello, invitandolo a camminare in costume da bagno sul futuro ponte, è arrivata la notizia che il contenzioso tra le società che avevano perso i primi contratti, la Stretto di Messina Spa, concessionaria, ed Eurolink, contraente generale di cui fa parte per il 45 per cento WeBuild, va avanti: l’udienza dell’appello su richiesta delle parti è stata rinviata a ottobre 2024. In pratica, aspettano.

In una nota inviata a Domani, la Stretto di Messina spiega che la richiesta è stata fatta «in considerazione di quanto previsto dalle nuove norme che sono volte al riavvio delle attività per la realizzazione dell’opera e, in tale ambito, alla ripresa dei contratti con i soggetti affidatari».

Il nuovo progetto

Il decreto dovrebbe essere approvato in via definitiva entro fine mese. Per evitare, come accaduto poche settimane fa, che la maggioranza si ritrovi in minoranza, al voto hanno partecipato pure i ministri in forze.

Il testo, che comunque è quasi certo arrivi fino in fondo, permetterà alla società concessionaria, Eurolink e agli altri soggetti affidatari dei servizi connessi alla realizzazione dell’opera, di manifestare la volontà che ciascun contratto riprenda a produrre i propri effetti.

Tuttavia la richiesta è subordinata alla rinuncia delle domande e dei giudizi nei confronti della società concessionaria, della presidenza del Consiglio dei ministri, del ministero delle Infrastrutture e dei trasporti e di ogni altra pubblica amministrazione coinvolta nella realizzazione dell’opera, così da mettere definitivamente a tacere ogni pretesa maturata in passato.

La possibilità che riparta tutto come era prima però arriverà dopo un elaborato aggiornamento del progetto che, nonostante la fretta di Salvini, prenderà ancora molto tempo, sempre se arriverà mai. Il progetto del ponte, quello storico da una campata che il ministro delle Infrastrutture ha già realizzato in formato plastico, infatti deve essere integrato da una relazione del progettista (che era Eurolink, adesso si attende che venga chiarito), che attesti la rispondenza al progetto preliminare e alle eventuali prescrizioni dettate in sede di approvazione, con particolare riferimento alla compatibilità ambientale e alla localizzazione dell’opera.

La relazione, una volta trasmessa per l’approvazione al Consiglio di amministrazione della società concessionaria, deve passare dal parere del comitato scientifico creato apposta dal concessionario, che è chiamato a esprimersi entro i successivi trenta giorni.

A quel punto, arriva al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il Mit convoca una una conferenza di servizi, e infine superato quest’altro vaglio, passa al Cipess, il Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile, che dà il via libera al progetto aggiornato con una deliberazione. E qui le società se vogliono possono chiedere di riattivare i contratti.

Il contenzioso

L’accordo tra la società Stretto di Messina e il contraente generale Eurolink, finalizzato all’avvio delle attività per la costruzione del ponte risale al 2009. Nella stessa data, è stata sottoscritta l'intesa tra la Stretto di Messina e il Project Management ConsuItant, la statunitense Parsons Transportation Group, oggi inclusa nel processo Eurolink.

Dopo che il governo Monti nel 2012 ha stabilito la caducazione dei contratti, è partito il processo. Una scheda della Camera ricorda che il tribunale di Roma nel 2018 ha respinto in primo grado le domande formulate dai ricorrenti.

Nello specifico, ha riconosciuto la legittimità della fine dei rapporti contrattuali, e ha detto no alla «domanda principale di risarcimento» mossa da Eurolink, da 700 milioni di euro. Tuttavia, nonostante l’entusiasmo di Salvini, il processo, per ora, va avanti.

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