«Sta succedendo davvero: siamo sempre di più». Simohamed Kaabour, insegnante di 40 anni, accento ligure, è felice e un po’ incredulo. Da più di dieci anni si batte per la partecipazione di immigrati e italiani di origine straniera nella città dove è cresciuto, Genova.

A giugno, dopo essersi candidato con il Pd, è diventato il primo consigliere comunale di origine straniera sotto la Lanterna. Non è il solo a gioire. A Verona la 28enne Veronica Atitsogbe, genitori del Togo e un lavoro in banca, è stata la più votata nella lista del nuovo sindaco di centrosinistra, Damiano Tommasi.

A Parma sono diventate consigliere con il Pd Alicia Maria Carrillo Heredero, veterinaria di 24 anni, figlia di un cubano, e Victoria Oluboyo, impiegata di 28 anni, figlia di nigeriani, attivista transfemminista e di Black lives matter. E non è finita: a Sesto San Giovanni, nord di Milano, è stata eletta a sinistra l’avvocata di origine egiziana Soad Hamdy Younes, 39 anni. Sono in buona compagnia: nelle prime 100 città italiane ci sono una quarantina di consiglieri comunali e municipali di origine straniera.

Dal 2019 al 2022: rivoluzione in quattro elezioni

Dieci anni fa un risultato del genere sembrava un miraggio. Quando nel 2011 l’italo-marocchina Ouidad Bakkali è diventata assessora a Ravenna, sono esplose le proteste del centrodestra nonostante Ouidad abitasse in città dall’età di un anno. Nel 2013 è andata ancor peggio a Said Chaibi, 22enne di origine marocchina che è stato eletto a Treviso con Sel: è stato travolto da 14mila messaggi di minacce e insulti.

Da allora la situazione è migliorata. Tra il 2019 e il 2022 i consiglieri comunali di origine straniera si sono moltiplicati, in particolare in Trentino, Lombardia, Toscana ed Emilia-Romagna. Nel 2021 a Torino è stato eletto con il Pd il mediatore culturale Abdullahi Ahmed, 33 anni, rifugiato somalo sbarcato a Lampedusa.

Sempre con il Pd la 37enne Angelica Vasile, nata in Romania e dottore di ricerca in Sociologia economica, è diventata consigliera a Milano, dove ci sono nuovi italiani in quasi tutti i municipi. A Bologna l’italo-eritreo Siid Negash, 42 anni, è stato il più votato della lista del sindaco di centrosinistra Matteo Lepore, mentre l’italo-albanese Detjon Begaj, 31 anni, è stato eletto con Coalizione civica insieme all’italo-canadese Emily Clancy, 31 anni, oggi vicensindaca.

Il Pd ha fatto entrare nelle istituzioni a Varese Helin Yildiz, 28 anni, di origini curdo-turche; a Ravenna l’italo-albanese Renald Haxhibeku, 24 anni, e Ouidad Bakkali, 36 anni, presidente del consiglio comunale e vicesegretaria del Pd Emilia-Romagna. Davanti all’ondata di nuovi italiani in politica, lei non ha dubbi: «È il frutto di anni di lavoro».

La forza di fare rete

Oltre alle campagne per la riforma della legge sulla cittadinanza, da Torino a Palermo hanno fatto molto le associazioni che rivendicano i diritti dei nuovi italiani come Conngi, Idem network, Il Futuro è ora. Il “Conngi-Coordinamento nazionale nuove generazioni utaliane” è nato nel 2017 su ispirazione del ministero del Lavoro.

«Coinvolgere italiani e nuovi italiani crea lo stimolo per l’impegno politico», spiega il genovese Simohamed Kaabour, che di Conngi è presidente. Originario di Casablanca, professore di arabo ed educazione civica al liceo, nel 2012 Kaabour si è candidato sindaco di Genova con una lista di italiani, immigrati e figli di immigrati, prendendo lo 0,2 per cento di voti. Ma non si è dato per vinto. Nel Conngi si impegna insieme ad altri attivisti diventati consiglieri: il torinese Abdullahi Ahmed, il bolognese Siid Negash, il pratese Marco Wong, la reggiana Marwa Mahmoud.

Molti membri del Conngi fanno parte di Idem Network, che aiuta i nuovi italiani «creando leadership e supportandoli nelle campagne elettorali», spiega, Yassine El Ghlid, 33 anni, ex consigliere di Calcinaia, in provincia di Pisa, tra i protagonisti di Idem insieme a Kaabour, Negash e Ahmed, più Othmane Yassine, consigliere a Fermignano (Pesaro-Urbino); Sara Rouibi, consigliera a Castel San Pietro Terme (Bologna); Basma Aissa, ex consigliera a Castelfranco Emilia (Modena). Su un aspetto tutti concordano: «È importante far emergere i bisogni delle popolazioni straniere, ma per essere eletti servono i voti degli italiani». È un cambio di passo rispetto alla pratica di candidare stranieri solo per attirare il voto degli immigrati.

Una cittadinanza difficile

Il peso elettorale delle comunità straniere è infatti ancora limitato: dal 1998 al 2020 la Fondazione Ismu calcola che poco più di 1,6 milioni di immigrati hanno preso la cittadinanza italiana. Tra i 5,2 milioni di stranieri in Italia nel 2021 (8,7 per cento della popolazione, secondo Istat), molti sono esclusi dalle elezioni. I 3,4 milioni non comunitari non possono votare né essere eletti; gli 1,8 milioni di comunitari possono partecipare alle comunali ed europee, ma devono fare domanda con dei limiti di tempo.

Secondo il sociologo Giacomo Solano, head of research per il Migration policy group di Bruxelles – che fa ricerca sui temi dell’integrazione dei migranti a livello europeo – non c’è da stupirsi che pochi stranieri partecipino alla vita politica. «Oltre a non essere autorizzati oppure avere grandi limitazioni al diritto di voto, sono poco supportati nella partecipazione alla vita pubblica», spiega. «Questo produce un circolo vizioso. Non poter votare determina scarsa partecipazione. E il fatto che spesso l’acquisizione della cittadinanza da parte dei figli di migranti sia un processo difficoltoso, limita la partecipazione delle seconde generazioni».

In Italia l’arrivo dei primi migranti risale agli anni Ottanta, mentre negli anni Novanta si sperimenta l'immigrazione su larga scala da Albania, Romania e Nordafrica. Nel 1996 una legge ha consentito il diritto di voto ai comunitari; nel frattempo sono nate le figure del “consigliere straniero aggiunto” o della “Consulta degli stranieri”, per rappresentare le popolazioni escluse. Con l’allargamento dell’Unione europea verso l’est Europa sono comparsi i primi romeni nei consigli comunali, come a Padova e Verbania nel 2009.

Nuovi italiani dal Trentino alla Puglia

Oggi la maggior parte degli eletti di origine straniera ha tra i 20 e i 40 anni e si trova nelle prime 20 città italiane, nel centro nord. Nel 2020, a Trento, sono stati eletti a sinistra l’italo-marocchino El Barji Assou e Andreas Fernandes, nato in Germania da padre spagnolo. A Bolzano sono entrati gli italo-marocchini Abdallah Chniouli e Samir Zine Sekali con una lista civica di centro; l’italo-macedone Mirche Hristov con la Lega; l’italo-albanese Tritan Myftiu con Fratelli d'Italia.

Nel 2019 a Firenze sono stati eletti a sinistra Antonella Moro Bundu, padre della Sierra Leone, prima donna nera a candidarsi sindaca in una grande città, e Dmitrij Gabriellovic Palagi, nato in Lituania. A Reggio Emilia è stata eletta con il Pd Marwa Mahmoud, nata in Egitto. Sempre nel 2019 a Forlì è entrato con il Pd Soufian Hafi Alemani, per metà tunisino; mentre a Cremona una lista di centrosinistra ha eletto la prima consigliera nera, l’italo-ivoriana Letizia Kakou.

A Prato Teresa Lin e Marco Wong sono i primi consiglieri di origine cinese, grazie a una lista di centrosinistra e il Pd; il leghista Stanasel George Claudiu, nato in Romania, è vicepresidente del consiglio. A Salerno c’è Antonia Willburger del Psi, genitori austriaci. Nel 2018 ad Aprilia (LT) è stata eletta la romena Mariana Iulian.

Contro i ghetti

Idem network ha scovato inoltre una dozzina di eletti nei comuni minori: come Diye Ndiaye, assessora italo-senegalese a Scandicci (Firenze); Sirin Ghribi, italo-tunisina che a Castel Bolognese (Ravenna) è consigliera comunale e presidente dell’Anpi; o Nora Berdad, consigliera italo-marocchina a Cannole (Lecce).

Il prossimo passo è dichiarato: «Crescere alle prossime elezioni». Nel 2023 si vota in più di 700 Comuni, tra cui Brescia, Vicenza, Pisa, Ancona, Brindisi, Catania. E Treviso, dove il consigliere Said Chaibi ha rotto «il dogma dell’uomo bianco nelle istituzioni», ricorda.

«Da allora abbiamo costruito una nuova identità. Ma stiamo attenti a non diventare figurine, e ghettizzarci nel ruolo “del consigliere di origine straniera”». Il consigliere bolognese Siid Negash è d’accordo. «Noi dobbiamo rivolgerci a tutti, senza distinzioni. Stiamo preparando il letto a un fiume che nei prossimi anni sarà impetuoso: è pieno di giovani che vogliono un cambiamento».

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