«Un titolo pesantemente diffamatorio, totalmente falso». La dichiarazione del ministro della Difesa, Guido Crosetto, fa il paio con la denuncia di Giorgia Meloni, che a Rtl 102.5 ha detto che «delle mie questioni private si è parlato a volte senza pietà, però alla fine me lo metto in testa e si combatte». I Fratelli d’Italia continuano a non avere un buon rapporto con i media, in un atteggiamento che assomiglia sempre più a un complesso persecutorio che ha poco a che fare con il legittimo dibattito politico e culturale.

Anzi, i meloniani fanno un passo ulteriore: oltre ad aprire fronti con chi non la pensa come loro, da Lilli Gruber a Roberto Saviano, negli ultimi tempi sembrano particolarmente preoccupati del fuoco amico. Le posizioni di Meloni e Crosetto insistono entrambe su organi di stampa e gruppi editoriali “amici”. Nel mirino della premier c’è ovviamente Mediaset, che ha rivelato gli atteggiamenti discutibili del suo ex compagno Andrea Giambruno, mentre il ministro della Difesa ce l’ha con il Giornale, che accusa di aver «inventato di sana pianta» e per cui ha già dato mandato di procedere con una querela.

«Il titolo e l’articolo del Giornale rivelano la chiara volontà di mistificare la realtà e trasmettere un messaggio tanto diffamatorio quanto falso» si legge nella nota del ministro, che annuncia: «Non posso ora esimermi dal capirne la ratio e soprattutto i mandanti».

«Mi sembra che il ministro sia molto nervoso e quando uno è nervoso perde la lucidità»: la stilettata del direttore Alessandro Sallusti rivela tutta la (mancanza di) serenità che serpeggia nel centrodestra. Anche perché l’accusa di Crosetto a Sallusti di avere dei mandanti politici rivela l’ennesimo sospetto dei meloniani, visto che l’unico possibile “mandante” sarebbe Antonio Angelucci, editore del Giornale, rieletto l’anno scorso deputato con la Lega (in passato era stato eletto in FI). Mentre nei primi giorni del Giambruno gate si temevano pesanti conseguenze sul rapporto tra Fratelli d’Italia e Forza Italia, oggi il rapporto a rischio sembra quello con il Carroccio: la paura intrinseca dei meloniani del fuoco amico rischia di mettere a rischio l’alleanza quasi più degli screzi espliciti.

La comunicazione è da sempre il tarlo che tormenta l’inquilina di palazzo Chigi, che nonostante l’accoglienza dei media di destra si è avvitata in un percorso dominato da passi falsi e gaffe, complicato dall’incapacità di costruire un apparato solido che gestisse i rapporti con la stampa, attualmente in mano al sottosegretario Giovanbattista Fazzolari. Sintomatica è la dichiarazione di Meloni di ieri: «A volte mi dicono che devo comunicare di più. Ma la gran parte del tempo che io ho lo voglio spendere a fare cose, non a fare finta di farle».

Manie persecutorie

Insomma, neanche la certezza di avere un sistema mediatico ormai bendisposto o direttamente controllato dalle diverse emanazioni della destra rappresenta dunque una rassicurazione sufficiente per il partito di Meloni, che pure ha in mano direttamente la fetta più grossa del servizio pubblico e può contare su Mario Sechi – per qualche mese portavoce della premier – al timone di Libero. Altra testata, insieme al Tempo, del gruppo Angelucci.

Ed è proprio questo gruppo editoriale, che nonostante sia vicino al governo non le risponde direttamente, a preoccuparla. Anche perché rischia di incidere, e non poco, sul suo bacino elettorale. L’editore-deputato leghista che si presenta a palazzo sempre accompagnato dalle sue guardie del corpo avrebbe messo gli occhi anche su Radio Capital, una delle tre emittenti ancora in mano al gruppo Gedi attraverso Elemedia: sulla stampa rimbalzano notizie di trattative con la proprietà per la radio, anche se è evidente l’incompatibilità della linea editoriale dell’emittente diretta per vent’anni da Vittorio Zucconi ed ereditata da Massimo Giannini e da ultimo da Edoardo Buffoni con le priorità politiche di Angelucci.

Vero è che la proprietà ha smentito diverse volte le voci di cessione circolate, ma la campagna acquisti dell’imprenditore, che negli ultimi mesi ha sfilato anche il Giornale alla famiglia Berlusconi, non sembra destinata a finire. Anzi, lo sbarco sulle frequenze televisive sembra solo questione di tempo, uno scenario che inizierebbe a generare preoccupazione anche dalle parti di Cologno Monzese. Resta poi tutto da affrontare il conflitto d’interessi tra le priorità politiche di un deputato e le responsabilità di un editore non puro: l’interesse a una radio che negli ultimi tempi ha perso parecchi ascoltatori (-4,8 per cento rispetto al primo semestre 2022) può essere serenamente controbilanciato dai soldi che arrivano da altri investimenti di Angelucci, come per esempio il business delle cliniche. Quale possa essere il progetto, poi, è ancora da vedere: c’è anche chi ipotizza un polo radiofonico che unisca Radio Capital e Radio libertà (ex Radio Padania), in un’offensiva mediatica leghista come non si era ancora vista finora. E che potrebbe seriamente preoccupare Fratelli d’Italia, priva di emanazioni dirette e soprattutto di un’armatura che protegga la sua premier.

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