Dopo l’attacco a Israele da parte di Hamas, la tensione sui mercati energetici è evidente. Oltre al petrolio, sta crescendo il prezzo del metano e lo sta facendo, in proporzione, ancora di più dell’altra fonte fossile. Questo per più motivi: di scenario e contingenti.

La spiegazione generale l’ha data il numero uno di Eni, Claudio Descalzi: «La guerra preoccupa sempre per gli effetti che ha direttamente sulle persone, sulla società. Abbiamo già visto ieri e l'altro ieri gli effetti sul mercato. Il prezzo del gas è salito». Il petrolio, ha ricordato, «che aveva cominciato una netta discesa è risalito. La guerra è terribile, l'impatto sulla produzione di gas è marginale però chiaramente sono tutti gli schemi e le possibili conseguenze che preoccupano il mercato. A questo punto dobbiamo capire l'evoluzione».

Ma ci sono stati nelle scorse ore anche altri avvenimenti che hanno creato problemi nelle forniture e messo in allerta il mercato fino a fare arrivare il prezzo a 50 euro al megawattora. Dopo aver chiuso ieri a quasi 44 €/MWh (43,9) riporta il sito specializzato Staffetta Quotidiana, stamani ha aperto a 44,6 e a metà sessione era a 49,3. Anche le quotazioni a termine per i mesi di gennaio e febbraio sono tornate sopra quota 50 €/MWh per la prima volta da diversi giorni, con gennaio e febbraio sopra 53 €.

Sciopero e gasdotto

Le tensioni internazionali e il comportamento dei paesi produttori, soprattutto Algeria e Qatar, nelle prossime settimane saranno decisive. Tuttavia, nonostante Israele non sia uno dei principali paesi esportatori, sta risentendo in queste ore del blocco della produzione di un giacimento. Lunedì 9 ottobre, il ministero dell’Energia ha chiesto a Chevron di interrompere la produzione del giacimento offshore Tamar. L’impianto, che lo scorso anno ha prodotto 10,25 miliardi di mc, è un’importante fonte di approvvigionamento di gas per generatori termoelettrici delle industrie di Israele e fornisce anche alcuni volumi di gas al vicino Egitto.

A questo si sono aggiunte le minacce di sciopero in Australia. I lavoratori degli impianti di Gas naturale liquefatto della Chevron stanno pianificando di riprendere gli scioperi per – dice la società – un «piccolo numero» di questioni che bloccano l’accordo con i sindacati.

Lunedì Chevron ha dichiarato che sta lavorando all’accordo, e se non si trovasse soluzione, lo sciopero potrebbe partire il 19 ottobre. Per domani, mercoledì 11, è stato fissato un nuovo incontro tra le parti.

Mentre in Medio Oriente e dall’altra parte del pianeta i giacimenti sono in agitazione, anche più vicino alle coste dell’Europa la situazione non è tranquilla. Arrivano ultime in ordine di tempo le ipotesi di sabotaggio del gasdotto tra la Finlandia e l'Estonia. Secondo il quotidiano finlandese Iltalehti, il governo e le forze armate di Helsinky sospettano che la Russia abbia colpito l’infrastruttura. Secondo il governo di Helsinky, le autorità hanno localizzato il punto danneggiato nel gasdotto Baltic Connector: il danno è stato scoperto la notte dell'8 ottobre. Questo ha comportato l'interruzione del flusso di gas e i lavori di riparazione potrebbero richiedere diversi mesi.

Il segretario della Nato è già in contatto con la Finlandia.

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