In fondo era solo la prima votazione per eleggere il presidente della Repubblica. E nel segreto dell’urna, si sa, spesso prevale la goliardia. Soprattutto quando è già chiaro a tutti che nulla succederà.

Ciò nonostante le elezioni del Quirinale sono state negli anni l’occasione per consumare piccole e grandi vendette. I “franchi tiratori” sono sempre all’opera. E già nella prima votazione, quindi, è possibile cogliere qualche piccolo segnale politico che, forse, non andrebbe sottovalutato.

Ieri hanno votato su 1.008 aventi diritto, 976 grandi elettori. Dal resoconto della seduta apprendiamo che c’erano 10 assenti “in missione” (tra di loro anche i senatori a vita Giorgio Napolitano e Carlo Rubbia). Quindi gli assenti “ingiustificati” erano 22.

Tutti i principali partiti che sostengono Mario Draghi hanno dato indicazione di votare scheda bianca. A conti fatti, sommando tutti i delegati delle forze politiche della maggioranza, le schede bianche dovevano essere all’incirca 911. Invece sono state quasi 240 in meno: 672.

Impossibile, ovviamente, sapere chi sono. Così come sarebbe eccessivo dire che tutti hanno votato in dissenso rispetto alle indicazioni dei propri leader.

La somma di schede nulle (49) e voti “dispersi” (88) è di 137. Circa 160 le preferenze espresse per candidati vari. Di questi, però, 36 sono stati i voti per il magistrato Paolo Maddalena, sostenuto dagli ex grillini di L’alternativa c’è (22 grandi elettori) e da esponenti sparsi del gruppo Misto (alla vigilia era accreditato di circa 40 voti).         

Volendo fare una stima, anche considerando che Fratelli d’Italia, unico partito di opposizione che conta 63 grandi elettori, ha dato indicazione di votare scheda bianca, è chiaro che una parte significativa della maggioranza, ben oltre i cento voti, ha votato in dissenso dalle indicazioni ricevute.

Il palazzo del Quirinale (AP Photo/Andrew Medichini)

L’impressione, quindi, è che dall’Aula di Montecitorio sia stato inviato un messaggio per i leader dei partiti: alla fine, accordi o non accordi, tutto si decide con il voto segreto dei singoli. Che non è detto – Romano Prodi e Franco Marini insegnano – che abbiano piacere a ubbidire agli ordini di scuderia.

Con tutte le cautele del caso, volendo vedere in ciò che è successo ieri un’anticipazione di ciò che potrebbe succedere oggi e nei prossimi giorni, è abbastanza chiaro che esiste un gruppo piuttosto nutrito di grandi elettori appartenenti alla maggioranza che non è possibile gestire. 

Sembra un’ovvietà ma Matteo Salvini, Giuseppe Conte ed Enrico Letta non possono non tenerne conto. Soprattutto se pensano di “imporre” ai propri parlamentari il nome di Mario Draghi.

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