Quello che promette di non fare è «indebolire la segretaria, taglieremmo il ramo su cui siamo tutti seduti». Quello che giura di non voler fare è «una corrente», non sia mai, quella che si riunisce oggi a Cesena è «un’area politico-culturale». Ma allora cosa vuole fare Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia-Romagna, presidente del Pd, già candidato sconfitto alle primarie?

Venerdì al Cesena Fiera, alle 15, si apre la kermesse “Energia popolare”, a giovedì ben 500 iscritti. Bonaccini ha dovuto organizzare questo appuntamento prima della pausa estiva perché l’area riformista, con le sue molte anime russe, nel senso di tormentate, si stava sfilacciando causa la gran sofferenza per la torsione radical che la segretaria Elly Schlein cerca di imprimere al suo partito. Il presidente non teme gli abbandoni eccellenti (e chi dovrebbe lasciare alla vigilia delle europee che sono una scommessa rischiosa per la nuova segretaria, e poi per andare dove visto che il Terzo polo non esiste più?).

Teme però «le scissioni degli iscritti», il disimpegno degli sconfitti. Un timore che mette a disposizione della segretaria e del partito: «Nel congresso dei circoli ho vinto di oltre 20 punti e tra gli elettori siamo arrivati quasi alla pari, vuol dire che c’è un pluralismo che va tenuto vivo e messo al servizio di quella che per tutti dev’essere la segretaria».

Schlein presente

Schlein ci sarà, dimostrando di apprezzare lo stile unitario di Bonaccini; oggi pomeriggio parlerà nella plenaria. E sarà ascoltata con molta attenzione dalla platea. Poi la sera, trasferimento in massa alla festa dell’Unità, a piazza Berlinguer, dove Bonaccini sarà intervistato dalla direttrice della Nazione, Agnese Pini.

Domani alla kermesse arriverà Romano Prodi per una «lectio magistralis». Scelta molto ben meditata: il professore è il padre politico di Schlein, ma è stato anche il primo ad avvertirla di non trascurare riformisti e cattolici del partito. Bonaccini concluderà dopo di lui.

Un’altra cosa che Bonaccini non deve fare, è trasformare l’assemblea in uno sfogatoio anti-Schlein. Ma è proprio quello che intende evitare: i malumori sono parecchi (probabile si parli anche della conduzione dei gruppi parlamentari, ce l’hanno tutti con le incertezze di linea sulla gpa), ma il messaggio dell’iniziativa, verso la segretaria, è una richiesta di maggiore pluralismo e insieme un’offerta di collaborazione alla costruzione dell’identità del Pd «e della sua cultura di governo».

C’è poi un messaggio interno, ai riformisti convenuti. In questi mesi Bonaccini non è stato pienamente il punto di riferimento della corrente, pardon area: l’alluvione è stata una catastrofe per la sua regione, ovviamente ha richiesto il suo impegno pancia a terra. Impegno che continuerà a questi ritmi ancora per mesi.

Ma ormai i suoi dirigenti che volevano autonomizzarsi, per esempio praticando uno stile meno soft verso la segretaria, si sono convinti che resta lui il più riconoscibile, e popolare, di tutti quelli che non si trovano a proprio agio nel nuovo corso di Schlein. Quindi ci saranno tutti: da Lorenzo Guerini ad Alessandro Alfieri, a Pina Picierno a Piero Fassino (ex area Franceschini).

Non ci saranno il presidente campano Vincenzo De Luca, ma ci sarà il figlio Piero, e quello pugliese Michele Emiliano. Con i quali comunque Bonaccini mantiene un filo anche politico, oltreché da collega e compagno di partito.

I due aspirano al terzo mandato in regione; e c’è chi sostiene che, scartata l’ipotesi di abbandonare la sua terra al post alluvione per candidarsi a Bruxelles, anche Bonaccini ci stia facendo un pensierino.

C’è tempo, mancano due anni. Nel frattempo Schlein sappia che lui è ancora «un punto di riferimento fortissimo» dell’area riformista, e che le darà una mano affinché nessuno dei suoi l’azzoppi (per ora). Ma solo a patto di praticare un po’ più di pluralismo.

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