Il Sinodo delle chiese valdesi e metodiste, riunitosi a Torre Pellice (To) dal 20 al 25 agosto, al termine di una breve ma intensa discussione, ha approvato un ordine del giorno sul tema della gestazione per altri (Gpa).

Diversamente da quanto riportato in alcune sintesi e vari commenti del giorno dopo, il Sinodo non è entrato nel merito delle varie modalità in cui si può concretizzare la pratica di gestazione per altri, fra le quali sono contemplate anche scelte solidali ed altruistiche, totalmente prive di corrispettivo economico e dunque non riconducibili all’orribile semplificazione, del cosiddetto “utero in affitto” che domina nel dibattito e nella comunicazione pubblica.

Non lo ha fatto responsabilmente, perché le nostre chiese sono abituate ad affrontare temi delicati e complessi che interrogano le coscienze dei credenti sulla base anche di un’adeguata riflessione teologica e di fede, nella consapevolezza che il loro intreccio con difficili nozioni tecnico-scientifiche e problematiche giuridiche e le loro profonde implicazioni umane e sociali rendono serio un dibattito solo se preceduto dalla fatica di un’adeguata informazione e della condivisione di spazi curati per il confronto, accessibili a tutti e tutte.

Per soddisfare queste esigenze di informazione ed accompagnamento del discernimento individuale e comunitario, è pronto per l’invio alle chiese un documento elaborato dalla Commissione per i problemi etici posti dalla scienza delle chiese valdesi, metodiste e battiste, che si offre anche come contributo al dibattito pubblico ed ecumenico sul tema.

Si tratta di un documento che, provando ad affrontare in modo comprensibile per tutti anche le nozioni e questioni più complesse, rimane aperto nelle conclusioni, dopo avere allargato lo sguardo sui temi ben più ampi in cui la tematica specifica della Gpa appare inserita, quali il senso della genitorialità, la comprensione della dimensione del dono, il rischio della riduzione di esseri umani (ed in particolare del corpo delle donne) a funzioni utilitaristiche, la tensione fra desideri (anche di genitorialità) e diritti.

Nell’attesa che si possa avviare, anche sulla scorta di questo documento, questa palestra di confronto dentro le chiese su temi tanto rilevanti, il nostro Sinodo ha comunque avvertito l’esigenza di fissare alcuni paletti entro i quali sviluppare la discussione dentro e fuori le chiese: innanzitutto la tutela, al di sopra e al di là di ogni ideologia, dei diritti dei bambini e delle bambine comunque nati dal rischio di essere privati di uno dei due genitori; l’invito alle chiese ad essere luoghi sicuri e accoglienti per ogni famiglia “reale”, di cui prendersi cura e da supportare al di là delle definizioni ed immagini tradizionali o ideali che ciascuno può legittimamente coltivare (in coerenza con l’ampia riflessione già condotta sul tema delle nuove forme di famiglia, condensata in un documento accolto dal Sinodo nel 2017).

In terzo luogo, la necessità di evitare in ogni caso la criminalizzazione delle scelte introducendo per legge nuovi reati addirittura definiti universali, anche in questo caso in coerenza con un consolidato orientamento delle nostre chiese a riconoscere che «la politica non ha la funzione di realizzare il vero, ma di cercare soluzioni il più possibile eque [e] la misura dell'equità sta nella capacità delle soluzioni adottate di garantire diritti e libertà e aiutare a compiere scelte responsabili nei confronti di problemi complessi, che nessuna ideologia può semplificare» (così si esprimeva il Sinodo nell’anno 2007, nel pieno di altri dibattiti su temi eticamente sensibili).

Nella consapevolezza che tutto questo lavorio non sia riducibile a slogan mediaticamente efficaci, ringraziamo questo giornale per la spazio che ci ha concesso.

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