Nella pace scoppiata tra Italia e Francia non c’entra di sicuro l’ormai nota pesca dello spot di Esselunga che tanto ha animato il dibattito, anche politico, italiano. Ma è altrettanto certo che la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e il presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, hanno scoperto un feeling che non immaginavano di poter mai avere. Troppo distanti culturalmente, troppo diversa l’estrazione politica. Dopo l’incontro di martedì scorso a palazzo Chigi (a margine del funerale laico di Giorgio Napolitano), ieri i due sono stati protagonisti, a Malta, di un vertice trilaterale, durato circa mezz’ora, con la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.

Solite promesse

Al centro il dossier che più aveva alimentato le polemiche tra Italia e Francia: i migranti. Il primo risultato è comunque deludente. «C’è la volontà di affrontare la questione migratoria con completezza e velocità», ha detto Meloni facendo un punto sull’incontro e puntualizzando che la buona volontà c’è «sulla carta». La soluzione è stata quindi rimandata alla revisione del bilancio pluriennale, su cui «c’è molta convergenza – ha affermato la premier – ed è importante». Resta infine l’appiglio dell’accordo, finora fallimentare, con la Tunisia a cui arriveranno i primi fondi la prossima settimana e il rilancio su una «una missione navale nel Mediterraneo da attuare in accordo con le autorità del nord Africa». Insomma, il solito "si vedrà".

L’asse con il nuovo amico Macron, quindi, non ha prodotto effetti dirompenti, per quanto Parigi voglia ora garantire piena collaborazione all’Italia, partendo dai dieci punti stilati da von der Leyen. Un fatto nuovo per le relazioni tra Italia e Francia. Un anno fa sembrava che si fosse a un passo dal collasso, facendo temere per l’attuazione del Trattato del Quirinale, siglato dal governo Draghi con la benedizione del capo dello stato, Sergio Mattarella.
E alla memoria riaffiora quanto accaduto a novembre, con la tensione diplomatica tra Roma e Parigi, che ha richiesto l’intervento del presidente della Repubblica, che ha chiamato il suo omologo in Francia per ribadire la «grande importanza della relazione tra i due paesi».

Erano i giorni in cui dall’Eliseo venivano scagliate frecce avvelenate verso il nuovo governo italiano. In particolare a Macron non era andato giù il «comportamento inaccettabile» del governo sul caso della Ocean Viking che, proprio per questo, era stata accolta in Francia con a bordo centinaia di migranti. A maggio i rapporti erano ancora gelidi. Meloni intimava a Macron di «non usare l’Italia per questioni interne», dopo che il presidente francese aveva paragonato la sua avversaria, Marine Le Pen, alla premier italiana. Schermaglie che adesso sembrano archiviate a cominciare dall’avvicinamento ufficiale datato il 20 giugno con l’incontro tra Macron e Meloni all’Eliseo.

Rischio cerino

La novità è frutto di interessi trasversali, in ambito europeo ma anche nazionale. A Macron serve ora la sponda italiana in vista delle prossime europee. Dall’Eliseo è partito il corteggiamento alla leader di Fratelli d’Italia per convincerla a sostenere il secondo mandato di von der Leyen alla guida della Commissione Ue (il che significa di fatto isolare Matteo Salvini e la sua alleata Marine Le Pen). Al presidente francese serve poi una compagna di viaggio per le future battaglie in Europa, a cominciare dalle politiche green e al contrasto del vantaggio competitivo tedesco in materia di produzione di veicoli puliti.

Meloni ha ceduto alle lusinghe d’Oltralpe. Il nuovo amico francese garantisce un’uscita momentanea dall’isolamento in cui stava piombando dopo gli affondi contro la Germania. Ed è un interlocutore per provare a difendere l’industria del made in Italy. Soprattutto c’è la possibilità di rivendicare qualche risultato agli occhi dell’opinione pubblica, intestandosi la rottura dell’asse franco-tedesco.

Una giravolta che però conferma la “linea del pendolo” della premier: una volta alleata dei sovranisti, un’altra volta accondiscendente con la Francia. L’impressione è che non ci sia una strategia chiara in politica estera, né partner solidi. E visti i rapporti pregressi, la pace potrebbe essere anche solo una fragile tregua. Con Macron che potrebbe valutare un riposizionamento, riprendendo la strada verso Berlino. E lasciando il governo italiano, tra un’oscillazione e l’altra, con il cerino in mano.

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