La benzina è tornata a due euro al litro per il self service e ha sfondato questo tetto per il servito alla pompa. Nemmeno il rientro dalle vacanze ha frenato la rincorsa del caro-carburante, e ora gli italiani stanno facendo i conti con gli aumenti selvaggi dei prezzi. All’orizzonte non si scorge nulla di salvifico, anzi si prospetta un nuovo balzo delle bollette. «Ci sarà un confronto per capire e scegliere come intervenire in modo tale che i ceti meno abbienti ricevano il sostegno del governo», ha detto il ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso. Ricette concrete, al momento, non ce ne sono.

L’umore vira perciò verso il basso. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha manifestato il proprio scoramento ai parlamentari di Fratelli d'Italia, durante “l’aperitivo motivazionale” post ferie di tre giorni fa. «Voi siete preoccupati? Io lo sono ancora di più, non ci sono soldi e i prossimi mesi saranno difficili per noi», è il senso del messaggio trasmesso ai suoi dalla premier.

Il piatto piange: non ci sono fondi per una riforma delle pensioni, come vorrebbero Lega e Forza Italia. Il sottosegretario al Lavoro e politiche sociali, Claudio Durigon, ha ammesso che sarà prorogata Quota 103. «Si manterrà l’esistente, poi si vedrà», confermano dal governo a Domani.

Fortino Mef

Anche il taglio del cuneo fiscale, obiettivo numero uno per la prossima Legge di bilancio, diventa una montagna da scalare a mani nude. Al ministero dell'Economia sapevano già da tempo come stessero le cose. Giancarlo Giorgetti ha voluto mettere le cose in chiaro già ad agosto al meeting di Comunione e liberazione a Rimini: «È una Legge di Bilancio complicata». Non si parla di manovra lacrime e sangue solo per opportunità linguistica, il significato è grossomodo quello. Il Mef si sta attrezzando per erigere un fortino di fronte al tentativo di assalto alla diligenza che i leader stanno preparando. A cominciare dalla Lega di Matteo Salvini. Il segretario leghista vuole allargare i cordoni della borsa per misure che siano pensate in ottica elettorale per le Europee. Troverà il muro costruito dal suo compagno di partito. «Da sempre il ministero dell’economia è l’argine alla tenuta dei conti, niente di nuovo rispetto al passato», minimizzano fonti interne. Qualsiasi richiesta di intervento deve essere fattibile, coperture alla mano.

Sul punto Giorgetti ha preteso da Meloni la convergenza sulla linea della prudenza. La premier ha compreso la situazione, suo malgrado, avviando l'opera di convincimento nel suo partito. Il sospetto è che, alla lunga, l'inquilina di Palazzo Chigi possa lasciare il cerino in mano al ministro dell’Economia, gettandogli addosso la croce dell’austerità. Le prossime settimane saranno quindi ricche di schermaglie. Prima di capire la portata degli interventi, bisogna attendere due momenti clou: il vertice del 15-16 settembre dei ministri dell’Economia europei a Santiago de Compostela, dove l’Italia si recherà in un metaforico pellegrinaggio per scongiurare un irrigidimento dell’Ue, in particolare dei Paesi frugali, sul Patto di stabilità.

Ma la data decisiva è il 27 settembre, giorno in cui sarà presentata la Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza (Nadef). «Solo allora si potrà capire quante sono le risorse a disposizione», spiegano a Domani fonti che stanno seguendo il dossier. «Per ora - è il ragionamento fatto - abbiamo la lista delle cose che vogliamo acquistare, delle misure da realizzare. Ma bisogna capire come è possibile portarle a casa». Oltre al taglio del cuneo, in agenda ci sono l’aumento della spesa sanitaria e degli interventi ad hoc sulla natalità. Queste le intenzioni, almeno.

La squadra di Giancarlo

Fatto sta che gli uffici del ministero di via XX settembre, stanno da giorni prendendo confidenza con il dossier-manovra per avere almeno un impianto generale. La Ragioneria dello Stato (Rgs) è il dipartimento più interessato dal provvedimento, c’è da fare i conti fino all'ultimo euro. Ma bisogna fare un altro tipo di calcolo, più politico: Biagio Mazzotta, numero uno della Rgs, è stato delegittimato dalla vicenda del Superbonus e paga dazio alla sua vicinanza politica all'ex presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. E che del resto Mazzotta non fosse un profilo gradito ai partiti di governo è storia nota. Meloni avrebbe voluto silurarlo, nel solco dello spoil system. Fu proprio Giorgetti a stoppare l'operazione per garantire un minimo di continuità al Mef. E se il Ragioniere dello Stato fa da frangiflutti alle pretese dei leader e dei partiti, sono altre le figure chiamate in campo. Il ministro ha affidato la partita tecnica principalmente da due donne.

La sua capo segreteria, Pamela Morassi, già al fianco di Giorgetti nell’anno da sottosegretario nel primo governo Conte, sbriga le pratiche più complicate. Oltre alle esperienze maturate negli uffici legislativi della Camera, Morassi ha avuto ruoli di primo piano in Ferrovie dello Stato ed è stata consigliera nel cda della società Milano-Cortina.. L’altra donna forte del Mef è invece Daria Perrotta, a capo del coordinamento dell’ufficio legislativo che quindi mette mano al testo della manovra. Perrotta, è stata anche potente capo di gabinetto di Roberto Garofoli, sottosegretario del governo Draghi. Un nome, quello dell’ex presidente della Bce, che negli ultimi giorni rimbalza spesso nei conciliaboli al Mef.Pare che Giorgetti sia intenzionato a cercare una (difficile) sponda draghiana per avere uno sponsor in sede europea, capace di far dissipare la diffidenza verso l’Italia e scardinare la tentazione di austerità che torna a circolare a Bruxelles. L’unica spalla politica, concreta, del ministro dell’Economia è al momento il suo studente modello, il sottosegretario Federico Freni, che sembra il «Giorgetti della nuova generazione», come lo definisce ironicamente una fonte di maggioranza. Rigoroso e istituzionale (anche se è di ieri la notizia dell’incontro con Denis Verdini, che avrebbe dovuto essere ai domiciliari) è uno dei pochi custodi dei conti. Pronto a indossare l’armatura, con il Giorgetti-team, contro l’assalto alla diligenza. Soli contro gli appetiti elettorali.

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