Il day after della Caporetto delle comunali è anche peggio del giorno della batosta. Prevedibile, spiega Stefano Vassallo, direttore dell’Istituto Cattaneo, semmai è stata «esagerata l’aspettativa dell“effetto Schlein”» e «oggi è sovradimensionata l’idea che ci sia stata una bocciatura definitiva».

Ma «sconfitta netta» è stata, l’ha ammesso la segretaria, e per quanto i suoi (pochi) sottolineino le attenuanti, nel Pd si stappa il vaso di Pandora: tutti i mali che covano nella pancia del partito escono fuori.

Il capo spirituale dell’area dei popolari Pierluigi Castagnetti twitta: «Elly Schlein farebbe bene a leggere i risultati spagnoli (prevedibilissimi) assieme a quelli dei ballottaggi italiani (prevedibilissimi). E tutti insieme decidere come ripartire». 

Traduzione non autorizzata: la sinistra vince se guarda al centro, la segretaria abbandoni l’attitudine alla guida solitaria che ormai tutti tranne i più stretti (pochi, appunto) le contestano.

La ripartenza

Ripartire, dunque. Come dopo una falsa partenza. Ma come? Emiliano Fossi, segretario toscano sotto accusa per il flop a Pisa, Siena e Massa, lancia una «fase costituente» in regione, «credo che a livello nazionale ci sia lo stesso intendimento». Ma alla parola «costituente» mezzo gruppo dirigente porta la mano alla pistola: è stato il tormentone del congresso, lasciato poi morire senza rimpianti.

A Enrico Letta non va giù che la sconfitta venga fatta risalire a lui, come fa il responsabile enti locali Davide Baruffi. Lo fa persino il suo predecessore Francesco Boccia: «Schlein si è insediata il 12 marzo, tutte le alleanze erano chiuse così come le liste».

Chiuse da Boccia, appunto. Twitta Monica Nardi, portavoce dell’ex segretario: «Lo scaricabarile, vi prego, no. Enrico Letta le amministrative le ha stravinte e per due anni di seguito: 5-0 nel 2021 e vittoria “a valanga” a giugno 2022. Poco dopo ha perso (male) le politiche. Ma non ha cercato alibi e non ha mai sparato contro nessuno del Pd».

Il nì alle armi

Niente costituente, dunque, smentiti rimpasti in segreteria. In teoria la prossima settimana è convocata una direzione, «ma lei non ha ancora deciso», ammette un esponente della segreteria. Intanto le alleanze sono un cantiere sigillato fino alle europee. Carlo Calenda le esclude di qui alla fine dei tempi, Giuseppe Conte è gelido.

E i guai non sono finiti per Schlein: ieri doveva incontrare gli europarlamentari, ma lei non è partita per Bruxelles. C’era da confermare il capodelegazione Brando Benifei, poi acclamato nonostante la contrarietà di Peppe Provenzano, responsabile esteri.

Ma soprattutto c’era da discutere cosa votare domani sull’Asap, l’Act to support ammunition production, la relazione della Commissione che consente agli stati di utilizzare il Pnrr per la produzione di munizioni. S&D vota sì, ma la segretaria voleva ribadire la contrarietà del Pd a quell’uso dei soldi (i dem annunciano emendamenti, certa la loro bocciatura).

Poi però ha ricevuto il “consiglio” del commissario Paolo Gentiloni, di Letta e di Lorenzo Guerini, presidente Copasir: «Fatichiamo a pensare che il Pd si possa isolare al parlamento europeo sul punto della difesa all’Ucraina».

Anche Pina Picierno ha minacciato numeri. Così Schlein è rimasta a Roma e si è collegata dalla sua stanza della sede nazionale: per lei meglio non intestarsi quel sì, meglio lasciarlo decidere alla delegazione, che lo farà oggi.

A titolo personale i pacifisti voteranno no o si asterranno (Massimiliano Smeriglio, Pietro Bartolo, Giuliano Pisapia, Achille Variati). Ma la segretaria non ha dato indicazioni: meglio non finire in minoranza a Bruxelles, o provocare spaccature, con il rischio che da lassù parta il contagio fino al Nazareno.

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