Nella discussione in corso sulla maternità surrogata si perdono spesso di vista le argomentazioni. Per molti la maternità surrogata è ovviamente ed evidentemente ingiusta, deve essere punita e non servono argomentazioni per dimostrarlo. Ma le argomentazioni servono sempre, anche perché persino giudizi immediati come potrebbe essere questo in realtà le presuppongono.

Tutelare le madri

Contro la maternità surrogata si possono usare tre tipi di argomentazioni, distinte a seconda del loro obiettivo. Alcune argomentazioni vogliono proteggere le donne. Per alcuni, la maternità surrogata è una forma di sfruttamento economico della madre biologica. Per altri, lede il diritto della madre biologica di curare e crescere il figlio che genera e interrompe forzosamente la relazione che si crea fra madre e nascituro. Altri ancora sostengono che questa pratica parcellizza e umilia le donne, riducendole a corpi e meri contenitori di feti.

Proteggere i bambini

Altre argomentazioni vogliono tutelare i bambini. I bambini non devono essere venduti, hanno diritto a conoscere e stare in relazione con la madre biologica, hanno diritto ad avere una madre e un padre, cioè genitori di sesso diverso. Infine, ci sono le argomentazioni a tutela della società, e nello specifico della famiglia. La maternità surrogata altera e corrompe la famiglia, che deve essere naturale, dove “naturale” vuol dire composta da genitori biologici di sesso diverso.

Alcune di queste argomentazioni sono opinabili e hanno conseguenze inaccettabili. Altre sono più accettabili, ma non è detto che siano la premessa per istituire un reato universale come la destra vorrebbe.

Famiglie di serie B

Per esempio, dire che la sola famiglia è quella naturale significa sostenere che le famiglie con figli adottivi siano di serie B, una sorta di ripiego. Questo è falso e irrispettoso dell’autenticità dei sentimenti delle migliaia di genitori e figli e figlie adottive. E peraltro la realtà delle famiglie, nel tempo e nello spazio, è molto diversa: ci sono famiglie che si concepiscono tali e non sono fatte da genitori biologici o da due genitori di sesso diverso.

È certo che i bambini non si debbano vendere. Ovviamente, questo dovrebbe valere anche per i bambini che non provengono da gestazione per altri. Chi usa queste argomentazioni dovrebbe essere contro il lavoro minorile nei vari paesi dove esso avviene. La destra dovrebbe forse proporre delle sanzioni contro i paesi che ammettono, per legge o di fatto, che i bambini lavorino. E dovrebbe anche considerare i costi delle adozioni e i proventi forse non del tutto trasparenti delle associazioni internazionali che le gestiscono, invocando un controllo molto maggiore di quello attuale. Bisognerebbe capire che cosa succederebbe se le adozioni, nazionali e internazionali, fossero molto più facili e più aperte di come sono oggi.

Il diritto all’origine?

Che i bambini abbiano diritto a conoscere la propria origine è ovvio. Meno ovvio è, come ho già sostenuto su questo giornale, che l’origine si riduca alla mera biologia. Che il diritto all’origine comporti il diritto alla relazione col genitore biologico può darsi, ma dipende da caso a caso.

Le normative attuali sull’adozione sono molto caute su questo. Non sempre la relazione col genitore biologico è buona per il bambino. Non sempre i genitori biologici vogliono avere relazioni coi loro figli. Ma, al di là di tutto questo, non è assolutamente detto che la gestazione per altri debba necessariamente proibire o scindere la relazione fra madre biologica e figlio.

Lo fa se si pensa che la famiglia sia necessariamente fatta da due genitori e basta. Se si avesse una concezione più larga della famiglia, non si vedrebbe perché la relazione fra madre biologica e figlio o figlia non debba convivere felicemente con la relazione fra bambini e genitori adottivi.

Tutto quello che ho detto vale anche per l’idea che avere genitori di sesso diverso sia un diritto. I diritti tutelano interessi. I bambini hanno l’interesse ad avere genitori di sesso diverso? Forse i figli hanno diritto ad avere buoni genitori. E non ci sono buone argomentazioni psicologiche, antropologiche o logiche che provino che buon genitore sia solo chi vive all’interno di una coppia e di una coppia di sesso diverso.

La questione dello sfruttamento

Le argomentazioni a tutela delle donne sono, a questo punto, quelle più forti. Sicuramente le donne non si possono concepire come meri corpi o produttrici di bambini. Essere donna non può essere soltanto essere genitrice biologica. Ma, se è così, non è detto che valga l’altra argomentazione, quella che insiste sull’interruzione della relazione fra genitrice biologica e nascituro.

Se le donne sono più che madri, può anche essere che per alcune di loro la gravidanza e il parto siano un momento importante ma non predominante, che può anche condurre a lasciare il bambino ad altri. Questo si lega anche all’idea che le madri biologiche abbiano diritto a crescere i loro bambini.

Di nuovo, se il diritto tutela un interesse bisogna dimostrare che ogni genitrice biologica abbia l’interesse a crescere il figlio. Ma questo è difficile. Crescere il proprio bambino è ovviamente un interesse nella maggior parte dei casi, quando si ha un progetto ben preciso. Ma non è un interesse di tutte le donne. Alcune donne non vogliono avere figli e debbono essere libere di farlo. Altre donne li hanno senza averlo voluto e debbono essere libere di affidare il figlio ad altri, di non riconoscerlo. Forse, alcune donne potrebbero pensare di voler avere una gravidanza, ma non crescere il figlio, per molte ragioni. Non si può stabilire, una volta e per tutte, che questo progetto sia perverso o assurdo, per una donna.

Rimane l’argomentazione dello sfruttamento. Nessuno può negare che è possibile che in alcuni casi la gestazione per altri sia un modo per sfruttare donne in precarie condizioni economiche. Ma da quest’argomentazione discendono varie conseguenze, che non è detto che la destra preveda o accetti.

Prima conseguenza: se lottiamo contro lo sfruttamento in questo caso, dovremmo farlo in molti altri casi. Chi è contro la gestazione per altri può essere contro il reddito minimo o altre politiche di sostegno all’occupazione? Seconda conseguenza: il reato universale è l’arma migliore contro lo sfruttamento? Non sarebbe più efficace aiutare le donne che possono essere sfruttate, per esempio con sostegni economici maggiori a certi paesi?

Chi è contro la gestazione per altri dovrebbe, per essere coerente, invocare l’aumento di aiuti e cooperazione con i paesi dove le donne possono, per posizione economica e sociale, cadere preda di sfruttamento. Sarebbe il caso di ricordare che proibire soltanto certe attività, specialmente se diffuse a livello globale, generalmente non riduce le condotte proibite, ma aiuta e stimola mercati illegali, che aumentano lo sfruttamento. E, di nuovo, avere politiche diverse sull’adozione e la famiglia non ridurrebbe la domanda? Se il problema è il mercato della gestazione per altri, forse bisognerebbe mettere a frutto quello che sappiamo su come funzionano i mercati.

L’unica argomentazione valida contro la maternità surrogata, quella dello sfruttamento, non giustifica un reato universale, ammesso che sia possibile istituirlo. Dietro l’accanimento della destra contro la gestazione per altri non ci sono buone argomentazioni, ma ideologia omofobica.

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