«Il nostro obiettivo era raggiungere il quorum, è chiaro che non lo abbiamo raggiunto. Oggi non è una giornata di vittoria». Il leader della Cgil Maurizio Landini, protagonista numero uno della campagna referendaria, è anche il primo leader a parlare. Lo fa dal Centro congresso Frentani, sede del comitato promotore ed ex storica sede della Cgil, dove dalla mattina si è chiuso in una saletta laterale in un gabinetto di guerra con i segretari confederali.

I segretari del partiti lo lasciano partire per primo nel commento della sconfitta: non perché stia solo a lui metterci la faccia,  ma perché gli spetta. E perché da via del Corso comincia a circolare molto malumore per l’eccessiva politicizzazione del voto: l’interpretazione che ne hanno dato i partiti giallorossi è che si trattasse di un referendum contro Giorgia Meloni. Ed ora la destra può esultare per la mancata spallata.

Comunque quando parla, sono le 16 e 15, non ha sentito i leader politici che lo hanno sostenuto nella campagna referendaria: «Non ho sentito nessuno, non ho parlato con nessuno. Poi siamo pronti a confrontarci con chiunque». Ma che ancora non si sia sentito con i suoi compagni di strada è significativo.

Ammessa la sconfitta, come fa subito in apertura della conferenza stampa, la lettura dei numeri non è quella di una delusione bruciante: «Gli ultimi dati ci dicono che sono oltre 14 milioni le persone che hanno votato nel nostro paese cui si aggiungeranno gli italiani all'estero: un numero importante, un numero di partenza. I problemi che abbiamo posto con i referendum rimangono sul tavolo».

Dunque i referendum sono stati «un investimento, un inizio di un lavoro che non può terminare», anche perché «sono state settimane e mesi che mi hanno insegnato che un sindacato deve imparare ad ascoltare le persone. C'è bisogno di continuare questa lotta utilizzando tutti gli strumenti a disposizione, sia a livello contrattuale che di mobilitazione». Ha in testa, dirà subito dopo, incalzato dai cronisti , la trasformazione della Cgil in un «sindacato di strada». Vediamo cosa risponderà l’assemblea generale del 17 e 18 giugno. Ma Landini va avanti, e «non pensa affatto» a fare un passo indietro: «Tutto questo lavoro che abbiamo realizzato in questi mesi credo che sia particolarmente significativo. Ripartiamo da 14 milioni. Le persone che ci hanno sostenuto sono una base sulla quale agire», dunque «rafforzeremo la mobilitazione».

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