Fumata nera per l’Associazione nazionale magistrati. Due giorni di riunione non sono bastati per eleggere il presidente né per scegliere l’assetto della nuova giunta esecutiva: se unitaria con tutte le correnti rappresentate oppure con una maggioranza. Alla fine, si è scelta a maggioranza – con i 4 voti contrari degli “anticorrentisti” di Articolo 101 - la strada di un rinvio strategico di due settimane, con la prossima assemblea convocata per il 21 novembre, e l’obiettivo di provare a gettare le basi programmatiche per una giunta unitaria. Secondo tutte le componenti, infatti, solo un presidente votato all’unanimità metterebbe la nuova Anm sul giusto binario della ripartenza dopo lo scandalo Palamara e sarebbe pienamente legittimato sia agli occhi dei colleghi che a quelli del Ministero della Giustizia e degli altri soggetti della giurisdizione. 

Eppure, proprio le chat, il sistema delle nomine e il correntismo – in una parola la questione morale evocata da tutti – è la questione non ancora superata che avvelena il dibattito.

La situazione finale, infatti, è quella di uno stallo all’americana fatto di veti incrociati. Da una parte ci sono le toghe progressiste di Area, le più votate con 11 componenti, alleate con i 7 eletti centristi di Unicost. Il loro obiettivo è quello di costituire una giunta unitaria e Area rivendica la scelta del presidente, che per il gruppo dovrebbe essere il più votato, Luca Poniz, che è anche presidente uscente della vecchia Anm.

Anche i 4 eletti di Autonomia e Indipendenza aderiscono all’idea della giunta unitaria, tanto che la mozione per il rinvio per cercare l’unità è stata proposta da uno dei leader, Aldo Morgigni. AeI ha detto di non ambire a ruoli ma di essere disposta ad aderire a qualsiasi giunta che si faccia carico di un programma che metta al primo posto l’emergenza Covid e la sicurezza sul lavoro, oltre alla “questione morale” del carrierismo e correntismo tra toghe.

Più cauti, invece, sono i 4 di Articolo 101, che hanno votato contro la mozione del rinvio e avrebbero voluto che l’assemblea si facesse carico di decidere immediatamente l’assetto dei prossimi quattro anni. In astratto non si sono detti contrari all’ipotesi della giunta unitaria, ma la loro adesione è condizionata all’accoglimento in blocco del loro programma, che contiene in particolare il sorteggio degli eletti al Csm. Questo punto, inaccettabile soprattutto per Area e Unicost, rende complicato il loro ingresso in giunta, ma le due settimane di riflessione e riunioni informali potrebbero portare consiglio anche al gruppo più corsaro.

Sulla linea dell’unità sono anche i moderati di Magistratura indipendente, che sarebbero disponibili ad aggiungere i loro 10 voti, ma a due condizioni. La prima è condivisa anche dalle altre correnti e riguarda i contenuti programmatici, perché Mi chiede che l’Anm affronti il tema del correntismo e dunque del sistema elettorale del Consiglio superiore della magistratura e che interloquisca in modo deciso sul modo di affrontare il covid nei tribunali. La seconda, invece, è la discontinuità nelle cariche: Mi chiede infatti «Un deciso cambio di passo con nuovi soggetti al governo dell’Anm, che possano farsi interpreti credibili del cambiamento».

Il veto su Poniz

Di fatto, dunque, l’unico gruppo che può sbloccare il meccanismo è Area, con il passo indietro di Poniz che spianerebbe la strada all’ingresso in giunta di Mi e a ruota probabilmente di tutti gli altri. Che Mi e Movimento per la Costituzione (il gruppo di fuoriusciti da Unicost che si è unito alla lista di Mi) abbiano posto il veto sul presidente uscente è chiaro da un documento che il gruppo ha pubblicato in serata, in cui tira le fila dei due giorni di lavori e scrive: «Ritenevamo che l’esperienza del comitato direttivo uscente, e della giunta che ne aveva assunto la guida, avesse deluso le aspettative dei colleghi; che l’azione associativa della presidenza Poniz si fosse indirizzata sulla questione morale, ma con approccio parziale e non obiettivo, impegnandosi nell’esercizio sterile della graduazione delle colpe e trascurando di considerare, nella sua evidenza, la trasversalità delle condotte poste in essere da appartenenti a tutti i gruppi associativi, come era emerso dalle captazioni del caso Palamara». Una contrarietà chiara e messa nero su bianco che non può che costringere Area a una riflessione.

Le alternative, infatti, sono due. La prima è di portare avanti il nome di Poniz, anche a costo di rinunciare alla giunta unitaria, ma per eleggerlo servirebbero i voti di AeI, che a quel punto entrerebbe in maggioranza (che sarebbe di 22 su 36 componenti). La strada, però, è in salita, perché AeI ha già fatto sapere di anteporre i programmi alle persone e di preferire nettamente la strada della giunta unitaria.

La seconda è quella di rinunciare a Poniz come primo presidente e di proporre un altro nome, spianando la strada all’ingresso in giunta di Mi e di AeI. In questo caso la giunta sarebbe sostanzialmente unitaria, con l’unica assenza di Articolo 101, se deciderà di non cedere sul sorteggio al Csm.

In questo caso, un nome possibile da proporre a capo della giunta sarebbe quello di Silvia Albano, storica magistrata di Magistratura democratica e seconda più votata nella lista di Area. Il suo nome, che segnerebbe discontinuità anche di genere (sarebbe la seconda donna presidente, dopo Elena Paciotti negli anni Novanta), potrebbe essere meno ostico da digerire anche per le altre correnti. Albano ha pronunciato un lungo intervento durante l’assemblea, auspicando la nascita di una giunta unitaria e sostenendo che la questione morale vada affrontata con decisione: come ha anche scritto in una lunga nota sulla rivista Questione giustizia, «ora è il momento per le varie componenti, che sono tutte state a vario titolo coinvolte nella deriva correntizia e nel sistema delle nomine, a mettersi profondamente in discussione».

La decisione – non certo facile – è tutta sulle spalle di Area, che dovrà decidere quali priorità darsi.  

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