Come reagire di fronte alle politiche del governo di destracentro?  (In)comprensibilmente, le opposizioni stanno già dando immediata prova della loro inadeguatezza.

Il governo Meloni prosegue in alcune scelte preannunciate dal governo Draghi, ad esempio, il reintegro del personale sanitario No-vax (pochi medici, molti infermieri e collaboratori vari), le opposizioni si esercitano sulla critica invece di portare elementi e dati a sostegno di una politica di maggiore cautela.

Il governo mette in cima alle sue priorità l’ordine pubblico (gestione e conclusione senza violenza del rave party di Modena), le opposizioni spostano, anche giustamente, l’attenzione sulla marcia di Predappio da loro poco o nulla contrastata nel passato.

Il governo Meloni emana decreti, le opposizioni con la coda di paglia non denunciano la decretazione d’urgenza su tematiche sulle quali è lecito chiedere il passaggio parlamentare e sfidare la compattezza della maggioranza.

Non so se posso spingermi fino a ricordare a mio rischio e pericolo al presidente Mattarella che i decreti debbono essere omogenei come materia e che l’omogeneità non può essere data dall’urgenza, peraltro dubbia e talvolta procurata ad arte.

Le opposizioni che denunciano le politiche “identitarie” pensano, forse,  che l’elettorato di Fratelli d’Italia e della Lega (l’identità di Forza Italia mi è sfuggita da tempo) non apprezzi esattamente gli elementi che fanno di quei due partiti qualcosa di molto lontano e molto diverso dal Pd, soprattutto, ma anche, nell’ordine, dal Movimento di Conte e dalle Azioni (proto: al plurale!) di Calenda e di Renzi?

E che siano proprio le pallide/issime identità delle opposizioni, a cominciare da quella del Partito democratico, uno dei loro problemi, quasi il principale?

In effetti, il problema principale delle opposizioni è che continuano nella loro campagna elettorale permanente stando nel loro recinto ovvero cercando strapparsi reciprocamente qualche spazio e qualche voto a futura memoria, criticandosi invece di individuare i punti di contatto e di collaborazione possibile e facendo leva su di loro.

Nelle sue diverse uscite pubbliche, la presidente Meloni ha richiamato la sua maggioranza alla «compattezza e alla lealtà».

I numeri delle varie votazioni finora avvenute la hanno sicuramente confortata. Forse ha anche sorriso (cosa che agli arcigni oppositori, alcuni dei quali assolutamente privi di sense of humour non riesce proprio) di fronte all’attivismo in parte folkloristico in parte patetico di Salvini che corre sempre a dichiarare per primo.

Il body language di Giorgia Meloni rivela una quasi assoluta sicurezza di essere in controllo della sua maggioranza. Vero: non è “ricattabile”.

Vale la pena di perdere tempo e fiato per tentare di spingerla all’indietro in un passato che non fa fatica a dichiara che non le appartiene?

Si guadagnano voti e si incrina la maggioranza con il richiamo di una storia che probabilmente la maggioranza degli italiani non conosce a sufficienza e certo reputa meno inquietante del prezzo del gas e del costo del carrello della spesa?

No, il governo Meloni non cadrà e non cambierà linea leggendo i tweet di Letta, Conte e Calenda e neanche quelli del manovriero Renzi.

In una democrazia parlamentare una opposizione intelligente sposta la battaglia nelle commissioni e nelle aule del parlamento.

Si attrezza per il controllo di quello che il governo fa, non fa (sic), fa male e per la controproposta che farà ossessivamente circolare sui mass media grazie ai suoi intellettuali da talk show e nelle circoscrizioni elettorali grazie ai suoi molti parlamentari paracadutati/e.

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