Interpretare e valutare i discorsi del presidente Mattarella come se intendessero essere e fossero un controcanto alle affermazioni e alle azioni dei governanti e degli esponenti del centro-destra è sbagliato. Significa anche fare un torto al presidente quasi che quei suoi discorsi, le parole da lui specificamente utilizzate, le sue indicazioni avessero bisogno di stimoli esterni, fossero la conseguenza di non-condivisione, se non addirittura di irritazione congiunturale.

Anche se è certamente immaginabile che siano molte le occasioni in cui il presidente della Repubblica debba avere provato fastidio ascoltando quello che il centro-destra, ma non solo, si fa scappare dalle viscere, magari asserendo di avere ricevuto un mandato popolare, per lo più il presidente ha fin qui fatto leva su e riferimento a fenomeni storici importanti da commemorare e ricordare, da celebrare per trarne insegnamenti.

Che gli italiani abbiano scarsa e selettiva memoria della storia e del loro passato è sufficientemente noto. Che la conoscenza della Costituzione non sia propriamente il forte dei suoi concittadini, comici e scienziati, parlamentari e ministri, è altrettanto risaputo. Consapevole del ruolo assegnatogli dalla Costituzione, il presidente ha inteso fin dal suo primo mandato porvi rimedio nella misura del possibile.

Ogniqualvolta possibile, e finora le occasioni sono state molte, presumibilmente ve ne saranno ancora, il presidente ha declinato i suoi interventi, da un lato, come pedagogo, dall’altro, come predicatore. Dal Colle più alto sono venute e verranno lezioni in materia di Costituzione in tutta la sua profondità e ricchezza, di europeismo, acquisizioni, problemi, opportunità, di pace e di guerra.

Le prediche sono incoraggiamenti a evitare egoismi e brutalità, a aiutare i più deboli, a lavorare per una convivenza civile, per la costruzione di una società giusta. Talvolta la pedagogia si incrocia con la predicazione. Si alimentano reciprocamente. Talvolta, inevitabilmente e felicemente, entrambe contengono critiche, anche volute e necessitate, a chi poco sa e molto sbaglia. Le attività di pedagogia e di predicazione sono tanto più efficaci quanto più il presidente è colto, politicamente preparato, capace di rappresentare l’unità nazionale (non le autonomie differenziate).

Ciascuno dei presidenti eletti dal “popolo” negli Usa, in Francia, nelle repubbliche latino-americane si affretta a dichiarare che sarà il presidente di tutti, non solo di chi l’ha eletto. Tuttavia, in quei sistemi istituzionali non è mai difficile ricordare al presidente quale è la sua base politico che lo legittima e sostiene. Difficilissimo, invece, è che la predicazione presidenziale, quando l’eletto ne ha le capacità, non sia di parte. Mattarella non ha bisogno di dirlo.

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