Area, la grande scommessa delle toghe progressiste, rischia di fallire. Nata nel 2010 come cartello elettorale, unisce i due gruppi delle toghe di sinistra: Magistratura democratica, la corrente storica dei progressisti, e Movimento per la giustizia, costola di Unicost in rotta con la gestione verticistica del potere della corrente centrista di Luca Palamara. I due gruppi non si sciolgono in Area, ma i loro iscritti partecipano come singoli al cartello, che ha ottenuto negli anni un buon successo elettorale. Eppure, qualcosa rischia di rompersi. «In molti abbiamo guardato con favore a questo esperimento di riunione della magistratura progressista, ma ora il progetto sta mostrando le corde», dice un magistrato di Md.

Oggi il gruppo è diviso in due blocchi: da un lato i sostenitori del progetto di Area, i cui nomi forti sono quello del presidente dell’Anm, Luca Poniz, dell’ex presidente e segretario di Area, Eugenio Albamonte e dei consiglieri del Csm, Giuseppe Cascini e Giovanni Zaccaro; dall’altro gli scettici, come il presidente di Md, Riccardo De Vito, la segretaria Mariarosa Guglielmi e Silvia Albano, che si è dimessa dalla giunta dell’Anm in disaccordo con la scelta di Poniz di non sciogliere l’associazione e convocare elezioni anticipate dopo il cataclisma del caso Palamara. La linea di demarcazione, però, è frastagliata: Md non è un blocco monolitico e alcuni dei suoi storici membri credono ancora nella bontà del progetto unitario.

Le ragioni della spaccatura riguardano, come spesso è nelle dinamiche politiche, la concezione del potere. Secondo un deluso di Area «il cartello ha tradito le speranze iniziali: si richiama al progressismo giudiziario e alla questione morale, ma nei fatti l’unico obiettivo è conquistare l’egemonia all’Anm». Il modello di Area si ispirerebbe a quello del partito pigliatutto della Prima repubblica: l’obiettivo è raccogliere consensi da tutte le aree, scegliendo posizioni di compromesso anche sui temi considerati caratterizzanti per le toghe progressiste, come la gestione dell’immigrazione e il referendum costituzionale.

La miccia incendiaria

Il conflitto tra Area e una parte di Md si è acuito durante la crisi del Csm, in particolare a causa della scelta del presidente dell’Anm, Poniz, di non sciogliere il sindacato delle toghe all’indomani dello scandalo Palamara. «Area non ha voluto restituire la parola ai magistrati, ma ha preferito mantenere il potere e attendere la scadenza naturale di ottobre, in modo da consolidare elettoralmente la propria posizione», dice un membro di Md critico con la gestione del presidente. Il timore di una parte di Md è che Area voglia appropriarsi dell’Anm, diventando forza egemone dopo aver inglobato una parte di Unicost, estromettendo poi Magistratura indipendente dalla gestione unitaria. Questo, però, presterebbe il fianco alla creazione di un nuovo sindacato alternativo all’Anm che romperebbe la storica unità sindacale e costringerebbe la magistratura a parlare con più voci. Una tentazione, questa, che sta iniziando a circolare con insistenza in coincidenza con l’avvicinarsi delle elezioni del 18 ottobre.

La divisione riguarda anche la valutazione della riforma del Csm proposta dal governo. I critici la considerano di fatto ispirata da Area e in particolare dal magistrato fuori ruolo al ministero della Giustizia, Giuseppe Santalucia. Secondo Md, il nuovo sistema elettorale di stampo maggioritario snaturerebbe la magistratura, perché non tiene conto delle diverse anime dei togati ma assimila il Csm alla politica. Così facendo, si renderebbe il terzo potere «sempre più verticistico e burocratizzato», si legge in un documento. «Così Area punta a governare indisturbata la magistratura per i prossimi trent’anni», dice un magistrato di Mi, che conferma il sospetto che il testo proposto dal governo sia frutto di una sinergia tra il Partito democratico e la corrente delle toghe.

Proprio questa ricostruzione è stata fermamente smentita dal segretario di Area, Eugenio Albamonte: «Area ha criticato la riforma elettorale e non vuole il bipolarismo: è una forma di rappresentanza non utile alla magistratura, soprattutto se i poli sono così distanti tra di loro». Poi spiega in questi termini le tensioni interne al suo gruppo: «La differenza tra Area e Md è che, sulla riforma del Csm, pur condividento entrambi le stesse critiche su alcuni aspetti, Area ha scelto di vedere il bicchiere mezzo pieno, perché il testo recepisce una buona parte dell’elaborazione culturale delle toghe progressiste».

Sul fronte dello scandalo al Csm, Area ha affrontato la questione Palamara uscendone da vincitrice: secondo le altre correnti, i progressisti sono riusciti nell’operazione di farsi percepire come gli unici non toccati dallo scandalo e ne hanno approfittato per appropriarsi dell’Anm.

I più puri

E l’opinione è condivisa anche tra i magistrati di Md: «Liquidare la questione Palamara scaricando la responsabilità sulla precedente consiliatura del Csm è ipocrita: anche in Area c’era chi sosteneva che bisognava dialogare con lui, in quanto interlocutore più progressista». In Area, invece, la valutazione del caso è diversa. «Una cosa è riunirsi di notte per decidere chi mettere a capo della procura di Roma, che indaga uno dei presenti. Altro è un tentativo di ottenere consenso con favoritismi nella gestione delle nomine: pratica deteriore che abbiamo riscontrato al nostro interno e che abbiamo provato a debellare ben prima che venisse all’attenzione», dice un esponente di primo piano di Area.

L’incognita Cascini

Del resto anche in Area è emersa una zona grigia, rappresentata dal togato al Csm e uomo forte della corrente, Giuseppe Cascini. Il magistrato ha lasciato Md nelle scorse settimane in polemica con la dirigenza, che non lo avrebbe difeso a sufficienza dopo la pubblicazione delle conversazioni in cui chiedeva a Palamara informazioni per ottenere un accredito allo stadio Olimpico per il figlio.

Oggi, il conflitto interno alle toghe progressiste potrebbe avere una rappresentazione plastica: alle elezioni dell’Anm, i candidati di Md stanno valutando di candidarsi nelle liste di Area, ma come indipendenti.

Alle divergenze sulla gestione dell’Anm, infatti, si è aggiunta un’altra frizione: la nomina di Raffaele Cantone a capo della procura di Perugia che indaga su Palamara. Sponsorizzata da Area, la scelta è stata accolta con contrarietà da Md che, vista la sensibilità della posizione, avrebbe preferito un magistrato non fuori ruolo e senza precedenti nomine politiche. Eppure, l’opinione di Albamonte è che non ci siano ragioni sostanziali per una divisione interna alla lista: «Tra i due gruppi vedo più differenze sulle scelte comunicative che nella sostanza. Non trovo ragioni insuperabili che giustifichino una rottura». L’attesa, ora, è per il congresso di Md fissato per gennaio, che dovrebbe definitivamente chiarire il futuro del cartello dei progressisti.

© Riproduzione riservata