Giuseppe Conte perde. Ma contemporaneamente è saldissimo alla guida del Movimento 5 stelle. Sembra un controsenso, eppure, nonostante il capo del partito abbia molto da farsi perdonare, a partire dal risultato disastroso delle regionali in Molise, le possibilità che venga insidiato da qualcuno alla guida dei grillini sono più basse che mai.

Ha dalla sua il fondatore Beppe Grillo, che a sua volta ha bisogno del partito e del suo denaro, e martedì scorso l’unica che poteva mettere in discussione la leadership dell’ex premier, Chiara Appendino, ha portato a casa una condanna in secondo grado che mette definitivamente termine alle sue ambizioni.

Dopo la débâcle del voto in Molise, il capo del Movimento non ha fatto dichiarazioni. Nella sede del partito si sperava di conservare i consensi delle politiche di settembre 2022, quando il M5s era ancora sopra il 20 per cento, e invece è crollato ad appena il 7. Nessuna spiegazione, nessuna ammissione di aver scelto la strada sbagliata siglando il cosiddetto “patto della limonata”.

Un’alleanza che non ha prodotto niente di utile e, soprattutto, non ha saputo mobilitare gli elettorati di Cinque stelle e Pd per fermare la destra che, ancora una volta, ha superato le divisioni e, compatta, ha vinto migliorando la propria performance elettorale. Eppure, nonostante i malumori di parte del gruppo parlamentare, non ci sono pericoli all’orizzonte per Conte. O meglio, potrebbero essercene e non pochi, ma la congiuntura astrale è decisamente favorevole all’ex premier.

Garanzia Grillo

Con Grillo, da esempio, il legame è tutt’altro che stretto e tutt’altro che sereno. I due non si sono mai presi. E superare i fatti dell’estate 2021, quando i due hanno rischiato di rompere definitivamente, non è stato facile. Ma ora Conte è in posizione di forza anche nel rapporto con il fondatore, che sta trattando per il rinnovo del suo contratto di consulenza ai gruppi parlamentari: l’ultimo gli garantiva 300mila euro l’anno.

Almeno per ora Grillo si è dovuto accontentare della parola data in diretta televisiva da Conte che, nell’attesa, ha comunque incassato un ambiguo endorsement da parte del comico. Certo, l’intervento sul palco della manifestazione organizzata dal M5s a Roma il 17 giugno, il primo in piazza dopo tanto tempo, è stato condito di frecciate contro Conte e dalle inevitabili polemiche legate alle provocazioni di Grillo sulle «brigate cittadinanza», ma non era scontato che il fondatore fosse lì. E Conte, in qualche modo, ne ha beneficiato.

Il capitolo Appendino

Così come ha beneficiato, incredibilmente, di ciò che è accaduto nel giorno successivo alla sconfitta elettorale giallorossa in Molise. Martedì è arrivata infatti la conferma della condanna in appello a 18 mesi per Appendino per i fatti di piazza San Carlo a Torino. L’ex sindaca, condannata già in primo grado per disastro, omicidio e lesioni colpose legati a «scelte frettolose» che Appendino e i suoi collaboratori avrebbero fatto «senza considerare le criticità e disinteressandosi degli aspetti organizzativi», ha promesso immediatamente ricorso in Cassazione. La deputata si è detta «sicura di poter far valere le mie tesi difensive nel prossimo grado di giudizio. Come sapete, mi sono sempre difesa dalle accuse all’interno dei processi, senza timore e a testa alta e continuerò a farlo».

Appena la settimana scorsa Appendino aveva pubblicato un’immagine sorridente con le dita a V in segno di vittoria per celebrare il fatto che la Cassazione avesse respinto il ricorso del procuratore generale di Torino per riaprire l’altro processo, quello che riguarda la Ream, che la vedeva coinvolta. Sembrava potesse essere l’inizio di qualcosa di più ambizioso. Ma adesso i piani dell’ex sindaca e di chi vedeva in lei il nuovo volto del Movimento si scontrano con la decisione dei giudici.

Ufficialmente i grillini si sono mossi immediatamente in difesa di Appendino: l’ordine di scuderia è stato quello di lanciare post di solidarietà su tutti i profili personali dei parlamentari. La parola chiave della strategia è “orgoglio”, un termine che ricorre nei post: il ragionamento, spiegano, è quello di insistere sul fatto che l’ex sindaca è accusata di un reato colposo, mentre chi ha dovuto fare i conti con il dolo è già stato condannato al carcere.

Ma al di là della solidarietà ostentata, è chiaro a tutti che la notizia è una pietra tombale su qualsiasi possibilità di conquistare la guida del Movimento. Non basterebbe neanche la svolta garantista a tutelare il destino di Appendino, già più volte tirata in ballo per ruoli parlamentari di peso e incarichi particolari, sfumati poi uno a uno.

Ora l’ex sindaca è ancora più sola. Lanciata da Luigi Di Maio con il piano di farla diventare il suo alter ego per gli affari interni mentre lui stesso tesseva rapporti alla Farnesina, oggi Appendino ha perso anche i rapporti con l’ex capo politico scissionista. E anche l’altro suo ruolo interno, quello di una sorta di anti Raggi – con un profilo più tecnico, esperto, istituzionale di quello dell’ex sindaca di Roma – in un potenziale ticket tutto al femminile, si sta dissolvendo.

Resta così in campo, come eventuale sostituta di Conte, soltanto la consigliera capitolina Virginia Raggi, che godeva e continua a godere della benedizione del fondatore Grillo. Di cui però, ormai, in pochi in parlamento riconoscono l’autorità. Difficile che Conte debba preoccuparsi.

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