Il prossimo sarà Francesco Scoma. Deputato, a lungo in Forza Italia, poi in Italia Viva, Scoma nel suo collegio, a Palermo, in una tornata elettorale per l’elezione del parlamento regionale è riuscito a prendere 21mila voti di preferenza.

Per le questioni giudiziarie legate alla sua esperienza da ministro dell'Interno e alla politica dei porti chiusi, Salvini è venuto spesso in Sicilia negli ultimi tempi: ogni volta è stata l’occasione per un annuncio, per dare il benvenuto a qualcuno dentro il Carroccio. Scoma sarà il prossimo, con tanto di avviso agli alleati: perché con questo nome la Lega punta dritta dritta a prendersi Palermo alle prossime elezioni amministrative.

Usato sicuro

Ne è passato di tempo dal 2019. Sono due anni, un’eternità. Alle elezioni amministrative di Mazara del Vallo, il giovane Giorgio Randazzo è il candidato sindaco della Lega. Per lui si spende, in un affollatissimo comizio finale, Salvini in persona. Nella città che ha la percentuale di popolazione nordafricana più alta d’Italia, la Lega non centra il suo primo sindaco eletto in Sicilia per un pugno di voti.

Da allora le cose sono cambiate. E il partito di Salvini in Sicilia ha cambiato nettamente strategia. Mentre prima prevaleva l’ala movimentista, con tanti volti nuovi, militanti di lungo corso e molti personaggi in cerca d’autore, adesso il partito si è istituzionalizzato. Ha un posto nella giunta Musumeci, con un assessore, Alberto Samonà, niente di meno che “all’identità siciliana”.

E le strategie non sono più affidate ai territori, ma vengono gestite direttamente da Roma e da pochi fidati colonnelli in Sicilia. E così l’ordine è stato: niente più giovani promesse, volontari, ma usato sicuro. E che usato: campioni delle preferenze, con l’obiettivo dichiarato di puntare alla presidenza della regione.

Campagna acquisti

Un compito quasi facile: in Sicilia Italia Viva è al disarmo e Salvini ha dovuto solo buttare l’amo. La pesca è stata generosa, con l’ingaggio sotto le insegne del Carroccio della senatrice Valeria Sudano e del deputato regionale Luca Sammartino, la coppia più ambita della politica siciliana.

Luca Sammartino è il recordman delle preferenze in Sicilia: 32mila voti. E due processi per corruzione elettorale. Durante un’operazione antimafia, a Catania, le cimici "pizzicarono" il politico a colloquio con un boss. In cambio di voti il deputato avrebbe promesso un posto di lavoro per il nipote.  

Ma Salvini lo ha già assolto: «Se qualcuno ha il sostegno di così tanti siciliani vuol dire che lavora bene e ha fiducia», ha dichiarato. E se al Papeete si è arrestata la corsa del Salvini ministro, in un altro locale di Palermo, il “Taco Loco”, si è sancito il patto per la grande sfida: prendersi la regione.

A tavola (tre primi piatti, preceduti da un “cocktail di gamberi” che fa molto anni ‘80) c’erano non solo i nuovi acquisti, ma anche le due eurodeputate Annalisa Tardino e Francesca Donato, idoli della propaganda no vax, il deputato Alessandro Pagano. Durante la cena, il patto: scalzare, nel 2022, Musumeci da Palazzo D’Orleans. E a chi gli dava del “loco”, Salvini ha spiegato cosa fare. Indebolire Musumeci da dentro la coalizione, per poi imporre un proprio candidato alla presidenza o, in alternativa, stringere un patto per un nome unico con Fratelli d’Italia.

Tutti contro Musumeci

A Nello Musumeci si rimprovera di essere «ingestibile». Accusa che non viene solo dalla Lega ma da tutta la coalizione. La Sicilia mastica governatori e anche Musumeci, partito con solenni promesse su collegialità, cabine di regia e via dicendo, si è perso nel suo labirinto di sospetti e rancori con gli alleati.

La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la ri-nomina all’assessorato alla Salute di Ruggero Razza, delfino del presidente: Razza è attualmente indagato per lo scandalo dei dati falsificati per l’emergenza Covid in Sicilia, e la scelta di Musumeci di richiamarlo di nuovo in Giunta, nello stesso ruolo, dopo le dimissioni durate meno di due mesi, e con le indagini ancora in corso, è sembrata agli alleati quasi un affronto.

Il lavoro ai fianchi di Musumeci è cominciato da tempo, con la deputata Marianna Caronia che non perde occasione per polemizzare con il governo regionale, e Nino Minardo, segretario regionale della Lega, che le dà man forte.

Il delitto perfetto

Proprio Minardo è l’indiziato numero uno per la candidatura a presidente della regione. Originario della provincia di Ragusa, rampollo di una famiglia di petrolieri con la passione per la politica, dalla sua ha il portafoglio e l’ambizione. Nel 2014 la Cassazione ha confermato la sua condanna per abuso d’ufficio ai tempi in cui era presidente, in quota Forza Italia, del Consorzio autostrade siciliane. 

In alternativa, il candidato sarà Raffaele Stancanelli. Qui siamo dalle parti di Fratelli d’Italia. Stancanelli, eurodeputato, è il nome sul quale punta Giorgia Meloni per costruire il ribaltone sovranista all’interno del centrodestra siciliano, con il supporto di Salvini. Stancanelli è stato per anni un grande alleato di Musumeci, anzi è l’artefice di molti suoi successi, ma da tempo le strade si sono divise.

Potrebbe essere, insomma, il delitto perfetto. Salvini e Meloni, numeri alla mano, potrebbero tentare anche di correre da soli, lasciando anche Forza Italia (partito che in Sicilia continua ad avere percentuali in doppia cifra) e i centristi al loro destino. Musumeci scalcia e lancia ultimatum pur di non cedere lo scettro. Sul piatto ci sono tante nomine di sottogoverno e la gestione dei fondi del Pnrr in Sicilia. Ma se non farà storie, ci sarà per lui un contentino: pronto un posto blindato al Senato. Buttalo via. E chissà che l’esperimento siciliano non sia l’anteprima di quello che accadrà alle prossime elezioni politiche.

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