Sulla carta, le divergenze sono riappianate, la linea è condivisa e le prospettive appaiono rosee. La realtà è ben diversa: nei gruppi parlamentari, nonostante lo sforzo dei dirigenti di mostrarsi compatti all’esterno, corre il sospetto che le prossime settimane la vita del governo sarà tutt’altro che facile.

Già mercoledì il numero due del Carroccio e capodelegazione Giancarlo Giorgetti non ha voluto mettere la faccia sullo strappo dei ministri leghisti rispetto al nuovo decreto Covid, definito dalla Lega «discriminatorio» perché distingue i bambini vaccinati e non. 

Il futuro dell’azione di governo della Lega nei piani del segretario Matteo Salvini non dovrebbe essere troppo diverso dalle scene viste questa settimana, ed è questo che ha chiesto a Giorgetti nel loro ultimo incontro, poco prima di risultare positivo al Covid. Ma il ministro dello Sviluppo economico è in difficoltà rispetto all’idea di mettersi di traverso col premier Mario Draghi, con cui ha un ottimo rapporto. 

Salvini spera che questa nuova linea possa far prendere fiato alla Lega, schiacciata tra Fratelli d’Italia, l’unico partito che è riuscito a migliorare i propri sondaggi dopo la settimana dell’elezione del Capo dello stato, e i movimenti al centro, dove l’asse tra Italia viva di Matteo Renzi e Coraggio Italia sembra preludere a una nuova formazione di centro, più robusta dei partitini che lo affollavano finora. 

Le prospettive

Togliendo dal tavolo la possibilità di un rimpasto, il segretario punta sulla credibilità di Giorgetti all’interno dell’esecutivo per ridefinire l’immagine della Lega, ultimamente poco distinguibile dal resto della maggioranza: va in questa direzione anche la battaglia sul carobollette, su cui Salvini non ha esitato a intervenire con un comunicato stampa neanche durante il discorso di insediamento di Sergio Mattarella. Effetto collaterale positivo e verosimilmente auspicato del fatto di tenere il ministro al suo posto per Salvini è il fatto che tra Draghi e Giorgetti potrebbe crearsi una certa distanza. 

Nel gruppo nessuno dubita del fatto che Salvini rimanga in sella fino al 2023 e anche tra i giorgettiani ultimamente si fa largo una certa insofferenza. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la rielezione di Mattarella: già nel giorno dell’ottava votazione che lo ha incoronato nuovo capo dello stato qualche deputato si chiedeva stanco: «E come la spiego questa ora al mio territorio?»

Ora, inizia a farsi largo anche una certa insofferenza verso le misure anti pandemia, vissute dall’elettorato leghista come vessazione ormai inutile: «Ho votato tutte le misure anti Covid finora, ma se gli imprenditori nel mio collegio continuano a dirmi che non servono più e che i loro affari soffrono non posso più accettare tutto senza battere ciglio», dice un parlamentare vicinissimo al ministro. 

Insomma, la strada per la permanenza nel governo di Lega si fa difficile ma necessaria, anche perché l’unica possibilità di tornare a sfilare voti a Meloni è quella di mostrare che il Carroccio al governo influisce: le elezioni del 2023 sono sempre più vicine.

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