L’Italia sulla carta è uno degli stati più virtuosi in materia di armi proibite, in particolare per quanto riguarda le mine antiuomo e le bombe a grappolo.

Nonostante infatti sia stata uno dei maggiori produttori mondiali di mine negli anni Novanta ha aderito al bando col trattato di Ottawa, ed è stata uno dei primi stati firmatari del trattato di Oslo del 2010 con cui si mettevano al bando le bombe a grappolo, o cluster bombs.

Tuttavia sono almeno dieci anni che sta discutendo, senza successo, una legge più dettagliata per vietare qualsiasi tipo di investimento nelle aziende produttrici.

Cosa sono

Prima di procedere oltre: mine antiuomo e a grappolo sono ordigni simili, ma con differenze sostanziali.

Le prime sono armi leggere, trasportate via terra e disseminate nei territori di guerra, mentre le seconde sono armi pesanti, lanciate dal cielo sono sparse indistintamente sul terreno colpendo civili e militari.

Sono armi subdole perché molte rimangono inesplose seminando morte e disabilità anche a diversi anni dalla fine dei conflitti.

La legislazione

L’Italia ha ratificato la convenzione di Oslo con la legge 95 del 2011, però allo stato attuale né il trattato né la legge 95 negano esplicitamente gli investimenti in questo tipo di armi. Secondo gli ultimi dati disponibili ammontano a 9 miliardi di dollari e vedono coinvolte circa 88 istituzioni finanziarie a livello globale.

Dal 2008 solo 11 stati hanno presentato proposte di legge più dettagliate. Altri, come Germania, Svezia e Giappone, si sono espressi sul fatto che la convenzione firmata a Oslo non impedisca di fatto gli investimenti.

Tra gli 11 stati che hanno presentato proposte di legge più dettagliate c’è anche l’Italia.

L’attuale legge n. 95 infatti stabilisce che “chiunque” favorisca la produzione di questo tipo di armi commette un reato. Ma non specifica chi si intenda per chiunque, e se questo debba essere esteso a tutte le persone fisiche e giuridiche, compresi gli istituti finanziari.

Senza controllori

(120726) -- HERAT, July 26, 2012 () -- An Afghan employer works on a prosthetic leg at the Orthopedic Center of the International Committee of the Red Cross in Herat Province, Afghanistan, on July, 25 2012. The war-torn Afghanistan is one of the most mine-contaminated countries in the world. As a result, around 2,000 Afghans become disabled each year due to mine blasts and related incidents. (/Sardar) (ctt)

Inoltre la legge ha definito sanzioni ma non prevede una vigilanza specifica o strumenti di monitoraggio. Attualmente nessuno dei maggiori istituti di credito italiani ha vietato espressamente di investire in queste armi.

Stando agli ultimi dati pubblicati dal Cluster Munition Monitor infatti Unicredit, Sanpaolo e Generali, pur avendo preso dei provvedimenti, non vietano quelli per conto terzi.

Inoltre le ricerche fatte finora non tengono conto dei fondi pensione, fondazioni bancarie e assicurazioni che investono in prodotti finanziari di questo tipo. In Nuova Zelanda, Norvegia e Svezia alcuni grandi fondi istituzionali hanno esplicitamente interrotto qualsiasi rapporto con le compagnie produttrici.

Per questo motivo il progetto di legge presentato per la prima volta il 26 aprile 2010, ha previsto sanzioni per impedire a tutti gli intermediari finanziari ogni tipo di investimento. E ha richiesto una attenta vigilanza da parte di Banca d’Italia chiamata a verificare sulle conformità e redigere lei stessa un elenco delle società coinvolte nel produzione di mine o bombe a grappolo.

L’Iter parlamentare

Il testo ha iniziato il suo iter nel 2010, per essere approvato da Camera e Senato nel 2017. Inviato al Quirinale per la firma del presidente, era stato rinviato alle camere da Sergio Mattarella che aveva rilevato un difetto di costituzionalità. Nell’attuale legislatura il testo è stato emendato e approvato in Senato il 29 aprile 2019. Mancava solo il sì della Camera dei deputati, ma il progetto di legge è rimasto fermo per un anno e mezzo, prima che la Commissione bilancio si decidesse a riattivarne l’iter a novembre 2020, quando chiese una relazione tecnica.

Ancora nell’aprile scorso però la relazione tecnica chiesta al governo non era arrivata, nonostante dovesse essere consegnata per legge dopo massimo 30 giorni dalla richiesta.

Nel mentre la commissione si è riunita altre cinque volte prima di ricevere nuove sulla relazione.

Quando con un appunto l’ufficio legislativo del ministero dell’Economia e Finanze e una nota della ragioneria generale dello Stato, si suggerisce di escludere le fondazioni bancarie dal disegno di legge.

Nonostante siano a tutti gli effetti degli investitori istituzionali meno vincolati rispetto agli istituti di credito.

Il 3 novembre viene pubblicata una nota del dipartimento del Tesoro, che segnala per la prima volta in otto anni l’esistenza di evidenti problemi di carattere finanziario nel disegno di legge. A esprimersi sono gli organismi di vigilanza di Banca d’Italia, Covip e Ivass, secondo i quali redigere le liste dei produttori è compito del governo. «Si tratta di un compito gravoso e del tutto nuovo, che richiede maggiore impegno e maggiori spese, non adeguatamente coperte dall’attuale disegno di legge». Motivo per cui, secondo la nota del Tesoro, il provvedimento deve essere modificato e l’approvazione rimandata.

Dodici anni

Tuttavia non si capisce se il disegno di legge comporti oneri tali per la finanza pubblica da renderne l’approvazione infattibile, perché non è stata prodotta ancora una relazione tecnica dal governo.

Dopo un anno infatti il parere tecnico richiesto circa le risorse, la sostenibilità del progetto e dei compiti di controllo non è ancora stato presentato in commissione bilancio, nonostante il disegno di legge debba essere discusso alla Camera.

L’Italia si è impegnata ufficialmente nel 1999 e nel 2010 ad ostacolare il finanziamento di mine antiuomo e bombe a grappolo.

Tuttavia, dice il relatore della legge, Massimo Ungaro, «sono dodici anni che la proposta di legge viene trascinata da una camera all’altra». E ora l’impressione è che il governo, come il precedente, «voglia impedirne l’approvazione con motivazioni tecniche pretestuose».

Secondo Giuseppe Schiavello, direttore della Campagna italiana contro le mine, «sarebbe la prima volta che si vietano degli investimenti per legge, andando quindi oltre il libero arbitrio e l’autoregolamentazione bancaria».

© Riproduzione riservata