Nessuno sprint per l’approvazione degli ultimi provvedimenti. Il parlamento uscente si limiterà a convertire il decreto Aiuti bis e concedere il placet alla relazione del governo sul miglioramento dei saldi, necessaria per varare poi un nuovo intervento contro le bollette.

Tutto il resto decadrà con l’arrivo dei nuovi deputati e senatori. La conclusione disordinata della legislatura trascina con sé ulteriori problemi e scaramucce tra partiti, innescando un cortocircuito che vede Movimento 5 stelle e centrodestra chiedere il via libera ad alcune riforme, dopo che le hanno paralizzate con la caduta del governo.

Ergastolo ostativo elettorale

Al Senato il calendario dei lavori non prevede altro se non l’approvazione del pacchetto di misure a sostegno di famiglie e imprese, licenziato dal governo Draghi a inizio agosto, un mese fa.

In un crescente clima elettorale, la preoccupazione principale, fatta trapelare dai vertici di Palazzo Madama, è quella di concludere l’iter del decreto Aiuti bis e inviarlo alla Camera in tempi stretti, entro la prossima settimana. Dopodiché si attenderà l’arrivo dei nuovi eletti, facendo saltare il confronto sulle altre misure, a partire dalla legge sull’ergastolo ostativo.

La decisione ha provocato reazioni da parte del principale sponsor del provvedimento, il M5s, che ha subito rilanciato lo scontro in un’ottica elettorale. «Siamo indignati perché una serie di veti incrociati tra Pd e destra fanno saltare tutto», ha detto il presidente della commissione Giustizia della Camera, Mario Perantoni. E in fondo la mancata approvazione non dispiace molto al Movimento, perché fornisce a Giuseppe Conte una nuova arma di propaganda per le prossime settimane in materia di lotta alla mafia. Immediatamente sfruttata: «Solo per noi è un problema che i boss escano dal carcere».

Battaglia sull’equo compenso

Sotto la mannaia è finito anche il disegno di legge sull’equo compenso per i professionisti, una bandiera di Giorgia Meloni e dell’intera coalizione di centrodestra. La leader di Fratelli d’Italia è la prima firmataria della proposta originaria, che è stata sottoscritta dal leghista Jacopo Morrone e dal deputato di Forza Italia, Andrea Mandelli. Il testo è stato caldeggiato al mondo ordinistico, in primis le associazioni forensi che lo vedevano come uno strumento per «evitare la proletarizzazione della professione di avvocato».

La grande spinta non è stata sufficiente per giungere alla conclusione dell’iter e il capogruppo di FdI a Montecitorio, Francesco Lollobrigida, l’ha messa giù come una promessa di campagna elettorale: «Fratelli d'Italia nella prossima legislatura riprenderà il percorso al fianco dei professionisti italiani con maggiore determinazione». Una tesi bocciata da Chiara Gribaudo, deputata e candidata del Pd: «Il centrodestra è più preoccupato ad acquisire un vantaggio elettorale che a tutelare realmente i professionisti». Anche perché non tutte le categorie interessate dalla norma erano d’accordo, come sottolineato da Gaetano Stella, presidente di Confprofessioni: «Il testo non riconosce l’equo compenso al professionista ma sanziona il professionista che chiede l’equo compenso».

Tra le leggi affossate c’è una sorta di cenerentola che nessuno rivendica, la delega fiscale, che pure era stato oggetto di aspre polemiche tra i partiti, con appositi vertici convocati a Palazzo Chigi. Il risultato di compromesso ha scontentato un po’ tutti, tanto che l’archiviazione del testo rappresenta quasi un sollievo.

La delega fiscale ripudiata

In questo clima, alla Camera il calendario è di fatto fermo, c’è giusto qualche impegno nelle commissioni e le relazioni conclusive delle commissioni di inchiesta. Solo giovedì 15 settembre inizierà l’esame del decreto Aiuti bis e quindi il via libera della relazione del governo sul nuovo provvedimento.

Il Transatlantico si popolerà, almeno in parte, solo per approvare le misure predisposte per contrastare l’emergenza energia. Gli ultimi atti firmati dai deputati uscenti, mentre infuria la campagna elettorale.

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