A palazzo Chigi la linea della prudenza prevale sulle pressioni per un ulteriore scostamento di bilancio e anche sull’approvazione immediata di un terzo decreto, visto che le polemiche tra i partiti immersi nella campagna elettorale stanno provocando il rinvio anche del voto sul tanto atteso decreto Aiuti bis, alla faccia della crisi energetica e dell’impennata delle bollette invocata da tutti nei tour elettorali.

Risorse per 6,2 miliardi

Il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha deciso di seguire il percorso tracciato nelle settimane precedenti, senza indietreggiare dai suoi intendimenti. Nella riunione del consiglio dei ministri di ieri pomeriggio è stata, infatti, votata la relazione da presentare al parlamento, ma non il testo del provvedimento.

Così, mentre il premier tiene il punto sulle mosse per il futuro, l’approvazione definitiva del testo del secondo decreto Aiuti è slittata nuovamente, con il nodo da sciogliere sulla cessione del credito per il Superbonus. Chi immaginava un percorso celere, ha dovuto ricredersi, benché i tempi siano al riparo da sorprese: il decreto scade a inizio ottobre.

Per cercare di eludere lo scontro politico, il Consiglio dei ministri ha varato il documento che aggiorna gli obiettivi programmatici di finanza pubblica sulla base di maggiori entrate pari a 6,2 miliardi di euro, l’extragettito che ha consentito questo passaggio. L’esecutivo chiederà al parlamento l'autorizzazione per impiegare le risorse all’interno del nuovo decreto aiuti, che secondo le stime ammonterà a circa 12 miliardi di euro, visto che conterrà pure i ricavi della tassa sugli extraprofitti delle aziende.

Un dato è certo, comunque: le maggiori entrate, come indicate dalla relazione, rappresentano una componente centrale delle misure che il governo approverà con l’obiettivo di contrastare gli effetti su famiglie e imprese del caro energia.

Le misure saranno approntate nel dettaglio nei prossimi giorni, visto che c’è la possibilità di vagliarle con attenzione, proporzionate al plafond a disposizione. Il percorso per il nuovo decreto, insomma, prevede il passaggio nell’aula di Camera e Senato e quindi il confronto in Consiglio dei ministri. Ma attenzione al rischio ingorgo in parlamento: giovedì 15 settembre, Montecitorio diventerà in pratica il crocevia della campagna elettorale.

I deputati uscenti dovranno esaminare il testo del decreto Aiuti bis, ma dovranno dare il via libera anche all’aggiustamento di bilancio propedeutico alle nuove misure. Così solo sabato 17 settembre dovrebbe tenersi il Consiglio dei ministri per varare il nuovo decreto sull’emergenza energia.

Un provvedimento che, viene ribadito da Palazzo Chigi, non includerà alcuno scostamento, che adesso viene chiesto addirittura dal leader di Azione, Carlo Calenda: «Non è una cosa buona o cattiva in sé, dipende se ci sono altri soldi, oppure si deve fare. Ma se si deve fare si deve fare». E così è stato creato un asse con Matteo Salvini, che per parte sua ha invitato il segretario del Pd, Enrico Letta, a sedersi a un tavolo e «firmiamo insieme un decreto da 30 miliardi di euro». Perché alla Lega non piace l’idea di «mini scostamento», andando sempre più in rotta con l’alleata Giorgia Meloni che ha già spiegato di non voler nuovo debito.

Superbonus

Ma se il governo e i leader si concentrano sul decreto Aiuti ter per trovare una quadra, resta aperto il rebus parlamentare sugli Aiuti bis: il compromesso è complicato. Al senato arriverà in assemblea solo martedì 13 settembre con un'onda di 400 emendamenti in un clima da “liberi tutti”, ognuno vuole piazzare la propria bandierina. Senza la possibilità di ricorso alla fiducia, bisognerà votare ogni singola proposta, a meno di un accordo tra le forze politiche per accelerare i lavori.

Il Movimento 5 stelle è intenzionato a dare battaglia per sbloccare la cessione dei crediti del superbonus. «Stanno saltando 40mila imprese con oltre 49mila addetti, perché è incagliata la cessione del credito per tutti gli interventi fatti da questo governo», ha detto il leader del M5s, Giuseppe Conte, rilanciando la propria battaglia. Una presa di posizione che ha rinfocolato la tensione con il suo nemico giurato, il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, che ha accusato il «partito di Conte» di bloccare 12 miliardi di euro per «speculazioni politiche».

In parlamento, anche tra gli uffici legislativi, c’è comunque chi evidenzia la sottovalutazione della vicenda da parte di palazzo Chigi e dell’intero governo, in riferimento all’iter di approvazione.

Emergenza e sondaggi

Dopo l’approvazione in Consiglio dei ministri ad agosto del decreto Aiuti bis, infatti, la previsione era quella di un approdo rapido alla Camera e al Senato per ottenere la conversione prima di Ferragosto con i parlamentari che si sentivano ancora in carica. In quella fase, peraltro, la campagna elettorale era agli inizi e l’attenzione era principalmente concentrata sulle lista.

La conversione del provvedimento sarebbe stata realizzata con minore difficoltà rispetto a quanto sta accadendo nelle ultime ore, anche perché gli stessi leader di partito avevano il pensiero altrove. Di fronte a un testo che sposta qualcosa come 12 miliardi di euro si sono manifestati gli appetiti dei vari leader, attenti certo alle emergenze del paese, ma con il pensiero che il decreto Aiuti potesse anche aiutare la crescita nei sondaggi.

 

© Riproduzione riservata