La norma con cui il governo ha abolito il controllo concomitante della Corte dei Conti sul Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) non è passata inosservata a Bruxelles, come testimonia lo scambio fra il portavoce della Commissione europea e l’esecutivo italiano, avvenuto nella giornata del 2 giugno scorso.

Del resto, da giorni si consumava il contrasto fra il governo e la Corte dei Conti, concretizzatosi nell’emendamento al decreto sulla pubblica amministrazione, presentato dall’esecutivo per limitare i controlli della magistratura contabile sul Pnrr. Contrasto che si è poi snodato fra conferenza stampa del 31 maggio e question time del 1° giugno del ministro per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di coesione e il Pnrr, Raffaele Fitto, e l’audizione del Presidente della Corte, Guido Carlino, alla Camera il 1° giugno (su Pagella Politica i passaggi essenziali dell’audizione).

Le motivazioni di Fitto

Il ministro Fitto ha motivato l’emendamento che priva la Corte dei Conti del potere di controllo concomitante – cioè in corso d’opera – sul Pnrr con il fatto che per oltre dieci anni tale controllo era rimasto solo sulla carta e che, comunque, esso era stato pensato quando il Piano europeo non esisteva ancora.

In effetti, il controllo concomitante era stato previsto nel 2009 (legge n. 15), ma non attuato. Nel 2020, a fronte della mole di risorse pubbliche stanziate per consentire al paese di risollevarsi dalla pandemia, il secondo governo di Giuseppe Conte aveva riportato in auge tale controllo, sancendo che esso fosse svolto dalla Corte sui «principali piani, programmi e progetti relativi agli interventi di sostegno e di rilancio dell’economia nazionale» (d.l. n. 76).

A novembre 2021 la Corte dei Conti aveva istituito il Collegio del controllo concomitante e deciso che tale controllo riguardasse anche il Pnrr, che rientra tra i «piani» previsti dal decreto del 2020.

Il ministro Fitto ha giustificato la cancellazione del controllo concomitante anche sottolineando come i controlli della Corte dei Conti, concordati con l’Ue, siano solo quelli previsti dal decreto-legge sulla governance del Piano (n. 77/2021), cioè controlli non in corso d’opera, ma successivi (l. n. 20/1994).

La replica della Corte dei Conti

A tali motivazioni ha replicato il Presidente Carlino, in audizione alla Camera. Quanto al primo punto, il mancato svolgimento di tale controllo per molti anni era dovuto al fatto che esso avrebbe potuto essere visto come intromissione della Corte nell’attività gestionale della P.A. Ma quando, nel 2020, il legislatore lo ha espressamente richiamato, la Corte ha adottato le misure necessarie per svolgerlo.

Di fatto, ha aggiunto Carlino, il controllo concomitante non determina una commistione fra le funzioni dell’amministrazione e quelle della Corte dei Conti. Le conseguenze di tale controllo, quali «la responsabilità disciplinare, la segnalazione di gravi irregolarità, la possibile sospensione dell'impegno di spesa», si attivano esclusivamente a opera dell’amministrazione. Quindi resta garantita la separazione tra poteri.

Quanto alla sussistenza di vari tipi di controlli, Carlino ha affermato che quelli previsti dal decreto del 2021 sono compatibili con quelli in corso d’opera di cui al decreto del 2020.

La Commissione europea

Il 2 giugno, un portavoce della Commissione Ue, commentando la decisione del governo italiano di eliminare il controllo concomitante sul Pnrr, ha affermato che «i sistemi di controllo nazionali costituiscono i meccanismi principali per proteggere gli interessi finanziari dell’Ue» e che gli Stati membri «devono assicurarsi che non ci siano conflitti d’interesse e frodi», aggiungendo che su quest’ultimi l’Ue non può intervenire direttamente.

Serve «un sistema di controlli efficace per quanto riguarda la spesa dei fondi del Pnrr», ha detto il portavoce della Commissione Ue, «ed è responsabilità delle autorità italiane che questi enti siano in grado di lavorare». In buona sostanza, il portavoce ha ribadito quanto affermato dal commissario europeo Paolo Gentiloni: i controlli svolti in sede europea riguardano solo la corrispondenza tra «impegni presi e realizzazione nei tempi previsti» e, pertanto, non suppliscono all’eventuale carenza di controlli interni agli Stati, in particolare su prevenzione e verifica di frodi, nonché su conflitti di interesse.

La “prevenzione” di tali atti è oggetto del controllo concomitante, poiché esso si svolge in itinere. Quindi, ora rischia di restare un’area grigia.

La replica di palazzo Chigi

La presidenza del Consiglio ha replicato con una nota ufficiale, dai toni piccati, alle affermazioni di Bruxelles. Il governo ha sottolineato, in particolare, come già il ministro Fitto, il profilo normativo-formale secondo cui gli unici controlli previsti per il Pnrr sono quelli di cui al decreto-legge del 2021, concordati con l’Ue, ma ha omesso di fornire chiarimenti su un profilo più sostanziale.

Vale a dire se, con l’eliminazione del controllo concomitante, l’Italia riuscirà effettivamente a «garantire il funzionamento di un sistema di controllo interno efficace ed efficiente», previsto dal regolamento che ha istituito il dispositivo per la ripresa e la resilienza, anche a tutela degli interessi finanziari dell'Unione (art. 22, reg. n. 241/2021).

Il portavoce della Commissione Ue ha poi parlato di equivoco sulle sue parole, aggiungendo che Bruxelles monitorerà le modifiche normative in corso. Insomma, l’eliminazione del controllo concomitante farà sì che, ancora una volta, l’Italia sia “osservata speciale”. Non proprio un bel biglietto da visita.

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