Quando Enrico Letta sale sul palco di piazza del Popolo, dice «che emozione e che responsabilità sentirvi urlare “Enrico, Enrico”». Un’ala della piazza risponde a tono e scandisce: «Enrico-Berlinguer, Enrico-Berlinguer». C’è di tutto nella piazza del Popolo democratica, piena ma non troppo, che accoglie il segretario del Pd che dice che «dall’altra parte c’è un’Italia retrograda». «La piazza di ieri», ce l’ha con la chiusura della campagna elettorale di Giorgia Meloni e compagni, il giorno prima sullo stesso palco, che poi è lo stesso palco anche di Pontida, «ha detto cose intollerabili sul Covid, i vaccini, la scienza e la salute, l’Italia vuole andare avanti, viva l’Italia democratica e progressista. Difenderemo la Costituzione, andiamo a vincere».

Bella ciao

“Bella ciao” non poteva mancare, qui la fa partire un’orchestra e la piazza alza le bandiere del Pd, che non sono rosse ma bianche ma sventolano lo stesso. E la piazza continua a cantarla senza accompagnamento quando sul palco sale il ministro Dario Franceschini e legge una recente dichiarazione di Giorgia Meloni sul 25 aprile e conclude: «Insomma, abbiamo capito, lei il 25 aprile non lo festeggerà mai, perché non andrà mai contro le sue radici. Ma non passeranno, l’Italia la fermerà».

Alla chiusura della campagna elettorale della coalizione Pd-Italia progressista e democratica, prima del segretario sfilano big e candidati, lavoratori e lavoratrici, eurodeputati e ministri, due minuti ciascuno è il tassativo. L’unica deroga se la autoassegna il presidente della Campania, Vincenzo De Luca. Quando viene annunciato fra le file dei militanti c’è qualche perplessità ma lui, da mattatore, ci mette meno di due minuti a conquistare i romani, gli basta raccontare che Giuseppe Conte gira nella sua regione «come un turista svedese, come se lui non c’entrava mentre è stato tre anni premier».

Poi affonda contro le destre: «Il reddito di cittadinanza è per i poveri veri ma per i parassiti no. La sora Cecioni, la sora Gina ha detto con chiarezza che si faranno le riforme da soli, io me la ricordo che strizza l’occhio ai No-vax». Chiude con una carezza un po’ ruvida al segretario: «Sta qua dietro il palco, non mi sento di dire che è un segretario scoppiettante e pirotecnico, e vabbuò, non ce l’ha. Ma offriamo dirigenti di grande competenza, onestà e serietà».

Obiettivo gli indecisi

«Combattiamo!!!» aveva urlato Nicola Zingaretti cercando di caricare il popolo democratico che cerca di riempire piazza del Popolo a Roma e di farsi coraggio per affrontare l’ultimo tornante della campagna elettorale, quello più pericoloso, quello delle urne. Sono arrivati in molti, forse non tutti i convocati, ma c’è chi assicura che il giorno prima, davanti a Giorgia Meloni erano di meno, o per lo meno non troppi di più. Il presepe del centrosinistra c’è, anche se non si può dire che l’umore sia alto.

Sono arrivate le famigliole con i ragazzini e i militanti più tosti, quelli sempre presenti. Paolo e Benigno, da Rignano Flaminio, hanno attaccato alla bandiera del Pd una bandiera rossa con Che Guevara, «ma abbiamo chiesto il permesso al segretario». Provano a crederci.

Perché, spiega il presidente dell’Emilia-Romagna, si può ancora vincere, «in queste ore dobbiamo convincere gli indecisi». «Ci giochiamo tanto, ci giochiamo un pezzo della nostra libertà e di giustizia sociale. Non vogliamo che crescano le disuguaglianze», dice il ministro del Lavoro Andrea Orlando, «vogliamo che il lavoro sottopagato sia chiamato col suo nome, sfruttamento, e vogliamo che nessuno possa essere sfruttato». Applausi.

Applausi convintissimi al ministro Roberto Speranza e soprattutto anche a quella che sembra, non da oggi, la stella nascente della sinistra, Elly Schlein, e anche al ministro della Difesa Lorenzo Guerini, che è appena tornato da Kiev e racconta: «Ho incontrato Zelensky e altri esponenti del governo, ho visto case sventrate dai bombardamenti, ho visto il dolore di un popolo e la volontà di resistere. Poi sono arrivato in Italia, ho aperto social e giornali e visto Berlusconi che ci spiegava che Putin voleva semplicemente sostituire Zelensky con brave persone, Salvini che diceva “è chiaro chi è l’aggredito e l’aggressore ma non facciamo le sanzioni”, Meloni che spiegava che lei è euroatlantica ma l’Europa non le piace».

«Siamo davanti al tempo delle scelte, domenica noi o la peggiore destra che il nostro paese potesse avere, che vuole cancellare i diritti sociali per un’ideologia basata sulla paura mascherata con la bugia dell’interesse nazionale» per Pina Picierno, vice-presidente del Parlamento Ue, «No mafia, no mafia. Parliamo di lotta alla mafia, la destra non lo fa, Meloni non un solo rigo del programma lo ha dedicato alla mafia», urla il vicesegretario Peppe Provenzano. La fine arriva presto, suona l’inno europeo e l’inno d’Italia e la canzone di ordinanza “Life is Life”, degli Opus. All’inizio gli altoparlanti avevano mandato “La canzone popolare” di Ivano Fossati, indimenticato inno delle vittorie del centrosinistra di Prodi. La musica c’è, adesso bisogna scoprire se ci saranno anche i voti.

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