Dopo le polemiche sulla guerra in Afghanistan e qualche incertezza sulla difesa del “suo ministro” del lavoro Andrea Orlando in rotta di collisione con Confidustria, il segretario Enrico Letta lancia la sua campagna d’autunno. Quella in cui si giocherà la segreteria nella partita delle amministrative e in quella tutta personale del seggio delle suppletive di Siena. Anche durante le settimane estive Letta ha onorato qualche appuntamento delle sue Agorà democratiche, che fin qui in concreto sono state un espediente per inventarsi eventi e allargare il confronto interno, anche in vista del voto. Funzione che nei prossimi diciotto giorni sarà svolta dalla festa nazionale del Pd, «una festa plurale», secondo Letta, perché «tutti i partiti in parlamento sono stati invitati». In realtà la presenza di esponenti di partiti anche avversari non è una novità nelle feste democratiche. Novità è invece quella che sottolineani le signore dem: «Sarà la prima festa nella storia in cui ci sarà un’assoluta parità tra uomini e donne nelle presenze ai dibattiti», spiega Mapi Pizzolante, responsabile nazionale delle feste del Pd, alla conferenza stampa.

Di record comunque la festa nazionale che inizia al Parco Nord di Bologna il 26 agosto e va avanti fino al 12 settembre ne ha senz’altro uno: quello di chiamarsi festa dell’Unità nonostante l’Unità, il giornale fondato da Antonio Gramsci, non esista più, chiuso nella sostanza dai tempi di Matteo Renzi. Il suo marchio è avvolto in un ginepraio legale e ciclicamente ne viene stampata una copia per non farlo scadere. Ma c’è una ragione se il nome è stato riesumato per le feste, ed è l’idea di partito, e non solo di festa, che vuole trasmettere Letta: «Mai forse come in questa edizione la Festa dell’Unità nazionale si ricollega alle sue origini ideali, storiche», racconta, «È poco noto, infatti, che le prime, di feste dell’Unità, nacquero nell’immediato secondo dopoguerra proprio a scandire un ritorno alla socialità e alla partecipazione politica, entrambe mortificate negli anni del conflitto e nella lunga stagione della dittatura fascista», «oggi come allora abbiamo alle spalle macerie e vittime, tante. E oggi come allora possiamo tornare alla politica con un medesimo spirito di ricostruzione dopo un potente e drammatico trauma collettivo». E c’è un’indicazione politica, alla vigilia delle amministrative che saranno il giro di boa del Pd dell’era Letta:  l’unità è «un valore irrinunciabile: unità nel partito, nel centrosinistra, del paese». 

L’altro record, quello femminile, è più brillante: le quote azzurre sono risicate, il 75 per cento degli intervistatori e moderatori dei 110 dibattiti in realtà è costituito da intervistatrici e moderatrici, e le invitate sono il 49,1 per cento. Curiosamente – ma neanche troppo - hanno voluto giornalisti (maschi) praticamente solo alcuni big: i ministri Dario Franceschini e Lorenzo Guerini, il commissario Paolo Gentiloni, il presidente dell’europarlamento David Sassoli. Il tema sarebbe che i direttori di testata quasi tutti sono maschi. Tre le direttrici: Agnese Pini della Nazione, Simona Sala dei Gr Rai e di Radio Uno, Norma Rangeri del manifesto. Le prime due condurranno dibattiti a Bologna, la terza ha declinato. Nella valanga rosa si intuisce la mano di Monica Nardi, portavoce del segretario e femminista sostanzialista. Spiega Pizzolante che raggiungere la parità di genere tra gli ospiti, tenendo alta la qualità del confronto, ha significato «un grande sforzo: non tanto perché mancano le donne, perché grazie al cielo siamo la maggioranza del paese, ma perché spesso non ricopriamo incarichi e cariche».

Torniamo alla «festa plurale». Stefano Vaccari, capo dell’organizzazione Pd, annuncia la presenza del leader dei Cinque Stelle Giuseppe Conte, della ministra renziana Maria Elena Boschi, della ministra Maria Stella Gelmini di Forza Italia, di Igor Iezzi della Lega, Nicola Fratoianni di Sinistra italiana e anche di Galeazzo Bignami di Fratelli d’Italia. Festa plurale e anche monumentale nei numeri: oltre ai 110 dibattiti, 5mila i volontari, nove ristoranti a gestione diretta, 500 ospiti e 30 presentazioni di libri.

Stavolta ritornano

Ma è il ritorno degli ex a fare notizia, come a chiudere definitivamente con la stagione del renzismo: ci sarà l’ex segretaio Pier Luigi Bersani (discuterà di Europa con l’ex premier greco Alexis Tsipras), l’ex  ministra ed ex presidente del Pd Rosy Bindi (discuterà di sanità con il ministro Roberto Speranza), grande ritorno anche per Ugo Sposetti,  l’ex tesoriere dei Ds e presidente dell’associazione Berlinguer che quest’anno è stato il maestro cerimoniere dello sterminato programma di celebrazioni dei cent’anni dalla nascita del Pci (a cui saranno dedicati  due confronti, fra gli altri ci saranno Aldo Tortorella e Pier Luigi Castagnetti). Presenti tutta «la collezione» degli ex segretari, per dirla con la vignetta di Ellekappa (Walter Veltroni, Dario Franceschini, Pier Luigi Bersani, Maurizio Martina, Nicola Zingaretti, all’appena scomparso Guglielmo Epifani sarà dedicata una commemorazione, così come all’ex leader Cisl Franco Marini, a cui è anche dedicata una sala dibattiti). Invitato un pattuglione di ministri (oltre a quelli “della casa” ci saranno Enrico Giovannini, Renato Brunetta, Luciana Lamorgese, Patrizio Bianchi, Fabiana Dadone, Stefano Patuanelli, Maria Stella Gelmini, Elena Bonetti, Federico D’Incà), le sindache di Barcellona Ada Colau e di Parigi Anne Hidalgo, don Luigi Ciotti, Gianrico Carofiglio, Francesco Guccini e Gigi Riva. Adriano Sofri dialogherà con Gianni Cuperlo, intervistati da Lucia Annunziata.

Misure di sicurezza antipandemiche esagerate, almeno sulla carta: green pass obbligatorio per i dibattiti, punto punto tamponi e persino un hub vaccinale interno alla festa, «in accordo con l’Azienda unità sanità locale di Bologna». 

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