Il papà dell’ex premier Matteo Renzi, Tiziano, scriveva al figlio per metterlo in guardia sui membri del “giglio magico”, il suo entourage toscano di fedelissimi: Alberto Bianchi, Marco Carrai e Maria Elena Boschi, oggi tutti indagati insieme a Renzi per finanziamento illecito ai partiti per il caso della fondazione Open. Lo riporta Repubblica pubblicando il testo di una lettera depositata agli atti della procura di Firenze nell’ambito di un’inchiesta che vede protagonista il padre.

Tiziano e la moglie Laura Bovoli sono imputati per la bancarotta di tre cooperative. I difensori avevano chiesto di considerare il documento inammissibile, il tribunale però ha detto no. A quanto riporta Repubblica per i giudici si tratterebbe di «un'attività di spedizione in corso o comunque avviata dal mittente mediante consegna di plico a terzi per il recapito» ed è stata confermata.

L’immunità

La lettera risale al 5 marzo 2017, due mesi e mezzo dopo che Renzi si era dimesso da capo del governo a seguito della sconfitta sul referendum costituzionale, e dopo poche settimane che aveva lasciato il suo ruolo da segretario. Il primo con cui se la prende Renzi senior è Carrai, parte del Cda di Open: «Carrai coerentemente non si deve mai più far vedere da me - scrive - uomo falso (...) a fronte dell'ectoplasma e della banda bassotti (Bianchi, Bonifazi, Boschi) che hanno davvero lucrato senza ritegno dalla posizione di accoliti tuoi io sono stato quello che è passato per ladro prendendolo nel c.». Nelle antipatie di Renzi padre rientra anche Francesco Bonifazi, ex tesoriere del Pd.

Il genitore di Renzi non risparmia parole dure nemmeno al figlio: «Riguardo il tuo auspicio che vada in pensione devo con forza affermare che in pensione, dopo una vita vissuta all'avventura, mi ci manda il buon Dio non te (...) una volta mi hai detto con cattiveria che cercavo visibilità, ti sbagliavi io volevo lavorare e lottare per recuperare un'immagine realistica e vera che poteva e doveva servire a te non a me. Io non ho niente da chiedere alla vita di più di ciò che ho».

E descrive il suo disappunto: «Questa vicenda mi ha tolto la capacità di relazione, tutti quelli che hanno avuto rapporti con me sono stati attenzionati solo per questo fatto, sono il Re Mida della merda, concimo tutti, stanno interrogando tutti, dipendenti e amici è folle (...) devo nascondermi senza aver fatto niente di male».

Per il figlio invece prevede una sorte migliore, visto che «ora tu hai l'immunità, non esiste più il rischio che tramite me arrivino a te. Spero che inizi una nuova stagione di lotta per i valori che hanno animato la mostra vita, nella contesa occorre attaccare non indietreggiare».

Poi le valutazioni politiche: «La mossa di rimandare le dimissioni è geniale perché ha ridato entusiasmo ai nostri. Tutti hanno capito la posta in gioco. Mi permetto di evidenziare che visto il clima di destra che si respira, non sarebbe male applicare un sano centralismo democratico al partito in questa fase (...) se tu dessi un segnale cacciando coloro che minano l'immagine del partito con continue dichiarazioni di distinguo ne guadagneresti in immagine tu e non perderesti granché sul versante voti come si è visto».

Per poi concludere: «Certa gente è debole con i forti e forte con i deboli. I voti li prendi tu, quindi che se ne vadano se hanno il coraggio o tacciano fuori dalle sedi giuste per il confronto, un bel deferimento ai probiviri per il non rispetto della linea del partito ti farebbe guadagnare credibilità ed impedirebbe la litania delle divisioni del Pd».

Infine anche l’insegnamento sullo stile: «Se c'è una critica che è circolata è che tu non hai cagato nessuno... perché avevi tante cose da fare, hai dato un'immagine di supponenza e di autosufficienza e quindi di inutilità alla gente che ha portato tutti a ritenerti arrogante. Che tu lo sia o no credo che chi ha un ruolo pubblico non possa sembrarlo».

La reazione di Tiziano Renzi

La difesa di Tiziano Renzi ha risposto con un comunicato: «Un uomo in difficoltà, che vive nel terrore da un anno provato, indagato e perquisito, si sfoga in un file di insulti al figlio e agli amici più cari del figlio». Questo documento, per i suoi avvocati servirebbe a dare spazio al processo: «Compare improvvisamente oggi a distanza di cinque anni dal momento in cui viene redatto ed è privo di qualsiasi valore penale. Ma viene ugualmente fatto circolare per tentare di alimentare sui media un processo che stenta in tribunale». Come il figlio, anche il padre va all’attacco dei Pm: «L'ennesima conferma di un modus operandi degli inquirenti fiorentini che si commenta da solo e che in assenza di violazioni del codice penale si concentra sulle difficoltà di rapporto tra padre e figlio». Quanto accaduto secondo loro sarebbe  «l'ennesima dimostrazione del fatto che Matteo Renzi non ha mai agevolato suo padre nelle sue attività professionali». E anzi un’azione contro la famiglia Renzi da parte della stampa: «Nel metodo l'ennesimo schiaffo alla civiltà giuridica, alla vita delle persone e alla privacy di una famiglia colpita da una pervicace campagna mediatica senza precedenti», si legge ancora.

La fondazione Open

Per la lettera di Tiziano Renzi del 2017 il figlio avrebbe goduto dell’immunità, all’epoca Renzi però non era parte del parlamento. Il ragionamento tuttavia è ritornato in un altro momento storico: entrato in Senato, Renzi, al centro delle indagini della procura di Firenze per finanziamento illecito tramite la fondazione Open, ha di recente chiesto in prima persona che non vengano messi agli atti dei messaggi whatsapp e delle mail del 2018 acquisiti dalla procura. La spiegazione di Renzi è che la procura li avrebbe presi nonostante siano successivi alla sua elezione senza chiedere l’autorizzazione alla camera d’appartenenza. Per i pm si tratta di documenti ottenuti non attraverso la sua messaggistica, ma quella di altri e il ragionamento non è applicabile.

Renzi alla fine dell’anno scorso ha chiesto l’intervento di Palazzo Madama e la Giunta per le immunità del parlamento ha dato ragione all’ex premier. La questione dovrebbe passare nell’Aula del Senato dove il giudizio potrebbe essere sia confermato, sia ribaltato, ma finora non è stato messo in agenda. Il procuratore aggiunto Luca Turco e il sostituto procuratore Antonio Nastasi insieme al procuratore Giuseppe Creazzo la settimana scorsa hanno chiesto il rinvio a giudizio per Renzi, Boschi, Bianchi e Carrai, l’udienza preliminare è fissata per il 4 aprile e Renzi ha deciso di denunciare i magistrati.

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