Una commissione parlamentare sul Covid per mettere in archivio un pezzo molto doloroso della storia italiana. Certo, il bollettino quotidiano non esiste più da mesi. I dati sui contagi da Covid sono appannaggio degli addetti ai lavori, ormai largamente ignorati dagli italiani. Ed è scemato anche l’interesse per le notizie sulle nuove varianti, che di tanto in tanto fanno capolino. L’Oms ha detto che la pandemia è finita è addirittura i virologi più cauti hanno ammesso che l’emergenza è cessata.

Solo al Giro d’Italia il coronavirus ha ripreso per qualche giorno la scena mediatica a causa del focolaio esploso tra i ciclisti, che ha costretto a una serie di ritiri, tra cui quello del favorito, il belga Remco Evenepoel. Ma il Sars-Cov2 è diventato un doloroso ricordo, anche nei

modi di dire si fa ricorso comunemente alla formula “quando c’era il Covid”. Come a dire che ora non c’è più, benché possa capitare di contrarlo lo stesso. Senza le conseguenze nefaste che l’Italia prima e il mondo intero poi ha conosciuto.

Commissione in arrivo

Dalla cronaca si passa alla storicizzazione del virus, con le annesse conseguenze politiche del caso, che prendono la forma della commissione di inchiesta. A breve sarà approvata la legge istitutiva alla Camera: le date cerchiate sono quelle dopo il 20 giugno. Terminata la prima fase della discussione generale, il dibattito è stato rinviato di qualche settimana.

Non è stata una concessione per cercare un accordo rispetto al testo base votato in commissione affari sociali a Montecitorio solo dal centrodestra e dal gruppo Azione-Italia viva. La maggioranza di centrodestra ha spostato in avanti la questione per un tecnicismo regolamentare: potrà contingentare i tempi del confronto parlamentare e aggirare qualsiasi tentativo di ostruzionismo ideato dalle opposizioni. I numeri ci sono, quindi si procede senza tentennamenti.

Anche se per far partire effettivamente la commissione occorrerà sciogliere il nodo della presidenza. Il problema comunque si porrà a settembre, quando si immagina che la trafila parlamentare sia realmente superata. La poltrona fa molto gola a Italia viva, in cui si sogna addirittura la presidenza assegnata a Maria Elena Boschi, che darebbe un boost di visibilità mediatica all’organo parlamentare.

Le speranze sono al lumicino, nonostante le rivendicazioni del Terzo polo, o ex tale, sulla mancata assegnazione di presidenze negli organismi parlamentari.

Tanto che Renzi ha dichiarato di «voler dare la presidenza a chi era all’opposizione durante la pandemia». Quindi una connessione a Fratelli d’Italia, che peraltro vuole il ruolo per sé. Il nome da avanzare è in fase di valutazione, circola quello di Alice Buonguerrieri, già relatrice del testo di legge per l’istituzione della commissione, una candidatura favorita dal fatto che i due meloniani, alfieri delle critiche alla gestione del Covid, Edoardo Zaffini e Marcello Gemmato sono rispettivamente presidente della commissione sanità al Senato e sottosegretario alla Salute. C’è un’incompatibilità tra le funzioni, bisogna trovare una soluzione diversa. Ma più che la partenza conta la direzione del lavori.

Tribunale parlamento

E al gran ballo della commissione c’è un paletto ben piantato: passate le ondate ed evaporata l’unità nazionale, i partiti si chiedono come sia stata gestita la pandemia, vogliono fare chiarezza. Se durante i momenti di crisi sanitaria più acuta alcune forze politiche hanno solo cercato alcuni distinguo, come le carezze alla platea No-mask e No-vax da parte di Matteo Salvini e Giorgia Meloni, ora il mirino politico viene puntato altrove: sugli eventuali errori e omissioni. La motivazione ufficiale è che il lavoro di indagine è indispensabile perché nel caso di una nuova un’emergenza sanitaria si avrebbero maggiori strumenti per affrontarla.

Discorso che non presenta falle, in effetti. Ma scrutando dietro la coltre delle intenzioni narrate a favore di telecamera, affiorano una serie di intrecci e di interessi politici, tra chi vuole mostrare di avere fatto il massimo e chi invece vuole mettere a verbale le disfunzioni della macchina gestionale.

Insomma, da un lato ci sono il Movimento 5 stelle dell’ex presidente del Consiglio, Giuseppe Conte e in parte la sinistra dell’ex ministro della Salute, Roberto Speranza. I due più esposti alle intemperie di quel periodo, che vantano dalla loro parte la richiesta di archiviazione della procura di Brescia dopo l’inchiesta condotta sulla gestione delle prime fasi della pandemia. Le ipotesi di reato di epidemia colposa e omicidio colposo sono state un macigno con l’iscrizione nel registro degli indagati che ha fatto molto rumore, seppure fosse un atto sostanzialmente dovuto.

La parola definitiva passa al Tribunale dei ministri che potrebbe chiudere la vicenda a favore di Conte e Speranza. In ogni caso l’alleanza giallorossa su un punto si dimostra coesa: il no alla commissione, almeno per come è stata formulata, che entrerà in vigore nei prossimi mesi. Avrebbero voluto un testo condiviso e dai toni più istituzionali. Richieste respinte al mittente. Mentre sulla sponda opposta c’è il centrodestra, che vuole raccontare per filo e per segno cosa sia accaduto in quei mesi, puntando il faro soprattutto sulle misure assunte insieme a quelle non adottate per evitare la diffusione dei contagi. Le carte in regola per processare Conte non in un’aula di tribunale, ma in quelle parlamentari.

Sulla scacchiera si iniziano perciò a muovere i partiti politici, ognuno per dare scacco agli avversari. La guest star è senz’altro Italia viva, che ha appunto deciso di convergere sul testo-base apparecchiato dalla destra. Renzi non ha mai risparmiato punzecchiature a 5 Stelle e Pd: «È giusto fare chiarezza su ciò che accadeva mentre morivano decine di migliaia di nostri connazionali. O no?», ha scritto in una sua enews, rilanciando una domanda: «Perché tanti colleghi degli altri partiti sono così preoccupati?». Provocazioni e allusioni che hanno lasciato il segno. Non serve l’indovino per capire che i destinatari fossero M5s e Pd, più nel dettaglio Conte e Speranza. La linea ufficiale conduce a un lavoro di commissione dal taglio istituzionale.

Trappola per regioni

Ma la politicizzazione è dietro l’angolo e i renziani annusano l’aria di poter inchiodare un po’ tutti alle proprie responsabilità. Certo, dalla legge che sarà varata è stata stralciata la posizione delle regioni, su volere principalmente della Lega, attore interessato avendo come presidenti Attilio Fontana in Lombardia e Luca Zaia in Veneto, protagonisti dell’era pandemica quasi quanto il premier e il ministro della Salute.

Ma si tratta di un esercizio pro forma, esiste il rischio di trasformarsi in una trappola per il partito di Salvini: è impensabile che non potranno essere chiamati in audizioni i presidenti di regione per capire anche solo il rapporto avuto con il governo, osserva chi sta seguendo da vicino il dossier. Una commissione di inchiesta non può andare avanti a spezzoni, come una gruviera con dei buchi: l’obiettivo finale è quello di avere tutte le informazioni a disposizione per stilare una relazione completa, comprese le amministrazioni regionali. La destra ha però in testa proprio un lavoro certosino intorno a Conte e Speranza, tagliando fuori eventuali accertamenti dell’esecutivo guidato da Mario Draghi.

Nel testo che sarà discusso e approvato alla Camera entro fine giugno spicca su tutti un'assenza: l’indagine sull’introduzione e sull’uso del green pass, avversato da Lega e Fratelli d’Italia che hanno sempre strizzato l’occhio alla galassia ostile alla certificazione verde. Il motivo? «Chiedete a loro…», dicono dal Movimento 5 stelle, lasciando intendere che la commissione non vuole toccare Draghi. In quell’esecutivo c’erano i leghisti, mentre Fdi non vuole aprire nuovi scontri con l’ex presidente della Bce dopo le tensioni affiorate sul dossier Pnrr.

Ma per una mancanza che salta agli occhi, ci sono tanti altri elementi di spunto che dispiegano il senso della propaganda pronta ad avvolgere i lavori della commissione. Dai padiglioni anti vaccini con le primule, cari all’allora commissario Domenico Arcuri, ai banchi a rotelle, voluto dalla ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, tra i compiti ci sono tanti vessilli sventolati dal centrodestra, così come da Renzi.

E non solo. La destra si è spinta oltre. Sotto la lente di ingrandimento sarà messo «il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali costituzionalmente garantite nell’adozione e applicazione delle misure di contenimento adottate dal governo nelle fasi iniziali e successive della pandemia», adombrando dubbi sulla legittimità delle chiusure disposte dal governo Conte bis.

La galleria delle funzioni attribuite alla commissione prosegue con il focus sull'app Immuni, lanciata in pompa magna come strumento principe per il tracciamento dei contagi e finita pian piano nell’oblio. Il bilancio è stato magro: un numero risibile di casi segnalati tempestivamente.

Commissione e green pass

Nel gorgo di indagini finisce pure la scienza. Mentre sul green pass la maggioranza ha preferito soprassedere per questioni politiche, la commissione vuole dare voce all’universo novax, impegnandosi a svolgere indagini «relative agli acquisti delle dosi di vaccino destinate all'Italia nonché all'efficacia del piano vaccinale predisposto». E ancora di più ci si vuole soffermare sulla verifica degli «atti del processo di revisione continua (rolling review) sui vaccini anti SARS-CoV-2». Mettendosi in testa addirittura di chiarire le «decisioni in merito della Commissione europea e dell’Agenzia europea per i medicinali precedentemente all'autorizzazione all'uso del vaccino».

Comma dopo comma, ecco che ci si imbatte nel punto cucito su misura a Conte: la verifica sull’adeguatezza e «la congruità della comunicazione istituzionale e delle informazioni diffuse alla popolazione». Un processo alle conferenza stampa di Conte e alle dirette Facebook, attese spasmodicamente per conoscere le decisioni assunte da Palazzo Chigi attraverso i suoi dpcm. Italia viva non ha messo il cappello su alcune di queste linee guida, soprattutto in materia di vaccini. Ma in fondo non vede in maniera negativa un’indagine esaustiva su questi punti. «Noi ne avevamo presentata un’altra, ben diversa, su cui le altre forze di opposizione avrebbero potuto convergere. Adesso c’è questo e non ci sono alternative», è la replica a chi chiede un giudizio su alcuni punti della nascente legge.

Nella singolar tenzone sul Covid, comunque, i 5 stelle non sembrano affatto inquieti, puntano addirittura a portare a casa dei dividendi politici. «Gli elettori hanno riconosciuto il ruolo di Conte durante la pandemia. La demonizzazione delle sue scelte si rivelerà un boomerang per la maggioranza», sostengono fiduciosi nel Movimento, a cui non sono andati giù alcuni passaggi della proposta approdata in aula a Montecitorio.

«C’era proprio bisogno di parlare espressamente dei banchi a rotelle?», è il commento principale.

Così come è parsa una forzatura l’esclusione delle regioni dal perimetro di inchiesta della commissione. Sarà anche che se ne parlerà, ma la limitazione è un fatto «oggettivo». Peraltro nell’inner circle contiano c’è fiducia sulla chiusura dell’inchiesta con la definitiva archiviazione del leader pentastellato.

Lungo cammino

La commissione di inchiesta parlamentare sul Covid non è comunque un’improvvisazione, se ne parla da tempo ormai.

L’idea era già maturata nella scorsa legislatura: ci sono state sette diverse proposte di legge per istituirla, con la prima datata giugno 2020 dal capogruppo della Lega alla Camera, Riccardo Molinari, che voleva fare già luce mentre la situazione non era affatto sotto controllo e si attendeva l’arrivo di un vaccino. Qualche settimana dopo un testo con gli stessi obiettivi è stato depositato a Montecitorio dal deputato di Forza Italia, Paolo Russo.

Mentre nell’aprile 2021 Andrea Delmastro Delle Vedove, all’epoca semplice deputato di Fratelli d’Italia, aveva chiesto l’istituzione dell’organismo di inchiesta esclusivamente per investigare sull’operato del commissario per il Covid.

L’intento nemmeno tanto sottaciuto era di fare le pulci all’operato di Domenico Arcuri, che al vertice della struttura commissariale ha lavorato in piena sinergia con Conte. A seguire tra le varie proposte spiccava il disegno di legge al Senato di Davide Faraone, che ha sempre dato voce ufficiale alle intenzioni manifestate dal leader del suo partito Matteo Renzi. Agli atti restano anche le iniziative dell’ex ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti, e dell’allora deputato, Francesco Sapia, esponente di Alternativa il partito più vicino alle battaglie di novax, nopass e no qualsiasi altra cosa fosse inerente alle misure anti-Covid.

La rassegna di testi dell’ultima legislatura è propedeutica a quanto avvenuto all’inizio di quella nuova, fino a portarci ai giorni nostri: FdI, Lega e Iv hanno rilanciato la questione di una commissione di inchiesta sul Covid, avviando la procedura parlamentare per la sua creazione.

Adesso non resta che attendere lo start ufficiale, con una sensazione: la pandemia si trasformerà in un campo di battaglia politico.

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