Tutte le strade di Puglia ormai finiscono alla commissione parlamentare antimafia: dopo Pasqua saranno ascoltati Michele Emiliano e Antonio Decaro, il capo della Dda di Bari Roberto Rossi, titolare dell’inchiesta che ha portato a 130 arresti, e il ministro dell’Interno Piantedosi. Che sta succedendo?, chiediamo a Nicola Lagioia. Come a schermirsi, risponde «faccio lo scrittore, dei meccanismi della politica pugliese so poco».

Ma non ci crediamo, non del tutto, perché dipende: di cosa parla quando parla di politica? Cosa c’è – gli chiediamo – dietro, davanti e intorno al palco di piazza Ferrarese di Bari, dove il sindaco antimafia Decaro ha ricevuto un abbraccio popolare, il presidente antimafia Emiliano ha pronunciato parole che hanno incendiato la destra, e la destra a sua volta chiede lo scioglimento del comune per mafia? Lo scrittore di La ferocia, sceneggiatore e conduttore radio, nato a Bari nel 1973, è un protagonista della “rinascita pugliese”.

Così la racconta: «In Puglia dalla fine degli anni Novanta, e l’inizio dei Duemila c’è stato un cambiamento enorme, culturale prima che politico. Bari è sempre stata una città dinamica, ma la Puglia fin lì non aveva nessun profilo nazionale. Terra di grandissime personalità, Carmelo Bene per il teatro, Pino Pascali per l’arte, Andrea Pazienza per il fumetto. E Domenico Modugno: che fingeva di essere siciliano perché l’artista pugliese non funzionava, un artista pugliese non varcava i confini del folklore. Forse l’innesco fu il film La capa gira di Alessandro e Andrea Piva: fu preso al Festival di Berlino e rivelò, improvvisamente, che la Puglia era un continente da scoprire».

La generazione Vlora

Perché esplose quella primavera? «Ci sono tante spiegazioni. Una molto interessante la diede Oscar Iarussi, direttore della Gazzetta del Mezzogiorno. Lui ci diceva: voi siete quelli che erano giovani quando a Bari arrivò la Vlora, l’agosto del 1991, con 20mila albanesi». Qui apre una parentesi: «Quando arrivarono gli albanesi le istituzioni locali furono del tutto impreparate. Ma i baresi li accolsero benissimo. Bari è una città di accoglienza. Quando nel 1994 arrivò il calciatore Guerrero, colombiano, nero, mentre le altre curve facevano cori razzisti, gli ultras della Nord esposero lo striscione: “A Bari nessuno è straniero, nemmeno Guerrero”. Il patrono San Nicola è un pellegrino, arrivato dal mare. Siamo una terra che ha il cosmopolitismo nel sangue».

Chiusa parentesi. Torniamo a quella generazione: «Noi che abbiamo visto arrivare la Vlora abbiamo visto arrivare in Puglia il XXI secolo con dieci anni di anticipo». Dieci anni dopo quella generazione ha cominciato a raccontare la sua Puglia come mai prima: «Ovviamente ha contato la sedimentazione di quello che c’era già. Ricordo Bari alla fine degli anni Ottanta: nella città vecchia, quello che oggi è un centro turistico internazionale, noi ragazzini non potevamo entrare: venivi scippato, derubato, rapinato, era tutto in mano ai clan. Ma al tempo stesso Bari era un centro di sperimentazione musicale, c’erano tantissimi gruppi».

«Di tutti questi contrasti, i vecchi problemi e la nuova ondata culturale, fece tesoro Nichi Vendola. Tutto il cambiamento della regione è cominciato da lì. Quello artistico era già iniziato, la politica seguì. Vendola seppe captare i segnali. Non era da solo: si mescolarono culture diverse, quella socialista, quella dei sindacalisti – è la regione di Giuseppe Di Vittorio – quella liberale, con la casa editrice Laterza, Benedetto Croce, il meridionalismo di Salvemini. La Puglia divenne sinonimo di avanguardia. Guglielmo Minervini curava il programma Bollenti spiriti: venivano dati fondi per piccole imprese, culturali e no. I ragazzi di Bari, Lecce, Brindisi, Foggia, Taranto andavano a Berlino, Londra, Parigi a lavorare, capivano come si finanziavano i festival, i locali, poi tornavano e lo rifacevano qui».

PugliaShire

Arriviamo a Emiliano e Decaro. «Hanno preso questa eredità e l’hanno portata nelle stagioni politiche successive. E non c’è dubbio che con loro Bari sia migliorata, il centro storico è stato restituito ai cittadini e ai turisti, sono arrivate le piste ciclabili. Il sostegno a Decaro racconta tutto questo». E se ora la commissione del Viminale dicesse che invece i clan se la governano ancora? «E se invece no? Allora sarebbe difficile non pensare che Piantedosi ha fatto un uso spregiudicato del suo potere. Dunque aspettiamo».

Ma intanto c’è da capire che succede: «Ora che la primavera pugliese è diventata estate, a differenza di quella campana e siciliana, ora che il G7 si farà a Borgo Egnazia – cosa inimmaginabile fino a pochi anni fa – qual è il prossimo passo? Ecco, le imminenti elezioni sono l’occasione per chiarire che visione del futuro vogliono dare i candidati, sinistra e destra. A sinistra ci sono gli eredi della primavera, a destra chi vuole cambiare stagione. La Puglia ormai è una delle mete turistiche più ambite d’Europa, per me anche troppo: c’è il rischio che la regione si trasformi in PugliaShire, un posto in cui a parte il turismo succede poco. E certo il turismo internazionale porta i soldi, ma se si supera una soglia, l’oleografia smette di far girare la rivoluzione culturale. E invece la Puglia questa rivoluzione fin qui l’ha mantenuta».

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