Il bando sui contratti di filiera di distretto del ministero dell’Agricoltura e della sovranità alimentare (Masaf), guidato da Francesco Lollobrigida, diventa un caso. Tra i nomi dei vincitori è finito anche quello dell’imprenditore siciliano Santi Giaconia, indagato per truffa da mesi, senza che nessuno battesse ciglio. Almeno fino a che Domani non ha chiesto informazioni. A quel punto ai vertici dei dicastero sono corsi ai ripari, sospendendo il progetto in fretta e furia. Ma facciamo un passo indietro per inquadrare la vicenda.

Il quinto bando del Masaf sui contratti di filiera, pubblicato nell’ottobre 2022, punta a favorire gli investimenti nel settore agroalimentare con programmi di rilievo nazionale. Per questo è suddiviso in varie voci da finanziare sia rispetto al settore (olivicolo, ortofrutticolo, caseario e così via) che geografico.

Stop tardivo

La graduatoria è stata comunicata lo scorso 30 giugno. Dopo una settimana, il 6 luglio, è stata sospesa con un apposito decreto direttoriale. Cosa è successo nel frattempo? Domani aveva contattato il ministero dell’Agricoltura per chiedere chiarimenti sui nominativi dei beneficiari.

Tra questi figurava infatti Santi Giaconia, vincitore del progetto ribattezzato “Si carni” sulla sostenibilità e l’innovazione per la filiera delle carni bovine del centrosud e nelle isole. Aveva chiesto e ottenuto il massimo contributo possibile per il suo caso: 19 milioni 176mila euro. Aveva il sesto punteggio più alto (89,5) su un totale di 309 domande accettate. Nulla di strano, se non fosse che Giaconia era finito sotto inchiesta, già a gennaio, cinque mesi prima della definizione della graduatoria.

Le ipotesi di reato nei confronti dell’imprenditore sono truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture false. La sede di Palermo della procura europea ha per questo chiesto al gip del Tribunale di Termini Imerese il sequestro di beni pari a 7,2 milioni di euro riconducibili alle società della famiglia Giaconia, che da anni opera nel settore agricolo, in provincia di Palermo.

L’inchiesta

Nell’inchiesta sono coinvolte la Cooperativa La Concordia e la Cogemat, entrambe fornitrici dell’Agricola Puccia. Secondo la Guardia di Finanza, era stato messo in piedi «un complesso meccanismo fraudolento, consistito nella sovra fatturazione delle spese oggetto dei contributi pubblici e nella falsa attestazione della data di conclusione dei relativi programmi d’investimento».

Per le fiamme gialle «gli indagati avrebbero fatto ricorso a diversi schemi contrattuali e relative fatturazioni tra società formalmente distinte tra loro, ma di fatto riconducibili a un unico gruppo imprenditoriale, finalizzati a far aumentare il costo dei beni rendicontati alla regione siciliana per l’ottenimento delle pubbliche sovvenzioni».

Le spiegazioni del ministero

Dal Masaf avevano spiegato, in risposta alla richiesta di Domani, che era in corso di acquisizione la «copia dell’eventuale provvedimento cautelare adottato dall’autorità giudiziaria penale siciliana a carico di Santi Giaconia, avendo verificato che non si tratta di una omonimia».

In un secondo momento è stato appurato che «si tratta del medesimo soggetto incluso in un raggruppamento che risulta aggiudicatario di un finanziamento sulla base di una graduatoria provvisoria». Non c’era stato alcun riferimento alla possibilità di sospendere di lì a poco Giaconia (per gli altri programmi la graduatoria resta al momento valida), che può presentare ricorso – entro 60 giorni – contro la decisione del ministero.

Elementi ignorati

La commissione esaminatrice aveva comunque in mano tutti gli elementi per non inserire il nome dell’imprenditore agricolo, titolare dell’Agricola Puccia, nell'elenco degli aggiudicatari, vista l’indagine sulla gestione di fondi pubblici da parte della sua azienda. «Le domande al bando sono presentate in regime di autocertificazione», si sono difesi dal ministero di Lollobrigida.

E che sul bando dei contratti di filiera ci fosse un po’ di confusione, era emerso già in precedenza. Dopo la pubblicazione della graduatoria era stato specificato «entro il termine di 10 giorni dalla data di pubblicazione, cioè entro il 10 luglio 2023, possono presentare richiesta motivata di riesame della propria posizione in graduatoria».

Dopo, però, era stata necessaria una rettifica: «Si precisa che il termine del 10 di luglio è da intendersi riferito a "10 giorni lavorativi" dalla data di pubblicazione della graduatoria (30 giugno 2023)». Un pasticcio che è stato un preludio a quanto accaduto dopo.

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