Gli iscritti al Movimento 5 stelle hanno confermato la nomina dei cinque vicepresidenti e quella dei nuovi comitati tematici. Nessuna sorpresa, considerato che come al solito la votazione era confermativa e non erano state proposte alternative. 
Il numero di votanti, però, non depone a favore del presidente Giuseppe Conte, in difficoltà con i parlamentari già da tempo, ora evidentemente anche con gli attivisti: a votare sono state appena 28.322 persone su 131.790 aventi diritto. 

È arrivato dunque il via libera per i cinque vicepresidenti di Conte, presentati diverse settimane fa e secondo i critici troppo vicini all’ex presidente del Consiglio: Michele Gubitosa, Riccardo Ricciardi, Paola Taverna, Alessandra Todde e Mario Turco adesso sono in carica a tutti gli effetti. 

Le nomine

Anche i Comitati previsti dallo statuto, presentati lunedì scorso, sono stati legittimati dal voto. Quattro sono previsti obbligatoriamente per statuto, altri tredici sono stati proposti da Conte: in tutto, sono state nominate 85 persone.

Secondo i suoi detrattori, i comitati hanno rappresentato per il presidente del Movimento l’occasione per avvicinare a sé numerosi eletti dando loro l’occasione di ricoprire un posto di spicco: effettivamente, i quattro coordinatori dei comitati obbligatori sono tutti fedelissimi di Conte. 

Il Comitato nazionale progetti è presieduto da Gianluca Perilli, ex capogruppo al Senato, quello per la formazione e l’aggiornamento da Chiara Appendino, ex sindaca di Torino, quello per i rapporti europei e internazionali da Fabio Massimo Castaldo, attuale vicepresidente del parlamento europeo, e quello per i rapporti territoriali da Alfonso Bonafede, ex ministro.

Ettore Ferrari/LaPresse/POOL Ansa

Tutti e quattro stanno cercando una nuova collocazione. I primi due hanno già lasciato le loro rispettive cariche. Castaldo rischia di perdere il suo posto con l’ingresso dei Cinque stelle nel gruppo di S&D e gli avvicendamenti delle cariche di midterm, mentre Bonafede sarebbe dovuto essere il candidato di Conte per la presidenza del gruppo della Camera: alla fine, però, l’opposizione dei deputati ha fatto desistere il leader. 

Ma anche gli altri comitati sono finiti in mano a volti noti del Movimento: il sottosegretario Pierpaolo Sileri presiede quello per la salute, Nunzia Catalfo, ex ministra, quello per le politiche del lavoro, Giulia Sarti quello per legalità e giustizia. Stefano Buffagni, ex viceministro allo Sviluppo economico, guiderà quello dedicato a economia e finanza, e insieme a Luca Carabetta (transizione digitale) e Gianni Pietro Girotto (transizione ecologica) compone il tridente di settentrionali che controlla i temi maggiormente toccati dai fondi che fluiranno dal Pnrr. 

Nella lunga lista di nomine c’è poi Lucia Azzolina a capo del comitato per l’istruzione e Roberta Lombardi alla guida degli enti locali: è la sua (e quella dei membri del suo comitato) che ha ricevuto più voti contrari nella consultazione di oggi, addirittura oltre 5.000 contro i 2-3.000 degli altri. Vittoria Baldino, anche lei in odore di candidatura alla presidenza del gruppo Camera per un periodo, è stata invece scelta per la guida del comitato per le politiche giovanili. 

I problemi

La scelta dei membri dei comitati aveva sollevato diverse critiche: una delle più aggressive è stata quella dell’ex ministro Vincenzo Spadafora, che da tempo non fa segreto del suo scetticismo nei confronti del nuovo corso di Conte. «Auguri e buon lavoro ai 14 Comitati interni e agli 85 colleghi che Conte ha nominato per rendere efficace e rapida l’azione di rilancio del nuovo M5S», aveva scritto con ironia su Facebook. 

Oltre a indicare con una certa chiarezza le diverse correnti nel Movimento, visto che nella lunga lista di coloro che sono stati selezionati da Conte compaiono pochissimi parlamentari considerati “dimaiani”, la creazione dei nuovi organismi ha un altro effetto positivo per Conte: gli ha risolto il suo problema economico. Per essere scelti infatti c’era bisogno di avere i conti in regola con il Movimento, una questione non scontata in un partito in cui ultimamente le donazioni dei parlamentari erano state corrisposte solo in parte. 

La regola valeva anche per l’elezione del nuovo direttivo della Camera. La vittoria della squadra proposta dal rieletto Davide Crippa è stata dunque una sconfitta per Conte nei termini in cui tra presidente e deputato c’è pochissima intesa e la generale ostilità del gruppo non gli ha permesso di presentare una sua candidatura, ma un successo in termini di finanziamenti, visto che altri cinque parlamentari si sono dovuti mettere in regola.

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