Più che colpi di manganello sono stati un boomerang sul governo. A conferma di una linea sbagliata, quella da Fratelli d’Italia alla Lega. La difesa a spada tratta dell’operato della polizia è servita solo ad alimentare le tensioni con il Quirinale e alla descrizione della piazza di giovani studenti come una folla di facinorosi.

Un posizionamento appena più sfumato con l’esecutivo cerca ora di mettersi alle spalle le cariche della polizia a Pisa. Giorgia Meloni che si è fatta concava e convessa per non farsi sfiorare dal tema, come spesso capita quando i terreni si fanno scivolosi. Solo in serata ha fatto trapelare un retroscena riportato dall’Agi: «Bisogna raccontare agli italiani questi dati e come sono andate le cose. Questo governo non può passare come repressivo quando l'Italia è uno dei pochi Paesi che ha consentito le manifestazioni a sostegno della Palestina».

Da Palazzo Chigi trapela un pendolo tra “ha ragione Sergio Mattarella” - con la sua nota di fuoco diramata dopo gli scontri - ma “gli agenti di polizia non si toccano”. Anche se sbagliano. Innescando un cortocircuito perché le due cose non si tengono insieme.

Scontri in numeri

Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha giocato con i sindacati la carta della minimizzazione con i sindacati, rinnegando innanzitutto un cambio di strategia rispetto al passato. Dal 7 ottobre, il giorno delle stragi terroristiche di Hamas in Israele, ci sono state solo «33 criticità», ha spiegato il numero uno del Viminale. Più in generale, dal gennaio dello scorso anno, solo l’1,5 per cento delle manifestazioni ha fatto registrare problematiche.

Numeri che tentano di ridimensionare un fenomeno di tensione che cresce, perché le statistiche non fotografano la veemenza di certi episodi. Quelli di Pisa sono su un elevato livello di gravità, non è molto utile soffermarsi sulle percentuali.

Poi, nell’informativa in cdm, ha accusato: «Non era stato presentato alcun preavviso alla questura e i manifestanti hanno rifiutato la mediazione». Così, nemmeno tanto in filigrana, emerge il reale posizionamento dei partiti di maggioranza che pende nettamente sul versante pro-agenti.

«Da anni gli addetti all’ordine pubblico respirano un clima pesante: il reato di tortura, le body cam. Si continua ad andare avanti con una narrazione a senso unico », ha scandito l’eurodeputata leghista, Susanna Ceccardi, descrivendo gli agenti come le vittime degli scontri di Pisa.

Il problema, per la Lega, è addirittura il reato di tortura non una gestione inadeguata di una piazza di manifestanti. Il punto, però, è politico e addirittura istituzionale. La presa di posizione di Mattarella non è piaciuta affatto nel giro della destra, su tutti Fratelli d’Italia.

Avrebbero gradito un Colle silente dinanzi alle immagini di giovani caricati. Tanto che nei conciliaboli politici, all’interno del partito di Meloni ha preso quota la convinzione di dover accelerare sulla riforma del premierato.

Un segnale alla presidenza della Repubblica per realizzare l’opera di cambiamento istituzionale, tutto concentrato su una sola figura: il o la premier. E qualcuno manifesta un certo rammarico per aver ammainato la bandiera del presidenzialismo: con l’elezione diretta del capo dello Stato, non ci sarebbe stato alcun Mattarella a sollevare delle questioni di principio. Sia politiche che di rispetto della Costituzione.

Errori sotto indagine

I fatti vanno proprio in questa direzione: scandagliare l’accaduto di quelle ore e gli abusi commessi. I pm stanno valutando le informative arrivate sul tavolo della procura: l’inchiesta è blindata, c’è massimo riserbo per l’evidente delicatezza e i risvolti a più livelli. Ma l’obiettivo dei magistrati è quello di individuare la catena di comando di venerdì.

Quando saranno a disposizione tutti gli elementi, saranno assegnate le indagini, che addirittura in alcuni ambienti della polizia sono attese per fare chiarezza. Secondo quanto si apprende, si punta a individuare le responsabilità.

Del resto, che ci siano stati problemi «di gestione della piazza, dal punto di vista organizzativo e operativo» lo ha ammesso anche il questore di Pisa, Sebastiano Salvo, nell’incontro avuto con i sindacati. I motivi individuati sarebbero da rintracciare nella mancata conoscenza della destinazione del corteo.

L’informativa di Piantedosi a Palazzo Chigi, nella cornice ovattata degli alleati di governo ha alimentato un certo malumore, perché la richiesta è di portare il dibattito in parlamento. «Dopo le parole del capo dello Stato, l’intervento del ministro è, se possibile, ancora più necessario», ha sottolineato il capogruppo di Italia viva, Davide Faraone.

«Le Camere hanno il diritto di sapere cosa non ha funzionato nelle cabine di comando nelle due città toscane», ha rilanciato il parlamentare renziano. Le opposizioni, su più livelli, chiedono un dibattito. Il Pd ha depositato un’interrogazione al Senato, a prima firma Ylenia Zambito. Il faro, politico e giudiziario, resta acceso sulle manganellate.

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