Marco Bentivogli non ha fondato un partito. Questa settimana, l’ex leader dei metalmeccanici della Cisl, figlio di Franco, ex leader dei metalmeccanici della Cisl, ha creato “Base Italia”, un «un network culturale di promozione di partecipazione politica, sociale», una «forza di integrazione tra le energie migliori già oggi in politica». Ma pochi dubitano che Base Italia sarà il veicolo con cui l’ex sindacalista cercherà di realizzare le ambizioni politiche che non ha nascosto. Conteso dai centristi di Italia Viva e di Azione del suo amico personale Carlo Calenda, Bentivogli ha deciso invece di creare qualcosa di autonomo.

Persone di Base Italia

Attorno a Base Italia gravitano altre personalità ambiziose, capaci e ben connesse, quasi tutte provenienti dall’accademia, dall’industria, dalla consulenza, oltre a una nutrita componente del mondo cattolico (mancano quasi del tutto i sindacalisti). Il presidente dell’associazione è Luciano Floridi, direttore del laboratorio di etica digitale all’università di Oxford è uno dei più famosi filosofi italiani all’estero.

Nel comitato scientifico dell’associazione, composto per metà da uomini e donne, siedono tra gli altri Carlo Cottarelli, il direttore dell’Osservatorio dei conti pubblici dell’Università cattolica, la professoressa di diritto del lavoro alla Sapienza ed ex assessora al Lavoro del Lazio Lucia Valenta e il gesuita ed ex direttore della Civiltà Cattolica Francesco Occhetta. La sede dell’associazione per ora si trova negli uffici dell’agenzia di comunicazione e lobbying nel settore dell’energia Beulcke partners.

Marco Bentivogli (Foto: Andrea Panegrossi - LaPresse)

Contro i populisti

Nel suo manifesto, Base Italia dichiara che i suoi avversari sono sovranisti e populisti, che sfruttano la difficile situazione di crisi e decadenza del paese per portare avanti la loro agenda di divisione e semplificazione. A loro, Base rispondono con la necessità di affrontare e spiegare la complessità. Ma come si affronta la complessità, secondo Bentivogli?

La sua idea centrale, quella attorno a cui ruota tutto il suo pensiero, è la fiducia nel progresso tecnologico e nei meccanismi del mercato. Se mediate da un sindacato moderno, non ideologico e aperto alle novità, sostiene Bentivogli, queste forze risolveranno i principali problemi della nostra epoca: dalle crescenti diseguaglianze all’imminente crisi climatica.

Bentivogli guarda con ottimismo alle novità, reali o apparenti, che si sono succedute negli ultimi anni. È un appassionato di gig economy e sostiene le richieste delle aziende del settore, che vogliono essere libere di trattare i loro lavoratori come liberi professionisti, senza le pastoie di regolamenti che giudicano superati. Crede nelle smartworking, a cui ha dedicato il suo ultimo libro e nella sua biografia si sottolinea che è stato il primo sindacalista italiano ad interessarsi alla internet of things.

Blockchain e nuovi lavori

A volte, la sua passione per ciò che è nuovo lo porta a incamminarsi su strade scivolose, come quando nel 2018 pubblicò sul Sole 24 Ore un manifesto in cui parlava con toni entusiastici delle possibili applicazioni nell’economia reale della blockchain, il protocollo internet utilizzato dalle monete virtuali come i Bitcoin. Dopo anni di discussioni, però, di queste applicazioni ancora non si vedono i risvolti e l’uso della blockchain continua a rimanere confinato a un pugno di nerd anarcolibertari.

Un articolo pubblicato sempre sul Sole 24 Ore insieme all’allora ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda cominciava dando per assodato un dato frutto di una nota leggenda metropolitana: e cioè che il 65 per cento di chi inizia oggi le scuole elementari farà lavori che oggi non esistono.

(Foto: Valerio Portelli/LaPresse)

Flessibilità dei lavoratori

Il mondo futuro in cui tecnologie non più ostacolate da norme burocratiche e da sindacati luddisti risolvono i nostri problemi è ancora di là da venire. Nella sua vita da sindacalista, Bentivogli ha dovuto affrontare problemi industriali concreti, dove al posto di algoritmi e intelligenze artificiali c’erano lavoratori in carne ed ossa, assiepati attorno catene di montaggio non tanto diverse da quelle di un secolo fa.

In questo campo, Bentivogli ha quasi sempre scelto la strada della flessibilità dei lavoratori, del compromesso con le associazioni degli imprenditori e dei sacrifici oggi in cambio di benefici domani.

In un altro manifesto ancora, pubblicato sempre sul giornale di Confindustria, Bentivogli scriveva che la sfida dei sindacati era passare dalla «job protection» allo «skill development», cioè rendere più semplice alle aziende liberarsi dei lavoratori, ma fornire in cambio a questi ultimi gli strumenti per trovare nuovi impieghi. Tra i problemi dell’industria italiana che ha spesso indicato, ci sono i salari non competitivi, cioè troppo alti in alcune aree del paese.

(Foto LaPresse Carlo Cozzoli)

A Pomigliano

Lo scontro più famoso della sua carriera è stato quello sul futuro dello stabilimento Fiat di Pomigliano. La proprietà guidata da Sergio Marchionne minacciava di chiudere lo stabilimento se i sindacati non avessero accettato un nuovo contratto che richiedeva turni più intensi e meno pause. La Fiom Cgil del suo rivale Maurizio Landini si opponeva, mentre la Fim Cisl di Bentivogli era la capofila dei favorevoli.

Al referendum del giugno 2010 tra gli operai i sì vinsero col 63 per cento. Ancora oggi Bentivogli la ricorda come la più importante vittoria della sua carriera.

Molti nemici

Bentivogli non è il solo a portare avanti questi temi che, almeno dagli anni Novanta, formano l’ossatura di un’ortodossia economica che la grande crisi ha messo sempre più in dubbio. Ma il modo in cui Bentivogli li ha portati avanti, con libri, conferenze, interviste, gli ha procurato parecchi nemici.

Un anno fa, quaranta dirigenti della Cisl gli hanno indirizzato una durissima lettera di contestazione in cui parlavano di «bramosia di apparire ad ogni costo», «costante invasione di campi altrui» e «malcelato sentimento di superiorità morale e culturale». Per Bentivogli è stato l’ultimo segnale che indicava che la sua carriera sindacale era conclusa, che avrebbe dovuto portare avanti le sue idee di fiducia nel futuro e nei mercati da un’altra parte.

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