Sergio Mattarella inizia il suo discorso al teatro Toselli, a Cuneo, parlando delle formazioni partigiane di queste parti, le prime della Resistenza italiana, e lo conclude con un omaggio al «popolo serrato intorno al monumento che si chiama “ora e sempre Resistenza”».

Nel giorno della Festa della Liberazione, mentre migliaia di persone sfilano nelle piazze del paese – oltre 100mila a Milano, oltre 10mila a Roma, ma ci sono iniziative in molte altre città – queste parole suonano come un saluto al popolo che festeggia il 78esimo del 25 aprile in nome dell’antifascismo.

Nelle scorse settimane dal Quirinale era filtrata la preoccupazione di attenuare l’attesa per le parole di questa giornata molto particolare, il primo 25 aprile del primo governo di destra radicale. Certo, l’impatto in ogni caso era prevedibile.

Ma il discorso del presidente è monumentale. Archivia, seppellisce, spazza via il fiume di parole bugiarde che in questi scorsi giorni si è riversato sulla Resistenza da parte di due alte cariche dello stato, la premier Giorgia Meloni e il presidente del Senato Ignazio La Russa, che pure la mattina a Roma gli sono al fianco alla cerimonia ufficiale del 25 aprile.

«La Repubblica è fondata sulla Costituzione è figlia della lotta antifascista», dice Mattarella, «le Repubbliche partigiane furono anticipatrici della nostra Costituzione. È dalla Resistenza che vennero le scelte definitive per la stabilità del popolo italiano e del sistema democratico».

Nel giorno in cui la presidente Meloni consegna una lettera al Corriere della sera per fare professione di fedeltà ai valori democratici trasformando la giornata in una «festa della libertà» e citando il fascismo con il contagocce, e mai l’antifascismo (lui lo fa 21 volte), il presidente non poteva fare di meglio. Ma soprattutto non ha fatto niente di meno.

Lezione di storia

Mattarella corregge le falsificazioni storiche; non allude a nessuno e nessuna, non serve. È chiarissimo sin da quando parte da una citazione di Piero Calamandrei, padre costituente, giurista, uno dei pochi professori a non chiedere la tessera del Partito nazionale fascista. Usa le parole di Calamandrei a un gruppo di studenti, nel 1955: «Se volete andare in pellegrinaggio, nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati, dovunque è morto un italiano, per riscattare la libertà e la dignità: andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione».

È una lezione anche solo la piana spiegazione del luogo che quest’anno ha scelto per festeggiare la Liberazione: «È qui, a Cuneo, nella terra delle 34 medaglie d’oro al valor militare e dei 174 insigniti di medaglia d’argento, delle 228 medaglie di bronzo per la Resistenza, la terra dei dodicimila partigiani, dei duemila caduti in combattimento e delle duemilaseicento vittime delle stragi nazifasciste. È qui che la Repubblica oggi celebra le sue radici, celebra la festa della Liberazione».

Ancora più che una lezione di storia, stavolta impartisce una lezione integrale di cittadinanza nata dalla Resistenza che, dice, «fu anzitutto rivolta morale di patrioti contro il fascismo per affermare il riscatto nazionale». Cita i giovani partigiani, la vecchia generazione degli antifascisti, i soldati che rifiutarono di arruolarsi nella Repubblica sociale e di mettersi sotto il comando dei nazisti, e che pagarono questa scelta con l’internamento dei lager.

Per il presidente «il frutto del 25 aprile è la Costituzione», questa è la vera festa «della identità italiana, ritrovata e rifondata dopo il fascismo». E onorano la Resistenza «tutti coloro che adempiono, con coscienza, al proprio dovere pensando al futuro delle nuove generazioni», «i medici e gli operatori sanitari», «le donne e gli uomini che con il loro lavoro e il loro spirito di iniziativa rendono competitiva e solida l’economia italiana», «quanti non si sottraggono a concorrere alle spese pubbliche», «Il popolo del volontariato», «i giovani che, nel rispetto degli altri, si impegnano per la difesa dell’ambiente».

Non tralascia l’ispirazione europeista di Duccio Galimberti, medaglia d’oro al valore militare: «Il tema della difesa comune è, oggi, al centro delle preoccupazioni dell’Unione europea, in un continente ferito dall’aggressione della Federazione russa all’Ucraina». Sottolinea il valore della Carta: «Le costituzioni nascono in momenti straordinari della vita di una comunità, sulla base dei valori che questi momenti esprimono e che ne ispirano i principi». La maggioranza di governo, che vuole cambiare la Carta, e che vagheggia il semipresidenzialismo, è avvisata.

Difficile proseguire sulla strada dei distinguo. La premier, dopo la cerimonia ufficiale, si ritira in famiglia. Da Praga La Russa, stavolta ammette «il valore assoluto della Resistenza nel superare la dittatura e nel ridare all’Italia la democrazia».

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