Domani, 14 gennaio, è un passaggio importante. A dieci giorni dal primo voto per l’elezione del nuovo sapo dello stato il centrodestra si riunisce a Villa Grande.

Oggi i giornali raccontano che Matteo Salvini è in pressing: ha lanciato ieri una serie di messaggi al fondatore di Forza Italia. Lo ha fatto in prima persona ma soprattutto attraverso il capogruppo alla Camera, Riccardo Molinari, che ha detto: «Silvio Berlusconi è un candidato divisivo. Serve un piano B», come hanno raccontato Tommaso Ciriaco ed Emanuele Lauria su Repubblica.

Ma domani chi glielo spiegherà al Cav.? Davvero si convincerà a ritirarsi? Secondo Francesco Verderami del Corriere non è affatto detto che accada.

E se Silvio Berlusconi non vuole ritirarsi ma anzi scioglierà la riserva sulla sua candidatura, nessun leader del centrodestra potrà mettersi di traverso. Una volta spiegato e rispiegato il rischio di una impallinatura “alla Prodi”, toccherà al Cav decidere.

Se confermerà le sue intenzioni, i piani B devono restare nel cassetto o nelle strategie nascoste. È un’eventualità da considerare più realistica di quanto credano tanti commentatori oggi. Giovanna Vitale su Repubblica sostiene che al Pd hanno considerato «un fatto positivo» il pressing del capo della Lega.

«Berlusconi faccia un passo indietro», dice il dem Stefano Ceccanti. Vedremo. Fatto sta che Berlusconi candidato ufficiale del centrodestra potrebbe essere la prima vera mossa.

Dopodomani, sabato, toccherà alla segreteria del Pd fare la contromossa (anche se i dem saranno preceduti dai renziani). Quando la politica diventa un gioco stretto, le mosse sono tutto, ma i tempi delle mosse sono ancora più importanti.

Dunque per ora il calendario è così organizzato: venerdì riunione del centro destra a Villa Grande, la sera dello stesso giorno, alle 21.30, incontro da remoto dei parlamentari di Italia Viva, sabato direzione del Pd.

I Cinque stelle giocheranno di rimessa, come sempre è accaduto nell’ultimo periodo e com’è nello stile di Giuseppe Conte: difficile che stasera i gruppi riuniti di Camera e Senato partoriscano veti o decisioni definitive sui candidati.

E del resto rifugiarsi nella teorica richiesta a Sergio Mattarella di un secondo mandato può tenere insieme tutti o quasi.

Per D’Alema la soluzione è una donna

Lunga intervista di Massimo D’Alema oggi al manifesto, che offre una panoramica completa sui problemi globali. Sulla politica italiana D’Alema torna ad attaccare Mario Draghi, non tanto personalmente ma come espressione di un sistema che commissaria i partiti.

«Trovo davvero impressionante il “draghismo”, e cioè che uno stato di eccezione venga eletto a nuovo modello democratico. Vorrei che mi si indicasse un paese democratico al mondo in cui non si sa per chi vota il capo del governo».

Sul Quirinale aggiunge: «Sarebbe importante che le forze politiche si vincolassero ad avanzare ipotesi di candidature femminili». Nomi? Nessuno, «non sono nelle condizioni».

Franchi tiratori inSicilia

La prima vittima dell’elezione del successore di Sergio Mattarella è il presidente della regione Sicilia, Nello Musumeci. Ieri la designazione dei tre grandi elettori dell’isola è stata una sorpresa.

Primo è arrivato Gianfranco Miccichè di Forza Italia, secondo Nunzio Di Paola del M5s (votato anche dal Pd) mentre il presidente di regione ha avuto lo smacco di arrivare terzo.

Colpito dai franchi tiratori, che hanno fatto dunque il loro esordio. Ha detto in un video su Facebook: «Non posso non prendere atto dell'esito del voto espresso dall’aula e del suo significato politico. Se qualche deputato – vile e pavido – si fosse illuso, con la complicità del voto segreto, di aver fatto un dispetto alla mia persona, si dovrà ricredere». Giunta azzerata e governo della regione da ricostruire. Cominciamo bene.

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