«Giorgia Meloni non solo può, ma deve avere il ruolo della Merkel per spezzare lo stallo africano e stabilizzare i territori». La domanda ha il fascino sufficiente per rianimare lo stanco dibattito politico estivo: Meloni è la nuova Angela Merkel?

A tracciare la linea che unisce la premier alla cancelliera tedesca, in un’intervista a Libero di qualche giorno fa, non è stato un meloniano di stretta osservanza, ma Marco Minniti, cuore saldamente a sinistra, ex ministro dell’Interno del governo Gentiloni, ex viceministro, più volte sottosegretario (per ben due volte alla presidenza del Consiglio) oggi presidente della Fondazione Med-Or, creata da Leonardo nel 2021 «al fine di rafforzare i legami, gli scambi e i rapporti internazionali tra l’Italia e i paesi dell’area del Mediterraneo allargato fino al Sahel, Corno d’Africa e mar Rosso (“Med”) e del medio ed estremo oriente (“Or”)».

Il passo successivo è stato l’inevitabile gossip sul fatto che Minniti sia, insieme a Luciano Violante, uno dei grandi consiglieri occulti della presidente del Consiglio. Ma se sul secondo la voce è diventata nei mesi una certezza, sul primo, fonti interne ed esterne al governo assicurano che «Meloni e Minniti non si sono mai parlati».

Nessun sussurro all’orecchio della premier da parte dell’ex ministro. Il che non vuol dire che le sue idee, soprattutto quelle sul «Mediterraneo allargato», non siano apprezzate all’interno della maggioranza.

Al Med-Or Day che si è svolto pochi giorni fa a Roma, gli amministratori delegati di Leonardo e Fincantieri, Roberto Cingolani e Pierroberto Folgiero, si sono confrontati sul tema “Italia, Europa, Mediterraneo: per una nuova visione dell’interesse nazionale”. Presente in platea anche il ministro della Difesa, Guido Crosetto.

Che, insieme al sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giovanbattista Fazzolari, al ministro degli Esteri Antonio Tajani, all’amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi e al consigliere militare di Meloni, Franco Federici, compone una sorta di cabina di regia della politica estera italiana.

La conferenza

Di «misure concrete per la crescita e lo sviluppo del Mediterraneo allargato e l’Africa» si parlerà domani anche nella “Conferenza internazionale su sviluppo e migrazioni” organizzata dalla premier a Roma. Tra gli ospiti, come ha riferito Il Foglio, ci sarà la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen.

Ma, soprattutto, ci saranno il presidente tunisino Kais Saied, il primo ministro egiziano Mostafa Madbouly,  il presidente del Consiglio presidenziale libico Mohammed Yunis Ahmed al Menfi, il primo ministro dell‘Etiopia, Abiy Ahmed Ali.

Non è un segreto che, mentre in Italia la premier è inseguita dai fantasmi di Daniela Santanchè e Ignazio La Russa, all’estero le cose vanno decisamente meglio. La grazia a Patrick Zaki ma, soprattutto, l’accordo siglato a Tunisi il 16 luglio, sono due elementi che sembrano confermare l’idea secondo cui la premier, forte della nostra collocazione geografica, starebbe cercando di trasformare l’Italia nel collegamento tra l’Ue e il “Global South”. 

Il governo è sicuramente preoccupato da ciò che accade sulla riva meridionale del Mediterraneo. Da inizio gennaio al 21 luglio sono sbarcate nel nostro paese più di 83.000 persone. Ad agosto è presumibile che supereremo le 100mila. Una soglia psicologicamente “allarmante”, soprattutto se a governare è la maggioranza dei blocchi navali e dei porti chiusi. 

Meloni e i suoi sembrano aver capito che non basta essere cattivi per risolvere il problema. E la necessità di doversi confrontare con autocrati e generali potrebbe diventare un’opportunità. Basta impostare la discussione sulle giuste basi.

Che tradotto vuole dire: aiutare, soprattutto economicamente, quei paesi favorendone la stabilità. Dopotutto nel memorandum siglato a Tunisi la questione migratoria è relegata all’ultimo punto, mentre il primo tema è la «stabilità macroeconomica». E non va sottovalutato il fatto che a firmarlo siano state von der Leyen e Meloni.

Più forte in Europa

La Francia vive una situazione di tensione permanente ed Emmanuel Macron, vittorioso alle elezioni, non ha la maggioranza. In Germania la coalizione di governo è in caduta libera con Verdi e Spd nettamente superati, nei sondaggi, da Cdu e Afd.

In Spagna si voterà domenica e il futuro è tutto da scrivere. Per Meloni il momento è più che favorevole. In Italia non può esistere una maggioranza alternativa senza FdI, e la possibilità di minacciare lo scioglimento delle camere è un argomento ottimo per sopire qualsiasi polemica, il che garantisce una certa stabilità. 

Il rapporto con von der Leyen, poi, le lascia due strade aperte: se alle Europee del 2024 dovesse vincere il centrodestra la premier italiana ne farebbe parte di diritto come guida dei conservatori, se dovesse replicarsi la “maggioranza Ursula” Meloni potrebbe comunque ricordare che la presidente della Commissione si è mostrata una “buona amica” dell’Italia. Insomma, chiamatelo “Mattei”, chiamatelo come volete, ma forse, sull’Africa, la premier ha un piano.  

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