Nel giorno in cui si celebra la festa della liberazione, l’attenzione sulla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, è ai massimi livelli. Impegnata in un delicato processo di normalizzazione dell’eredità post-fascista del suo partito, la premier ha chiamato a raccolta ministri, presidenti di regione e dirigenti affinché partecipino alle celebrazioni per il 25 aprile ed evitino ulteriori polemiche.

Ma allo stesso tempo, Meloni si trova in difficoltà a rinnegare del tutto le radici del suo partito, a cui né i suoi colonnelli né lo zoccolo duro dei suoi elettori e militanti vogliono rinunciare. Avversari e alleati di oggi e di un tempo ne aprofittano per gettare sale nella ferita aperta di questa contraddizione, mentre alla presidente del Consiglio non resta che sperare che la giornata di oggi si chiuda in fretta e senza nuovi incidenti.

Accreditamento antifascista

Meloni questa mattina sarà con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella all’Altare della patria, dove deporrà una corona di fiori in onore dei caduti della Resistenza. Con l’unica eccezione del ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, in missione in Spagna, tutti gli altri ministri di Fratelli d’Italia parteciperanno alla festa in giro per il paese: da Cuneo, dove andranno il ministro della Difesa Guido Crosetto e quella del turismo Daniela Santanché, a Lecce, dove sarà presente quello degli Affari europei Raffaele Fitto.

La premier non ha in agenda discorsi al momento, ma l’eventuale assenza di commenti, in pubblico o sui social, sarà notata. Meloni dirà di essere antifascista? L’Anpi glielo chiede esplicitam ente. «Si compia una chiara e irreversibile dissociazione dalla storia e dalla cultura politica del Ventennio», ha chiesto Gianfranco Pagliarulo, presidente dell’associazione dei partigiani. Ma richieste simili arrivano anche dal campo amico. L’aspirante “padre nobile” della nuova destra conservatrice, Gianfranco Fini, ne ha parlato domenica: «Giorgia Meloni dica che libertà e uguaglianza sono valori democratici e antifascisti – ha detto n ella trasmissione televisiva In mezz’ora l’ex leader di An – Capisco la ritrosia a pronunciare questo aggettivo, ma non la giustifico». Ieri, un altro finiano, Filippo Rossi ha rincarato la dose: «Questa destra trova il filo conduttore solo nell'essere erede del mondo del Msi, del neo o post-fascismo».

Un partito diviso

Con i sondaggi che mostrano una prima flessione dei consensi per Fratelli d’Italia e una serie di scottanti questioni politiche sul tavolo, prima tra tutte i ritardi sul Pnrr, Meloni vuole evitare nuovi imbarazzi sul terreno delicato delle credenziali repubblicane del suo partito. Sono in molti a incoraggiarla in questa operazione e a cercare di proteggerla dallo scrutinio a cui è sottoposta in questi giorni. «Chiedere gli esami del sangue ogni giorno a Giorgia Meloni è sbagliato», ha detto ieri il coordinatore di Forza Italia Antonio Tajani, mentre per l’ex presidente della Camera Luciano Violante Meloni «è estranea al fascismo».

Fino ad ora, però, Meloni non ha potuto, o forse non volute, risolvere alla radice la questione, prendendo una posizione forte sull'antifascismo. Teme di non essere seguita dal partito, la cui macanza di entusiasmo per l’apparente taglio con il passato appare sempre più evidente. Meloni è riuscita a imporre al presidente del Senato, Ignazio La Russa, di presenziare alla cerimonia con Mattarella, ma non ha potuto evitare il suo viaggio a Praga, dove intende prestare omaggio alla tomba di Jan Palach, il dissidente antisovietico ceco, divenuto un’icona per l’estrema destra italiana.Se quello di La Russa sarà l’unico incidente nella giornata di oggi, Meloni potrà ritenersi fortunata. Ma viste le sue difficoltà nel pronunciare una chiara dichiarazione di antifascismo è probabile che i prossimi giorni saranno segnati da nuove polemiche che toglieranno al governo spazi ed energie per diffondere un messaggio più positivo sul suo operato.

Superata a sinistra

Bloccata nelle sue reticenze, Meloni in questi giorni ha finito con l’essere superata a sinistra persino dagli alleati leghisti. «Io mi sento pienamente antifascista», ha detto questa settimana il presidente della Camera Lorenzo Fontana, che pure in passato ha avuto numerose e documentate frequentazioni con gruppi di destra radicale, mentre il presidente della regione Veneto, Luca Zaia, ha definito il 25 aprile una «festa fondante». Il leader Matteo Salvini, che appare da tempo in una fase di debolezza, è tra i più tiepidi nei confronti delle celebrazioni, oltre ad essere uno dei pochi ministri che non prenderanno parte ad eventi pubblici. Oggi sarà in Brianza, per un tour elettorale nei comuni che andranno al voto il prossimo 14 e 15 maggio.

I leghisti hanno le loro ragioni interne al partito per giustificare affermazioni così forti, e tra queste smarcarsi dal leader Salvini non è secondaria. Ma le loro dichiarazioni hanno avuto l’effetto secondario di far risaltare ancora di più le ambiguità e la solitudine di Meloni.

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