Questo giovedì Giorgia Meloni chiarirà tutto. Alle ore 11 la premier affronterà i giornalisti durante la consueta conferenza stampa di fine anno. E dovrà rispondere alle domande che, complice l’influenza (la conferenza era originariamente in programma per il 21 dicembre) e la pausa natalizia, sono rimaste sospese. Su tutte quelle sul nuovo Patto di stabilità e sulla bocciatura della ratifica del Mes che il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha pubblicamente criticato e che tanti problemi rischia di creare alla maggioranza in Europa.

Meloni chiarirà tutto. Ma forse non c’è molto da chiarire. In questo momento il problema principale della premier si chiama Matteo Salvini. E non è un segreto. Il leader della Lega ha da tempo iniziato la sua campagna elettorale verso le europee. Meloni ha semplicemente deciso di non lasciargli vantaggi. Per questo, dopo essere stata costretta a dare il via libera alla riforma del Patto di stabilità, per allontanare da sé il sospetto di essere diventata troppo europeista, ha deciso di non procedere con la ratifica del Mes.

Difficile immaginare un comportamento diverso. La premier ha costruito il suo successo accreditandosi come rappresentante di forze politiche conservatrici fortemente critiche con l’attuale assetto dell’Ue fondato sull’asse franco-tedesco. Se il tuo album è pieno di foto sorridenti con Viktor Orbán, Santiago Abascal e Mateusz Morawiecki, non basta un’istantanea rubata con Olaf Scholz ed Emmanuel Macron per cambiare le cose.

Meloni, come lo scorpione della celebre favola, ha semplicemente mostrato qual è la sua natura. Che non è quella di Mario Draghi. Inutile tracciare parallelismi, ipotizzare linee ereditarie, cercare parallelismi. Sicuramente la leader di FdI si è mossa in continuità con chi l’ha preceduta su dossier importanti come la collocazione euro-atlantica e il sostegno all’Ucraina, ma erano scelte semplici. Altra cosa è quando bisogna occuparsi di temi che impattano maggiormente sugli umori del paese. Lì Meloni non può permettersi di distanziarsi troppo dalle aspettative della propria base elettorale dove un «me ne frego» ben pronunciato, può portare un aumento di consensi.

Ora il problema è se questa anima avrà il sopravvento con l’avvicinarsi delle elezioni di giugno. L’aver accettato di giocare con le regole di Salvini non è sicuramente incoraggiante. Anche perché il leader della Lega, dopo la vittoria sul Mes, ha capito che la sua strategia può portare dei risultati.

Calendario insidioso

Questo giovedì forse si capirà qualcosa di più di quale maschera Meloni vorrà indossare nei prossimi mesi: populista o governista? Europeista o sovranista? Ma al netto del dibattito sulla manovra, le vere insidie arriveranno a gennaio.

Il 10 il ministro della Difesa Guido Crosetto sarà alla Camera per comunicazioni sull’Ucraina nel merito del rifinanziamento degli aiuti a Kiev. Il 17 la premier risponderà, sempre a Montecitorio, al question time. Nel mezzo, il 15 e il 16 gennaio, si terranno le riunioni di Eurogruppo ed Ecofin. E per la prima volta il nostro governo dovrà spiegare, in un consesso ufficiale, la scelta fatta sul Mes (e forse anche subire le prime conseguenze di questa mossa). Sul fronte migratorio ci saranno poi le discussioni sul Piano Mattei – il decreto che istituisce la governance è stato approvato in prima lettura dal Senato – e sul disegno di legge di ratifica del trattato tra Italia e Albania.

Argomenti delicati su cui lo scontro con le opposizioni sarà sicuramente molto acceso. Ma molto più insidioso per la maggioranza, sarà l’arrivo in aula a palazzo Madama, del ddl sull’attuazione dell’autonomia differenziata collegato alla manovra. Un testo che quasi sicuramente riproporrà la sfida tra Lega e FdI.

Così come il Milleproroghe, provvedimento che normalmente viene approvato a fine anno e che allunga i tempi per norme e versamenti, sarà l’occasione per un regolamento di conti interno al centrodestra visto che dovrebbe occuparsi della proroga del Superbonus, poco gradita a Meloni e al ministro Giorgetti, su cui Forza Italia ha invece intenzione di dare battaglia.

Governo in manovra

Ma prima di arrivare a gennaio il governo deve chiudere il dossier manovra. La commissione Bilancio della Camera è convocata per stamattina. Le opposizioni hanno presentato oltre 1.000 emendamenti e sono pronte all’ostruzionismo.

Oggi alle 14 sarà presente anche Giorgetti. Pd, M5s, Italia viva e Azione ne avevano richiesto la presenza per interrogarlo su bocciatura del Mes e via libera al Patto di stabilità. Ma in realtà il ministro risponderà solo nel merito della legge di Bilancio, se i commissari vorranno – ha spiegato il sottosegretario Federico Freni – il ministro riferirà sul resto dopo la chiusura della sessione di bilancio.

I tempi sono abbastanza contingentati. La commissione concluderà i suoi lavori oggi alle 19 con il voto sul mandato ai relatori, Paolo Trancassini (FdI), Roberto Pella (FI) e Silvana Comaroli (Lega). Il testo arriverà in aula questo giovedì. Alle 13.30 inizierà la discussione generale. L’esame proseguirà anche il giorno successivo. Le dichiarazioni di voto avranno luogo dalle ore 17 di venerdì in diretta televisiva, il voto finale è previsto per le 19 e il governo ha annunciato che non metterà la fiducia. Insomma, tutto dovrebbe svolgersi senza troppi problemi, ma in questo periodo è difficile fare previsioni. E persino una banale conferenza stampa di fine anno può diventare un evento politico importante per il governo.

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