Le recenti incursioni di Elly Schlein a Stasera c’è Cattelan e di Giorgia Meloni a Viva Rai2! (Fiorello l’ha presentata come una imitatrice della premier), hanno riportato l’attenzione sul tema della evoluzione delle forme e dei tratti delle leadership moderne e della contaminazione fra politica e formati della comunicazione, di cui la cosiddetta “politica pop” rappresenta soltanto la più recente evoluzione.

Sino a metà degli anni Settanta fra la politica e la televisione, che grazie alle tribune politiche avevano iniziato a frequentarsi, era stata mantenuta una distanza di forme e linguaggi che sottolineava una chiara differenza di ruoli e di status. Una linea che poteva essere così riassunta: la politica e i suoi interpreti non facevano spettacolo e la televisione non interferiva con i formati della politica.

A partire dalla metà degli anni Settanta questa netta distinzione ha iniziato ad affievolirsi. La svolta è legata, da un lato, al ridursi del bacino di consenso dei partiti e della loro capacità di dialogare con le varie componenti dell’opinione pubblica. Dall’altra all’affermarsi di un’idea di programmazione televisiva differente, basata sull’intrattenimento e il soddisfacimento dei gusti del pubblico televisivo, che è l’elemento distintivo della nascente emittenza privata ma che, in seguito alla riforma del 1975, ha fatto breccia anche nella programmazione dell’ente pubblico.

È nato così un sodalizio che, nel tempo, ha visto i politici diventare ospiti di varietà e programmi di intrattenimento dove venivano esaltati gli elementi spettacolari delle loro personalità, allo stesso tempo la politica ha potuto usufruire di spazi inediti e occasioni di contatto con gli italiani o, meglio, con quel simulacro degli italiani che è il pubblico televisivo.

Gli inizi

La partecipazione di Giulio Andreotti a Bontà Loro nel 1977 e l’esibizione al pianoforte del ministro dell’Istruzione Mario Pedini ad Acquario l’anno successivo, segnano soltanto l’avvio di un percorso.

All’inizio degli anni Ottanta, nella rubrica Le ugole del palazzo curata dal decano dei giornalisti politici Guido Quaranta, all’interno della trasmissione Cipria condotta da Enzo Tortora su Rete 4 – all’epoca di proprietà di Mondadori – va in scena la trasformazione dell’homo politicus.

A inaugurare la rubrica è il socialdemocratico Pietro Longo che, come ricorderà il giornalista, «ripassò diligentemente il testo, fece accurati gargarismi e ricevette la troupe impettito come se fosse il tenore Francesco Tamagno», prima di esibirsi in La via en rose, accompagnato al piano dalla figlia.  

A seguire c’è chi, in onore delle sue origini, canta Ma se ghe pensu sotto la lanterna di Genova, chi intona Con le pinne il fucile e gli occhiali in muta da sub e, addirittura, chi si lancia col paracadute intonando Nel blu dipinto di blu. Si tratta, per il momento, di politici di seconda fila ma in beve tempo il fenomeno si estende. Come dimenticare Umberto Bossi, all’epoca indipendentista, che recita in napoletano A livella sotto lo sguardo vigile di Massimo Ranieri, Giuliano Amato che palleggia a tennis nel salotto di Porta a Porta, Matteo Renzi con il giubbotto alla Fonzie nel salotto di Maria De Filippi, sino a Pier Luigi Bersani e Gianfranco Fini che leggono la lista delle 10 cose di sinistra e di destra sul palco di Vieni via con me condotto da Fabio Fazio.

Un lungo percorso di trasfigurazione del leader politico che, oltre a non pochi momenti imbarazzanti, annovera anche passi falsi e clamorosi incidenti. Fra i primi la registrazione amatoriale del risotto cucinato da Massimo D’Alema, allora presidente della commissione parlamentare bicamerale per le Riforme istituzionali, realizzata dalla producer televisiva Simona Ercolani, moglie del suo portavoce Fabrizio Rondolino, trasmessa a Porta a Porta al cospetto di un Bruno Vespa gongolante.

Fra gli epic fail, il cagnetto Empy regalato da Daria Bignardi, nel corso di una puntata delle Invasioni barbariche a un esterrefatto Mario Monti, tappa della strategia simpatia ideata dal consulente americano David Axelrod, arruolato da Scelta civica dopo i successi delle campagne di Barack Obama.

Da un certo punto in poi i politici hanno iniziato a pensare che fosse importante risultare simpatici, mostrarsi alla mano, rivelare parte della loro vita privata e personale. Aspetti che non erano mai stati considerati rilevanti non solo dai grandi leader pre televisivi, ma nemmeno da personaggi quali Enrico Berlinguer, Aldo Moro e Bettino Craxi, che invece la televisione avevano iniziato a frequentarla.

È l’inizio di un processo di trasformazione, non solo italiano, dei tratti e delle caratteristiche delle moderne leadership che passano da un profilo di serietà, autorevolezza, prestigio e in alcuni casi anche forza, al modello del leader seduttivo e di fascino i cui epigoni in ambito internazionale sono stati John Kennedy, Valéry Giscard d’Estaing, Olof Palme, Helmut Schmidt.

Trasfigurare sé stessi

Tornando alla scena italiana e alle recenti esibizioni delle due leader nostrane, al di là di una loro apparente similitudine, sono a ben vedere differenti. La presidente del Consiglio che interviene a sorpresa in un popolare programma di intrattenimento, per di più facendo finta di imitare sé stessa e rivelando così una componente autoironica, è una delle tante forme di travisamento di un leader che, per un momento, esce dal suo ruolo istituzionale, dalla sua figura e si concede al pubblico. Una operazione simpatia, appunto, per dire “guardate quanto sono alla mano e come voi”, messa in atto con la complicità della televisione e dei suoi protagonisti, secondo le più classiche regole della politica pop.  

Nella apparizione a Stasera c’è Cattelan, conclusa con l’esibizione al pianoforte, Schlein è apparsa quasi più a suo agio che nei panni della leader politica. La sua novità, rispetto ai tre principali leader che negli ultimi anni hanno marcato un netto cambio generazionale nella politica italiana, è che quando Renzi, Matteo Salvini e Meloni sono giunti a ricoprire incarichi nazionali e di un certo rilievo, avevano tutti una lunga carriera politica alle spalle, che rappresentava la cifra preponderante della loro figura pubblica. Anche Schlein è stata europarlamentare e vicepresidente della regione Emilia-Romagna, ma l’altra sera più che un politico che fa la persona comune, sembrava una persona comune impegnata in politica. Una differenza non da poco.

L’impressione – perché a un mese dalla sua elezione a segretaria del Pd più che di impressione non si può parlare –  è che la novità politica rappresentata da Schlein, per programma, modalità, rottura generazionale, coincida con la forma, con la sua biografia. Che prima di essere quella di una politica in carriera è quella di una giovane donna, che faceva i gruppi di ascolto per Sanremo, si è divertita con la satira politica, ha passato la fase delle birrette all’università, ha appena finito l’ultimo livello di Assassin’s Creed e si dichiara una nerd degli anni ‘90.

Allargando lo sguardo con occhio bipartisan alla non esigua schiera di giovani donne emerse negli ultimi anni sulla scena politico-mediatica, da Maria Elena Boschi a Alessandra Moretti, da Laura Ravetto a Lara Comi, da Nunzia De Girolamo a Licia Ronzulli, sino a Stefania Prestigiacomo e Mara Carfagna, la novità e la frattura rappresentate da Schlein appaiono evidenti.  

Un punto di forza

Semplicità, naturalezza, novità sono alcuni dei tratti caratterizzanti della sua immagine. Se riuscirà ad attenuare una componente un po’ concitata e ansiogena del suo eloquio, potranno emergere ulteriormente.

Quando la forma, l’immagine di un leader, incarna e esprime i suoi contenuti, la sua politica, il suo progetto, questo rappresenta un punto di forza. Si pensi alla potenza e al successo del connubio corpo-politica messo in atto da Silvio Berlusconi.

Se tutto questo sia il preludio di una leadership forte e di successo dipenderà da molte variabili, prima di tutto politiche. Ma chi si occupa dei modelli di leadership e della trasformazione delle sue forme non può fare a meno di rilevare che Schlein si propone come una tipologia di leadership nuova, potenzialmente dirompente.

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