La premier Giorgia Meloni è arrivata in Libano in uno dei giorni più tesi dall’inizio del conflitto tra Israele e Hamas, iniziato lo scorso 7 ottobre e presto allargatosi al confine nord israeliano. Per tutta la notte e la mattinata del 27 marzo i miliziani di Hezbollah e l’esercito di Tel Aviv si sono lanciati razzi con un’intensità che non si vedeva da diverse settimane. Il bilancio è di sei vittime nel sud del Libano.

La cosa non ha fermato il viaggio di Meloni. Che ha deciso di confermare la sua prima visita di stato in Libano da quando è in carica, nonostante un’agenda non molto fitta che prevede un ritorno a Roma nella giornata del 28 marzo.

L’evento principale è l’incontro al Grand Sérail, così è chiamato il palazzo di governo libanese, con il primo ministro Najib Miqati, a cui ha fatto seguito una cena informale. Miqati era stato ospitato un anno fa a palazzo Chigi. Ma l’ultimo incontro con la premier risaliva alla Cop28 che si è tenuta a Dubai a novembre.

Per domani è invece prevista la visita della presidente del Consiglio al contingente italiano di stanza in Libano nella base “Millevoi” a Shama. Una visita inizialmente programmata a dicembre ma slittata per motivi di salute.

A Shama Meloni farà gli auguri per le festività pasquali ai militari italiani dispiegati nell’ambito della missione Unifil delle Nazioni unite (in corso dal 2006) e di quella bilaterale Mibil con la quale vengono addestrate le forze armate libanesi. Anche per questo 2024 il Consiglio dei ministri ha deliberato, lo scorso 26 febbraio, la proroga delle due missioni, garantendo anche i finanziamenti necessari (Mibil costa circa 12 milioni di euro l’anno).

Migranti

Argomento principale sul tavolo della visita è stato il conflitto mediorientale. Con la tregua da raggiungere, come deciso dalla risoluzione dell’Onu, e la necessità di evitare l’allargamento con gli stati confinanti. L’incontro però è stato anche l’occasione per discutere di nuove politiche di contrasto ai flussi migratori irregolari e per proporre soluzioni all’emergenza rifugiati in corso nel paese. Il Libano ospita circa 1,5 milioni di profughi siriani a cui si sommano 489mila profughi palestinesi ed è uno dei paesi con il più alto numero di rifugiati rispetto alla sua estensione territoriale.

Su questo fronte si starebbe muovendo anche la Commissione europea che starebbe studiando un accordo di natura economica da firmare con il governo libanese sulla scia di quelli già firmati con Tunisia, Mauritania ed Egitto. Tutti, tranne quello con la Mauritania, hanno visto la presenza fissa di Meloni e Ursula von der Leyen. Indipendentemente dall’efficacia (al momento poca) degli accordi e con un occhio ben chiuso sulle tutela dei diritti umani, è chiaro che la premier e la presidente della Commissione Ue hanno utilizzato queste occasioni per cementare il loro rapporto.

Non solo, Meloni vuole dimostrare, in questo modo, la propria affidabilità e, soprattutto, marcare le distanze da Matteo Salvini, che finora ha impostato la sua campagna elettorale in vista delle europee come un attacco a von der Leyen e ai suoi alleati.

Per la premier il viaggio in Libano è stato quindi un modo per proporsi, ancora una volta, come l’unica interlocutrice dei paesi del bacino del Mediterraneo, ma anche per “evadere” dalle polemiche di casa propria: dalle inchieste che coinvolgono la ministra del Turismo, Daniela Santanchè, alle tensioni con il leader della Lega.

E forse non è un caso che, dopo l’attacco ricevuto da Marine Le Pen durante la convention a Roma di Identità e democrazia, il gruppo di cui fanno parte i leghisti all’Europarlamento, la premier abbia voluto mettere un po’ di distanza tra sé ed Emmanuel Macron. «Non ho condiviso le sue parole sull’Ucraina, l’ho detto anche a lui e sono anche io convinta che si debba fare attenzione ai toni che si usano. Questo non vuol dire che non si debba fare ciò che è giusto fare», ha detto intervistata da Fuori dal coro.

Poi, dopo aver aggiunto che «se non molliamo costringiamo Putin a sedersi a un tavolo delle trattative per cercare una pace giusta», la premier ha rivendicato i risultati in tema di immigrazione: «I risultati arrivano, anche se c’è chi rema contro, come la magistratura politicizzata. L’Italia è stata protagonista di una serie di iniziative innovative sulle quali piano piano abbiamo portato dietro anche gli altri paesi europei». Ha strizzato l’occhio all’elettorato No-vax («quella delle vittime degli effetti avversi dei vaccini anti Covid è una materia su cui mi sono confrontata con il ministro Schillaci per chiedere che ci sia la massima disponibilità del governo per andare in fondo, capire e assumersi le responsabilità da parte dello stato italiano»). Quindi ha ribadito un concetto già espresso: «Gli italiani non dovranno mai chiedermi di fare un passo indietro. Questo lavoro lo faccio per loro e quindi quando non dovessi più avere il loro consenso sarò contenta di farmi da parte».

Accordo europeo?

Insomma la strategia sulle migrazioni sembra essere il biglietto da visita con cui Meloni vuole presentarsi in Europa. Nel caso del Libano il piano è quello di evitare che i rifugiati siriani viaggino verso Cipro (a marzo sono arrivati 533 migranti, rispetto ai 36 del 2023), avamposto dell’Unione europea che dista “solo” 160 chilometri.

Ad annunciare un possibile accordo tra Bruxelles e Beirut è stato il vicepresidente della Commissione europea, Margaritis Schinas, nella sua visita a Cipro dello scorso 22 marzo. Le regole potrebbero essere simili a quelle fissate con l’Egitto: «Abbiamo lavorato a lungo con l’Egitto, ma ritengo che sia assolutamente realistico procedere allo stesso modo con il Libano».

Il Libano si trova da anni in un contesto economico molto difficile, con le casse pubbliche al limite del collasso, uno scenario politico interno sempre sull’orlo del conflitto civile e un panorama geopolitico internazionale ancora più delicato dopo l’inizio del conflitto mediorientale.

La sua stabilizzazione è cruciale per l’Unione europea sia per mantenere gli attuali equilibri nella regione, sia per evitare che 1,5 milioni di profughi si imbarchino verso le sue coste.

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