«È stata una sgrammaticatura istituzionale, ma l’ha risolta lui». La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, a tre giorni di distanza dal caso La Russa, interviene e prova a chiudere la questione. La settimana scorsa il presidente del Senato Ignazio La Russa ha definito una «pagina non tra le più gloriose» l’attacco partigiano a un gruppo nazista in via Rasella nel 1943, aggiungendo che secondo lui la resistenza aveva colpito «una banda musicale di semi pensionati altoatesini».

I retroscena davano Meloni «furiosa», la presidente del Consiglio direttamente interpellata in parte ha ammesso pubblicamente l’errore, in parte ha ridimensionato la questione. Le cose dette «le ha commentate lui, ha anche chiesto scusa», ha aggiunto rispondendo a Piazzapulita a margine di Vinitaly, il salone internazionale di vino e distillati.

L’Anpi ha ricordato a La Russa che gli uomini colpiti dalla Resistenza erano membri del terzo battaglione del Polizeiregiment, e non musicisti. I nazisti hanno risposto all’attacco con l’eccidio delle Fosse Ardeatine: per vendicare i 32 uomini uccisi ne hanno trucidati 335 per rappresaglia.

La prima a ricevere le critiche per la ricostruzione degli eventi era stata la stessa Meloni, che riguardo l’eccidio delle Fosse Ardeatine aveva commentato che le vittime dei nazisti erano state «uccise perché italiane», senza menzionare l’antifascismo. Il presidente del Senato ha aggiunto che tra queste vittime «statisticamente» anzi potrebbero esserci stati anche i fascisti.

La Russa si è scusato domenica per il suo intervento, ma ha continuato a ripetere la storia delle bande musicali: «Fatte salve le persone che hanno commentato pretestuosamente e in prevenuta malafede, voglio invece scusarmi con chi anche in forza di resoconti imprecisi abbia comunque trovato motivi di sentirsi offeso».

E ha aggiunto di aver «sbagliato a non sottolineare che i tedeschi uccisi in via Rasella fossero soldati nazisti, ma credevo che fosse ovvio e scontato oltre che notorio». Dal canto suo ha ancora dubbi: «Non so poi se effettivamente è errata la notizia, più volte pubblicata e da me presa per buona, che i riservisti altoatesini inquadrati nella Polizia tedesca facessero anche parte della banda militare del corpo». Per Meloni bene così.

Opera d’arte e flashmob

Questi continui tentativi di dare un nuovo volto alla storia, stanno agitando l’opinione pubblica, al punto che oggi proprio a via Rasella ci sarà un flashmob promosso da alcuni consiglieri di centrosinistra del Lazio per chiedere le dimissioni di La Russa. Sulla via all’alba è comparsa un’opera di street art firmata da Laika dal titolo “DIMISSIONI!”.

Il poster raffigura un soldato nazista che suona un trombone dal quale esce appunto la parola «dimissioni!». «È inammissibile che la seconda carica dello stato si permetta di fare affermazioni del genere: è un becero tentativo di revisionismo storico», ha detto l’artista.

«Non c'è spazio per i fascisti in questo paese, tantomeno al governo. Il presidente la Russa non è degno di rappresentare quella carica: dovrebbe dimettersi e studiare bene la storia». Ha aggiunto che il poster è dedicato a Marisa Musu, partigiana, gappista, che quel 23 marzo del 1944 era presente a via Rasella, e “ai nostri nonni” che hanno sacrificato la vita per un paese democratico.

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