La presidente del Consiglio Giorgia Meloni continua a occupare caselle, con gli uomini che ha e con quelli che non ha. Da una parte il Consiglio dei ministri ha avviato l’iter per la nomina di Fabio Panetta a governatore di Bankitalia. Meloni ha provato tutto per averlo ministro dell’Economia, lo considera infatti un tecnico capace e vicino alla destra. Panetta ha resistito alle lusinghe (arrivate anche dal presidente Sergio Mattarella) di diventare capo del Mef e realizzerà la sua grande ambizione, quella di prendere il posto dell’uscente Ignazio Visco.

Sempre ieri, dopo settimane di attesa, le presidente ha deciso di mettere sul commissario per la ricostruzione post alluvione il cappello di alpino del generale Francesco Paolo Figliuolo. Una scelta meno scontata rispetto a quella di Bankitalia. In questo caso infatti l’ex super commissario al Covid è diventato celebre per essere stato nominato dall’allora presidente del Consiglio Mario Draghi. Sub commissari saranno i tre presidenti di Emilia Romagna, Marche e Toscana.

La selezione del nuovo eroe è stata dura e costellata di polemiche. Tra i nomi in lizza a destra (dopo il tramonto della candidatura più scontata del presidente della Regione Stefano Bonaccini) c’era anche Guido Bertolaso, ex capo della protezione civile adesso assessore al welfare in Lombardia. Una scelta che avrebbe lasciato un buco nella regione a guida Lega.

Figliuolo, alpino con tre lauree, rispettivamente in scienze politiche, scienze strategiche e scienze internazionali e diplomatiche, si occupa di tutte le operazioni militari «in ambito nazionale e internazionale condotte nei cinque domini: terra, mare, cielo, spazio e cyber». Un ruolo che, confermano a Domani dal Covi, manterrà. E che, aggiungono i detrattori in ambito militare, non c’entra nulla con quello che serve per la ricostruzione: gestione di appalti, coordinamento di imprese, monitoraggio dello stato di attuazione dei progetti.

Il rapporto con Bonaccini

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Il primo commento piccato del Pd, che sperava nella nomina di Bonaccini, è arrivato dalla consigliera emiliana dei dem Ottavia Soncini. «Quarantuno giorni di ritardo inspiegabile per nominare come commissario in Romagna il generale Figliuolo, la stessa figura che venne già indicata da Mario Draghi durante la pandemia. Questa è l'efficienza del governo Meloni».

Il presidente tuttavia preferisce mantenere buoni rapporti: «Hanno lavorato bene insieme», ricordano dalla regione. Esemplare la volta in cui Bonaccini ha aiutato il super commissario a salvare 400.000 vaccini Moderna messi a rischio da un guasto meccanico del camion che li trasportava. Figliuolo gli rese un pubblico ringraziamento.

La collaborazione tra commissario e presidente della regione, e tra l’altro, della conferenza delle regioni, è andata avanti senza intoppi. Sulla carta Meloni non ha lasciato spazio agli avversari politici, in realtà i “sub” puntano a un ruolo di primo piano. Indipendentemente dal decreto, sulla concreta durata di questa (ennesima) super nomina commissariale nessuno si esprime. Che il generale punti a un’ascesa non è un mistero.

Nella autobiografia di Figliuolo scritta con Beppe Severgnini Un italiano, l’alpino racconta che «la settimana prima della mia nomina a Commissario (Covid, ndr) è stato nominato il capo di stato maggiore dell’Esercito: io ero nella lista ristretta», una delusione che gli aveva fatto pensare di lasciare perdere tutto e «fare un po’ di attività in montagna». Se questo nuovo compito gli sbarrerà la strada o lo aiuterà si vedrà. Figliuolo dicono sia un ottimista: «Il tempo è galantuomo. Come gli alpini». E il tempo delle nomine è un eterno ritorno.

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