Meno voti di fiducia per salvaguardare le prerogative dei parlamentari. Quasi un mese fa, esattamente il 20 gennaio, la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, prometteva al presidente della Camera, Lorenzo Fontana, una maggiore attenzione nei confronti dei deputati, garantendo loro la possibilità di intervenire sui provvedimenti senza doversi piegare alla tagliola del voto di fiducia. Alla prova dei fatti il governo continua a blindare i testi mortificando il dibattito in aula.

Giravolta di FdI

Come ci si aspettava il ministro dei Rapporti con il parlamento, Luca Ciriani, ha annunciato – per la settima volta dal giuramento del governo – l’apposizione della questione di fiducia sul decreto Carburanti. A inizio settimana è passato, sempre con la stessa modalità, il decreto Ong (decreto Flussi la denominazione ufficiale). La sequenza, tuttavia, è destinata a proseguire. Il Milleproroghe, approvato al Senato, sarà quasi sicuramente blindato la prossima settimana a Montecitorio.

Si profila dunque l’ottava fiducia dalla nascita dell’esecutivo, con la media di due al mese, in perfetta continuità con quanto fatto dai predecessori di Meloni a palazzo Chigi, quando la leader di FdI parlava di parlamento calpestato. 

Peggio di lei ha fatto solo Mario Draghi, che però doveva fare i conti con una coalizione molto eterogenea. «Travestirsi da capo ultras era più semplice», dice Marco Furfaro, deputato del Partito democratico. Quando Fratelli d’Italia era all’opposizione, aggiunge il parlamentare del Pd, «ha definito i voti di fiducia una “scelta drammatica”, una “vergogna”, una “mortificazione del parlamento”, una “deriva democratica”. Oggi ne abusa nonostante una maggioranza schiacciante dal punto di vista numerico».

Eppure nel centrodestra c’è chi vede un cambio di passo. «L’esame del Milleproroghe ha rappresentato un esercizio di democrazia, un esercizio di centralità del parlamento e un ritorno al dibattito», ha detto il senatore di FdI, Guido Liris, proprio mentre nell’altro ramo del parlamento si faceva l’esatto contrario.

La prospettiva è quella di un ulteriore incremento. Lo stesso decreto Ong che ha ottenuto il via libera dalla Camera, deve essere licenziato speditamente dal Senato entro fine mese per scongiurarne la decadenza. Al momento il ricorso al voto di fiducia è comunque solo un’ipotesi. Sarebbe la nona volta, da fine ottobre, o meglio dalla seconda metà di dicembre, quando sono arrivati in aula i primi provvedimenti varati nel Consiglio dei ministri.

Forzature alla Camera

Il paradosso è che il governo sta chiedendo con maggiore frequenza la fiducia a Montecitorio, laddove la maggioranza è più ampia dal punto di vista numerico. È già accaduto cinque volte, conteggiando l’ultima del decreto Carburanti, la sesta dovrebbe essere il Milleproroghe. Il primo caso risale alla legge di Bilancio, seguito dal decreto Rave, che ha visto addirittura l’applicazione della ghigliottina per tagliare i tempi del confronto in aula. Al ritorno dopo le vacanze di Natale c’è stata la blindatura del decreto Aiuti quater. Un comportamento che aveva suscitato malumori nella stessa maggioranza, portando così all’incontro di gennaio tra Fontana e Meloni. La tregua è però durata giusto qualche settimana, come evidenziano le cronache degli ultimi giorni.

Peraltro la motivazione di questo approccio non è legato all’ostruzionismo delle minoranze. Anzi. Sul decreto Carburanti si è evidenziata una spaccatura nella maggioranza sulle misure di trasparenza prescritte ai benzinai. Il deputato di Forza Italia, Luca Squeri, che ha portato avanti la battaglia per il suo partito, ha ritirato gli emendamenti non condivisi da Fratelli d’Italia.

Ma non ha rinunciato a ricordare che «Forza Italia ha espresso più volte, nelle riunioni di maggioranza e nei vertici con il governo, la contrarietà alla previsione del decreto che impone ai distributori di carburanti l’esposizione e l’aggiornamento quotidiano del cartello con i prezzi medi regionali».

Per quanto riguarda il Milleproroghe, invece, i problemi sono stati causati dalle continue modifiche al testo che hanno rallentato l’esame a palazzo Madama. «Il governo è troppo diviso ed è costretto a rifugiarsi nel voto di fiducia per tenere insieme una maggioranza» osserva Luca Pastorino, deputato iscritto nel gruppo Misto. Da qui l’appello: «È necessario un radicale cambio di approccio, a cominciare dalla riduzione del numero di decreti varati dal governo».

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