Basta chiudere una strada per bloccare mezza Calabria. La statale Jonio Tirreno è l’unica via di comunicazione da Est a Ovest in provincia di Reggio. Va da Gioiosa Jonica a Rosarno, dalla Locride alla Piana di Gioia Tauro. Quaranta brevi chilometri sotto l’Aspromonte e le Serre, tra viadotti e gallerie. Si percorrono in mezz’ora. Ma se viene chiusa, più di 300 mila persone rimangono separate tra la zona Est e Ovest della provincia.

Chiuderà per almeno 20 mesi a partire da dicembre 2023. La decisione è stata presa dall’Anas, che però non l’ha annunciata né ha specificato le motivazioni di un intervento che creerà disagi enormi. Il presidente regionale Roberto Occhiuto ha parlato di «urgenti lavori di ristrutturazione».

Un paradosso tutto meridionale: da qualche mese si parla della ripresa dei lavori del ponte sullo Stretto annunciata con orgoglio dal ministro Matteo Salvini. Si annunciano grandi opere domani, e si crea un gigantesco disagio oggi. È già successo con l’antico e abortito Quinto centro siderurgico, con la Liquichimica di Saline Joniche, con un lungo elenco di opere messianiche alla fine rivelatisi mostri mangia (o distribuisci) soldi. I giornali locali commentano la chiusura della Jonio Tirreno con ironia, i sindaci protestano. I media nazionali tacciono.

I disagi

I disagi saranno tutti dei poveri utenti/contribuenti: 120 mila abitanti nella Locride, 150 mila nella Piana di Gioia Tauro, più l’entroterra. La chiusura della Jonio Tirreno bloccherà il collegamento degli ospedali “hub and spoke” di Locri e Polistena, renderà complicato per centinaia di migliaia di calabresi che lavorano a nord prendere un’alta velocità. La Locride, è già tagliata fuori da tutte le vie di comunicazione: l’aeroporto di Lamezia è a un centinaio di chilometri, quello di Reggio Calabria in pratica è inesistente; l’autostrada Salerno-Reggio, la linea ferroviaria dell’Alta Velocità si trovano sul Tirreno.

Le rassicurazioni di Occhiuto («Ho già attivato i miei collaboratori affinché intervengano su Trenitalia per potenziare i collegamenti») hanno un sapore di ironia (si spera) involontaria: muoversi da Rosarno e Gioiosa Jonica in treno vuol dire fare il giro da Lamezia (un tragitto di 150 chilometri) o da Reggio (200 chilometri), con tempi di percorrenza tra le 3 e le 5 ore, visto che sul litorale jonico c'è solo una linea a binario singolo non elettrificata, costruita nell’Ottocento, e citata nel Gattopardo nel capitolo sulla morte di Don Fabrizio.

Andare da Gioiosa Jonica a Rosarno attraversando l’Appennino vuol dire sobbarcarsi ore di viaggio su strade borboniche come quelle che uniscono Monasterace a Pizzo, o Locri a Gioia Tauro; ci sono cartelli che segnalano Taurianova con l’antico nome di Radicèna. Statali e provinciali che attraversano Serre e Aspromonte tra asfalti crepati dal gelo, rami caduti, curve a gomito a mille metri di altitudine. Paesaggisticamente magnifiche, questo sì. E perfettamente impraticabili.

La Jonio Tirreno non è un lusso, ma una necessità. 38 chilometri, da Rosarno a Gioiosa, il terzo viadotto più lungo d’Italia, la galleria Limina, lunga tre chilometri e mezzo, è stata progettata negli anni ’70 e aperta nel ’90, tra falde acquifere impreviste, immancabili interferenze malavitose, in certi periodi i cantieri sono stati presidiati dai Carabinieri. Un giornale locale della Locride, la Riviera, in prima linea contro la chiusura della strada, ha raccontato che il progetto di una variante alla galleria principale era stato presentato anni fa. I lavori non sono mai iniziati. La Cgil calabrese ha proposto cantieri mobili e notturni, senso di marcia alternato per i momenti più complessi dei lavori. Ieri una riunione dei sindaci interessati con l’Anas non ha avuto esiti. Se la situazione è così catastrofica come l’Anas la dipinge perché non si è intervenuto prima? La sindaca di Siderno, Mariateresa Fragomeni ha scritto una lettera aperta: «Ci mostrino i dati, i carotaggi, le misurazioni sulle quali si afferma che va messa in sicurezza quella galleria e che non è possibile farlo lavorando su chiusure notturne o su altre alternative. Pretendiamo risposte».

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