A sorpresa sui migranti sono tutti d’accordo: nessuno li vuole. Il presidente del Consiglio, Mario Draghi, relazionando in Aula alla Camera, ha anticipato che l’Italia spingerà per avere l’appoggio di tutta l’Unione europea nella redistribuzione degli arrivi. La maggioranza, dalla Lega al Pd, ha presentato una risoluzione che non interviene sui salvataggi, ma chiede di bloccare il più possibile gli sbarchi, nonostante continui a emergere che le condizioni nei paesi di transito e di partenza, come la Libia, siano disumane.

La gestione europea

Domani e dopodomani ci sarà il Consiglio europeo, il tema delle migrazioni «torna ad essere in agenda al Consiglio Europeo su precisa richiesta dell’Italia» ha detto Draghi. La gestione dei flussi, ha proseguito, «non può essere soltanto italiana. Deve essere davvero europea».
Per l'esecutivo occorre un impegno comune che serva a contenere i flussi di immigrazione illegali: «E penso ovviamente in particolare alla Libia», il controllo della frontiera esterna dell’Unione «può essere la base per un piano più ampio che comprenda anche il tema dei ricollocamenti».
Se da una parte il premier ha tenuto a sottolineare che c’è convergenza sull’esigenza di superare il Regolamento di Dublino che prevede che i migranti vengano accolti nello stato di primo approdo («Si tratta di una convenzione concepita in una diversa fase storica, adatta a gestire numeri contenuti») ha aggiunto che «c’è ancora molto lavoro da fare».

Così intanto si cerca la collaborazione di Libia e Tunisia: «Ho discusso anche di questo durante gli incontri avvenuti nelle ultime settimane con il primo ministro libico Dabaiba e il Presidente della Repubblica tunisina, Kaïs Saïeddai, dai quali ho ricevuto riscontri positivi», nonostante Medici senza frontiere abbia denunciato fino a ieri le condizioni disumane dei centri libici.
L’Europa cercherà di lavorare con l’Unhcr: «La maggioranza dei paesi membri sembra essere sensibile all’esigenza di una più stretta collaborazione tra l’UE e l’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati e l’Organizzazione Internazionale per la Migrazione riguardo a tutte le rotte migratorie».

Draghi ha accusato una mancanza di attenzione per il Mediterraneo da parte dell’Unione: «Oggi è privilegiata soprattutto la rotta orientale, sul piano giuridico e finanziario».
Oltre alla gestione dei delicati rapporti con la Russia, Draghi ha anticipato che nelle Conclusioni del Consiglio Europeo sono previsti riferimenti alle crisi nel Sahel e in Etiopia: «La stabilizzazione del Sahel rappresenta una priorità per l’Italia», e ha ricordato la nomina, il 21 giugno, della deputata ex vice ministra Emanuela Claudia Del Re come Rappresentante Speciale dell’UE per il Sahel.

La risoluzione

Al discorso di Draghi è seguita la risoluzione della maggioranza, che è riuscita a trovare d’accordo tutti i gruppi che sostengono il governo. Il testo chiede una maggiore solidarietà nei confronti degli Stati membri di primo ingresso – perciò verso l’Italia in primis -, quindi di trovare finanziamenti adeguati per «promuovere una politica migratoria comune dell’Unione europea, che sia parte integrante dell’azione esterna dell’UE e a contrastare, anche con strumenti finanziari adeguati, tutte le rotte della migrazione illegale e il traffico di esseri umani, con un’attenzione particolare al mar Mediterraneo». Finora si è parlato soprattutto di finanziamenti alla Turchia per il controllo della rotta dell’Egeo.

Se da una parte si riconosce la necessità di rafforzare i corridoi umanitari per i rifugiati, per i deputati bisogna proseguire con la strategia «per i rimpatri volontari, nel rispetto delle convenzioni internazionali a tutela dei diritti umani» e si conferma la necessità di incrementare i rapporti internazionali con «priorità dunque a Nord Africa, Sahel, Corno d’Africa per affrontare le cause dei flussi migratori e ridurli».

Per gli arrivi invece torna Dublino e la richiesta è chiara: «Superare l’attuale disciplina della gestione dei flussi migratori, basata su uno strumento, il Regolamento di Dublino, non più efficace e inadatto a gestire in maniera solidale i flussi in arrivo che riguardano un ristretto numero di Paesi UE, a partire dall’Italia» e soprattutto «l’iniquo principio dello stato di primo approdo, sia mantenuto nel nuovo quadro europeo per la migrazione e l’asilo attualmente in discussione».

Nella consapevolezza che non accadrà domani, e allora bisogna pensare a come gestire i salvataggi: «Con riguardo alle operazioni di salvataggio in mare (SAR), lavorare per un cambio di prospettiva che miri a realizzare una politica europea per i corridoi umanitari», intensificando gli sforzi per contrastare le reti di trafficanti di esseri umani «in modo da assicurare una gestione controllata e legale delle partenze nel Mediterraneo verso il territorio Ue e garantendo il rispetto delle convenzioni internazionali sul soccorso in mare e la piena funzionalità ed operatività dei dispositivi di soccorso marittimo europei». Una richiesta che di fatto non parla di migliorare o cambiare gli strumenti fino a qui fallimentari.

In premessa un passaggio sulle Ong, dato ormai per assodato: «Risulta fondamentale, nelle more di una riforma organica delle politiche di contenimento dell’immigrazione e del superamento di Dublino, assicurarsi che gli Stati di bandiera delle navi europee che effettuano operazioni di salvataggio in mare, collaborino all’individuazione di un porto di sbarco e si assumano la responsabilità dell’accoglienza delle persone soccorse, nel rispetto delle convenzioni internazionali sul diritto del mare». In una prima versione che Domani ha potuto visionare si chiedeva che si assumessero anche la responsabilità del porto di sbarco.

© Riproduzione riservata