Marcello Minenna non è un dirigente pubblico qualsiasi. Direttore generale dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, governa la terza agenzia fiscale del paese, con un esercito di circa 10mila impiegati e un flusso di cassa di poco superiore agli 850milioni di euro. Regista dei delicati controlli sulle mascherine anti Covid, l’economista è anche uno degli ultimi esponenti del cerchio magico di Giuseppe Conte e Beppe Grillo rimasto al potere dopo la caduta del governo giallorosso.

Ottime relazioni nel M5s, a sinistra tendenza Goffredo Bettini e nella Lega, il civil servant presto cinquantenne dovrebbe concludere il suo incarico all’inizio del 2023, data in cui è prevista la scadenza del mandato. Oggi però sono in molti a ipotizzare che lo spoils system attuato dall’esecutivo di Mario Draghi dentro ministeri e dipartimenti assortiti possa investire anche il vertice dell’ente di Piazza Mastai a Roma.

Non solo perché il premier e i suoi uomini al ministero dell’Economia preferiscono avere nei posti chiave delle agenzie governative tecnici a loro affini. Ma anche perché qualcuno, a palazzo Chigi, è preoccupato per alcuni esposti contro Minenna arrivati alla procura di Roma e alla Corte dei conti.

E dai conflitti crescenti all’interno all’organismo strategico, culminati – come già raccontato Domani – con l’allontanamento dell’ex braccio destro di Minenna, l’avvocato Alessandro Canali.

Un grillino licenziato in tronco dopo aver mandato al suo direttore una mail in cui spiegava la necessità di far timbrare il cartellino a una dipendente, Patrizia Bosco, che avrebbe secondo l’accusatore «una relazione sentimentale» proprio con il capo.

Tra un esposto e l’altro

Il numero uno dell’Agenzia, contattato, aveva preferito non replicare parlando di «sciocchezze», e aveva giustificato i viaggi in compagnia della funzionaria a Venezia, Brindisi e Lampedusa (con voli aerei e alberghi di lusso pagati dai Monopoli) come «regolari missioni istituzionali».

Minenna ha poi annunciato querela contro chi scrive, mentre la procura di Roma ha aperto un fascicolo per capire se le accuse di Canali siano veritiere o se si tratta di calunnie di un ex direttore in cerca di vendetta. Si vedrà.

L’esposto sui “viaggi con l’amica” non è l’unico grattacapo per l’economista ex Consob. Anche un altro importante dirigente uscito dai Monopoli ha infatti bussato di recente alla porta dei magistrati di piazzale Clodio e dei colleghi della Corte dei conti. Il suo nome è Roberto Fanelli, ex Guardia di Finanza e fino al 2020 direttore dell’area Giochi e tributi dell’Agenzia.

Qualche mese fa Fanelli ha spedito agli investigatori contabili una lunga denuncia, in cui descrive nei dettagli spese e scelte gestionali di Minenna in merito all’uso di auto di lusso sequestrate, assunzioni di amici e sodali del M5s, investimenti milionari per nuovi loghi e uniformi estive.

Domani ha letto la relazione e ha ottenuto da fonti interne fotografie, documenti inediti, lettere e delibere che evidenziano impieghi per ristrutturare «sale vip», bizzarre proteste delle donne delle pulizie contro «banchetti» organizzati ai Monopoli e pulizie straordinarie di una «stanza da letto» che, secondo Fanelli, sarebbe usata in via esclusiva dal direttore.

Gli antipatizzanti di Minenna lo accusano di soffrire di sindrome da gigantismo, e credono che possa talvolta abusare del ruolo di re dei doganieri per curare al meglio le sue relazioni istituzionali. Nei palazzi qualcuno non ha gradito che veicoli sequestrati dai Monopoli, come Mercedes e Lexus, siano finiti in uso a ministri come Renato Brunetta, Mariastella Gelmini o Massimo Garavaglia.

Mentre Domani può raccontare come a settembre Andrea Villotti, presidente del cda della spa pubblica “Patrimonio del Trentino” e fedelissimo del presidente leghista della provincia di Trento Maurizio Fugatti, abbia avuto in consegna da Minenna una Porsche Mecan che nuova, a listino, costa 90mila euro.

Più auto per tutti

Andiamo con ordine, partendo dalla denuncia dell’ex direttore Fanelli. Il neopensionato si lamenta in primis del fatto che Minenna abbia chiamato dalla Consob – ente dove l’economista ha lavorato per lustri – quattro suoi fidati collaboratori. In distacco e dunque «retribuiti a spese dell’Agenzia delle dogane. Si tratta di retribuzioni certamente al di sopra dello standard dei funzionari in servizio presso l’agenzia», si legge.

Secondo un altro documento della Consob, i quattro tra emolumenti e oneri costano 446mila euro l’anno. Secondo fonti vicine al direttore grillino, però la spesa sarebbe ben ripagata dal lavoro «eccellente» dei fedelissimi. Mentre Fanelli dice alla procura regionale della Corte dei conti che «a eccezione del dottor Stefano Fabrizio sembra che tali dipendenti svolgano le loro attività (istituzionali?) dal loro domicilio».

L’esposto indica che Minenna abbia a disposizione «quattro autovetture di lusso», giustificate come auto di servizio e usate da due doganieri – Aniello Pascale e Paolo Nicosia – che nel 2020 sono stati “trasformati” grazie all’ok della prefettura di Roma in agenti di pubblica sicurezza con la missione di fare da scorta al grillino.

«La legge prevede che la gestione delle autovetture deve rispondere a criteri di oculatezza, sobrietà e di efficienza» scrive il denunciante spiegando che sarebbe necessario che l’economista che scrive spesso sul Sole 24 Ore scegliesse «autovetture più ordinarie» con costi di gestione più contenuti. «È inoltre evidentemente anormale che per un solo dirigente siano a disposizione ben quattro autovetture di lusso».

Per quanto riguarda le Mercedes sequestrate e date ai ministri, la legge prevede che i beni confiscati a seguito di operazioni anticontrabbando siano affidati «agli organi di polizia che ne facciano richiesta, o ad altri organi dello stato o ad altri enti pubblici non economici per finalità di giustizia, di Protezione civile o tutela ambientale».

Le forze dell’ordine adibite alla tutela dei ministri sembrano essere forse titolate a usare le macchine dell’Agenzia. Villotti è invece presidente di una società per azioni che gestisce gli immobili pubblici della provincia di Trento. «Non ho fatto comprare la Porsche dalla mia spa, ci mancherebbe! L’ho solo presa in comodato d’uso attraverso un regolare protocollo con l’Agenzia» dice ora l’economista che conosce Minenna dai tempi dell’università. «L’ho portata a Trento, ma adesso è ferma nel mio garage: abbiamo deciso di restituirla e prenderne dai Monopoli una più consona alle necessità della mia partecipata».

Per la cronaca Villotti è stato segretario particolare di Fugatti ed è oggi direttore emerito del Milton Friedman Institute, un think tank liberista nel cui consiglio direttivo siedono anche Gabriella Carlucci, Vittorio Sbarbi e leghisti (oggi diventati imprenditori) come Gianluca Pini.

Da Di Donna a D’Alema

«Il dinamismo e l’esuberanza di Minenna danno fastidio perché sta rivitalizzando un’Agenzia che era mezza morta», spiegano i suoi estimatori, che sognano da sempre che i doganieri possano assurgere a quarta forza di polizia del paese. E dunque sono soddisfatti che il direttore e il comitato tecnico abbiano previsto di dotare gli oltre 10mila dipendenti di tute e divise di rappresentanza «affine ai modelli attualmente in uso all’aeronautica militare», compresi gradi e stellette.

L’ironia dei vertici di altre forze armate non smuove i fedelissimi del direttur. I nemici, invece, considerano molti suoi investimenti uno sperpero di pubblico denaro. È un fatto che – affidamenti e delibere alla mano – l’economista che desiderava diventare numero uno alla Consob abbia firmato un affidamento diretto per mettere le lettere dell’acronimo “ADM” sul «retro di 3.194 capi delle uniformi operative», al costo complessivi di 128mila euro (circa 40 euro a stampa). Nell’esposto Fanelli aggiunge che «per la prima volta vengono previste la divisa di rappresentanza estiva e quella invernale: considerato che il personale dell’Agenzia conta quasi 11mila dipendenti, la spesa è di qualche milione di euro».

Altri affidamenti segnalano come Minenna negli ultimi mesi abbia impegnato cifre considerevoli per abbellire e ristrutturare la sede storica romana. Per «porte motorizzate in vetro e acciaio» da mettere al primo piano è stata aggiudicata una gara a 118mila euro (vincitore la ditta Enzo Dell’Omo), ben 20mila euro sono stati invece stanziati per piazzare lo stemma “ADM” sul pavimento di una sala riunioni, 138mila per l’aria condizionata della «sala vip e sala mensa al quinto piano». Risulta a Domani che il refettorio destinato ai lavoratori sia però al terzo piano: al quinto c’è una stanza destinata ai ricevimenti, spesso sfruttata dal direttore per pranzi e cene istituzionali con ospiti di riguardo.

Tra gli invitati anche l’amico Massimo D’Alema, il fedelissimo di Conte Luca Di Donna (nominato da Minenna come membro supplente di una commissione di concorso dell’Agenzia), il direttore del Sole Fabio Tamburini, l’ex capo di gabinetto di Conte Alessandro Goracci, Beppe Grillo e il lobbista e giornalista Francesco Delzio.

Quest’ultimo fino a pochi mesi fa era a capo della comunicazione dei Benetton e di Autostrade, grandi avversari dei grillini dopo la caduta del ponte Morandi. Ora Delzio è un fan sfegatato di Minenna: lo scorso giugno ha rilasciato un’intervista a Rtl 102.5 in cui segnalava «l’inaugurazione del “Museo dell’anti-contraffazione” all’Agenzia delle dogane, che è guidata in maniera molto brillante da Marcello Minenna», mentre un mese fa ha scritto un articolo su Avvenire dove decantava «gli uomini e le donne dell’Agenzia dei monopoli», capaci di performance eccezionali grazie alla «riorganizzazione dell’Agenzia su criteri di efficienza manageriale, fortemente voluta e messa in atto dal numero uno dell’ente, l’economista Marcello Minenna».

Sentito al telefono, Delzio dice che aiuta Marcello senza percepire nulla: «Siamo solo amici, non ho alcun contratto con l’Agenzia». Un accordo economico con le Dogane ce l’ha, invece, la ditta Bagnoni srl, che per realizzare la casa dell’anti-contraffazione a piazza Mastai (alcune vetrine con Ferrari cinesi “pezzotte” in esposizione) ha preso dall’Agenzia 147mila euro.

La rabbia delle colf

I convivi a cui partecipano politici e vip non sono piaciuti a tutti. Qualche lavoratore della Romeo gestioni, ditta deputata alla pulizia delle sale dell’ente, se ne è ufficialmente lamentato: il 3 giugno 2021 il sindacato dell’Usb ha mandato una richiesta d’incontro ai vertici dell’ente dove si sottolinea che le colf svolgerebbero mansioni «non ricomprese nel capitolato d’appalto». Prestazioni di lavoro ormai «divenute consuete come il riordino di sale adibite a banchetti con annesso lavaggio piatti e bicchieri nonché il riordino della camera da letto».

Anche la relazione di Fanelli cita la circostanza del talamo: «Risulta che il direttore Minenna abbia realizzato un alloggio all’interno della sede di piazza Mastai, ma con entrata autonoma, che utilizza a uso personale senza averne diritto o titolo». Forse si tratta di una insinuazione falsa, visto che il regolamento prevede che l’appartamento, nato in tempo di Covid, possa essere a disposizione di tutti i dirigenti costretti a rimanere in sede la notte. Abbiamo mandato una email a Minenna chiedendogli conto della stanza misteriosa ma ha preferito non rispondere.

Sappiamo che il grillino di recente ha effettuato lavori di ristrutturazione della sua casa privata di Roma. Domani ha scoperto che Minenna ha assunto come collaboratore per il restauro dell’abitazione il geometra Giorgio Paciucci. Un tecnico che al tempo era socio e presidente di una ditta, la Sgr Consulting, che nel 2020 ha ricevuto commesse dall’Agenzia dei monopoli per un totale di oltre 152mila euro. Tutti affidamenti diretti.

«Non ci sono conflitti di interessi tra i due incarichi: Marcello mi ha pagato anche per la consulenza al suo cantiere, circa 15mila euro. Non gli ho fatto un regalo» spiega Paciucci. «Io gli ho solo dato consigli per la scelta dei materiali, dei sanitari, per l’allarme. Consideri che solo per individuare gli infissi ho fatto fare a otto ditte diverse decine di preventivi. Inizialmente gli davo una mano in bonis. Poi, visto che mi telefonava dieci volte al giorno, gli ho chiesto un compenso. Lui è stato subito d’accordo. Non so alla fine che ditta di finestre abbia scelto: a un certo punto mi è stato detto infatti che della ricerca degli infissi se ne sarebbe occupato Aniello, il suo autista».

Paciucci dice di aver conosciuto Minenna durante una vacanza in Messico, un viaggio fatto insieme allo stesso Canali («lo conosco da tanti anni anche lui, m’avesse fatto mai prendere un lavoro!») e di aver sempre fatturato i lavori con l’Agenzia con «trasparenza assoluta».

Assunzioni

Le spese di Minenna non si contano. Il direttore ha sborsato 37mila euro per illuminare la facciata della sede principale di Trastevere, 25mila per la «fusione in ottone dei gessi riguardanti la medaglia del premio “San Matteo”», mentre lo scorso 13 settembre ha annunciato l’aumento (non è chiaro ancora di quanto) del budget per le «attività istituzionali del direttore generale»: quando Minenna parte per una città italiana, secondo la delibera, con lui devono partire il responsabile della comunicazione e quello delle relazioni istituzionali. Funzioni che il 9 settembre sono state assegnate ad interim a Bosco. Nel documento si chiarisce pure che la delegazione che accompagna Minenna dovrà «organizzare un incontro col prefetto; individuare tre funzionari in uniforme per assistere il direttore generale; rispettare il cerimoniale; organizzare con i media locali interviste e comunicati stampa».

Per Minenna l’immagine pubblica sua e dei suoi doganieri, è noto, è cruciale. Tanto da aver girato in otto mesi 70mila euro a Emiliano Martino, responsabile dell’area video del gruppo M5s al Senato, per confezionare filmati e promo sui social dei Monopoli. Un’altra assunzione finita nell’esposto alla Corte dei conti è quella di Anna Maria Forenza (una ex attivista grillina grande amica della deputata Carla Ruocco, che è stata tra i maggiori sponsor della nomina di Minnena ai Monopoli) chiamata dall’Agenzia a coordinare una task force anti Covid. È stata scelta con affidamento diretto nonostante sia specializzata «in chirurgia estetica e medicina estetica», denuncia l’ex collaboratore del numero uno.

Nell’aprile 2020 il Foglio ha evidenziato lo stipendio da 7mila euro al mese destinato alla dottoressa, ma Minenna ha replicato chiarendo che la convenzione per l’esperta valeva «solo per due mesi». Forenza ha poi firmato altri contratti, e ancora oggi lavora con l’organismo. «Sarebbe opportuno verificare» conclude Fanelli ai pm contabili «perché e come è stata scelta la dottoressa Forenza, quanti giorni presta servizio all’Agenzia, e se come risulta la stessa viene accompagnata da e alla sua abitazione privata con auto di servizio».

Il nuovo imperatore dei doganieri (che ha deciso di tenere per sé le deleghe di altre cinque direzioni generali, le più rilevanti) se ne frega delle critiche e delle interrogazioni parlamentari piovute dopo l’articolo di Domani sui rapporti con Bosco. Forte di risultati operativi che il Libro blu da lui stesso voluto definisce eccellenti, e dalla certezza che il suo operato non ha alcuna rilevanza né penale né contabile. Restano motivi di opportunità, licenziamenti improvvisi, viaggi a Venezia in alberghi di lusso ed esborsi milionari che talvolta appaiono quantomeno discutibili. Soprattutto se a ordinarli è un dirigente che deve tanto a Grillo e ai suoi epigoni, le cui parole d’ordine sono quelle del risparmio a tutti i costi, la lotta allo spreco e ai conflitti di interesse di ogni sorta.

Abbiamo provato a chiedere conto di gran parte dei fatti e delle contestazioni degli esposti spedendo una email a Minenna e al suo ufficio stampa nel pomeriggio.

Che ha risposto così: «Premesso che due ore e mezza peraltro dopo le 17.00 in una struttura articolata come questa sono evidentemente inadeguate per qualsiasi approfondimento e premesso che abbiamo girato le domande agli uffici, segnaliamo la completa disponibilità a incontrarti e a rispondere con carte alla mano; senza i doverosi approfondimenti c’è il rischio di dare delle letture a dir poco improprie».

 

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