Il simbolo, semiserio, è un cocomero, ma per sapere se sarà il «grande cocomero» di Charlie Brown o una semplice zucca, bisogna aspettare la sera delle elezioni politiche. Ieri a Roma, durante un evento intitolato “Nuove energie”, il segretario di Sinistra italiana Nicola Fratoianni e il portavoce di Europa Verde Angelo Bonelli hanno lanciato «un’alleanza politica, culturale e anche elettorale». Viene presentata come una lista elettorale per il voto di marzo 2023. «Non un nuovo cantiere, non un nuovo partito», viene puntualizzato ai cronisti sfiniti dalla coazione alle ripartenze della sinistra, che puntualmente si spiaggiano alla prima curva; e anche dalla rissosità delle anime ecologiste che in questo sono sorelle gemelle di quelle gauchiste. Peraltro, fra le due organizzazioni c’è una storia di conflitto nella Puglia di Nichi Vendola, che ha avuto in Bonelli uno dei più combattivi critici.

Ma è tutto alle spalle. Ora i due piccoli partiti saggiamente si preparano per tempo. Sono d’accordo sulle risposte a molti temi importanti: guerra, energia, costo della vita, siccità, desertificazione, smog, accesso all’acqua. Propongono un’Italia «ecologista, civica e solidale», incrociano giustizia climatica, ambientale, sociale e generazionale. Perché «la lotta ambientalista senza lotta di classe è solo giardinaggio», parola della senatrice Elena Fattori (ma è una citazione di Chico Mendes); e perché «la lotta di classe senza ambientalismo rischia di fare qualche danno», risponde Fratoianni; e «non c’è transizione ecologica senza transizione sociale», secondo Marlene Pernstich, portavoce Verdi del SudTirolo.

E il centrosinistra?

C’era un tempo in cui la sinistra veniva accusata di essere «ravanello», rosso fuori e bianco dentro. Qui invece la colpa è essere cocomero, spiega Eleonora Evi, co-portavoce nazionale di Ev: «Ci accusano di essere verdi fuori perché portiamo avanti le battaglie ecologiste per la giustizia climatica e rossi dentro perché portiamo avanti le battaglie per la giustizia sociale. Io mi sento un cocomero».

L’operazione parte, anche se il centrosinistra per il momento è un’ipotesi e il «campo largo» per ora non c’è, ormai lo ammette persino il segretario del Pd Enrico Letta, causa la scissione grillina e l’eventualità di uno strappo di Giuseppe Conte. Ma Si e Ev si portano avanti con il lavoro, occupano il lato sinistro della futura coalizione, qualunque sia. Saranno alleati del Pd, è la certezza acquisita in mesi di incontri con Enrico Letta. A settembre ci sarà la presentazione del nuovo simbolo, ma non c’è da aspettarsi una colpo d’ingegno da creativi: con ogni probabilità sarà una «bicicletta» con dentro i due simboli. Scelta semplice: da una parte, a sinistra, perché dopo tante invenzioni di marchi estemporanei (La Sinistra, Leu, L’Altra Europa con Tsipras) si sono convinti che al voto funzionano meglio i loghi consolidati. Dalla parte ambientalista l’esigenza è non rinunciare al simbolo che li mette in federazione con i fortunati fratelli verdi europei.

L’apposito sondaggio

Ma a convincerli poi, o forse prima, è stato un sondaggio, o forse una serie di sondaggi dell’istituto Quorum secondo cui l’elettorato «consolidato» delle due liste sarebbe complessivamente il 4,4 per cento, l’elettorato «potenziale» della lista unica sarebbe il 4,9 per cento; e infine fra astenuti e indecisi un altro 3,5 per cento sarebbe pronto a votare rossoverde. Risultato, un lusinghiero 12,8 per cento.

Intanto però si lavora al programma. Le due organizzazioni la pensano alla stessa maniera a proposito del governo Draghi, cioè malissimo. Secondo Bonelli il ministro Roberto Cingolani «ogni giorno sabota la transizione ecologica». Fratoianni se la prende con il ministro degli Esteri Luigi Di Maio «che ha detto che con l’accordo fra Turchia e paesi nordici non cambia nulla per il popolo curdo. Caro ministro ti è sfuggita quella carta in cui viene sottoscritto il via libera per l’ulteriore accentuazione della campagna di violazioni dei diritti umani e civili di un popolo intero». Rispunta anche l’ex ministro Lorenzo Fioramonti, chiede di smettere «di abbracciarci al capitalismo più scemo».

Intervengono e partecipano all’impresa amministratori eletti in liste civiche che propongono di esportare alle politiche i virtuosi modelli cittadini, come fa Emily Clancy, vicesindaca di Bologna. La torinese Alice Ravinale sostiene «l’urgenza di una forza politica che metta insieme i movimenti del civismo». Da Genova Ferruccio Sansa racconta la sua fortunata lista rossoverde, nel disastro del centrosinistra in città. E Amedeo Ciaccheri, portavoce di Liberare Roma e presidente del “rossissimo” municipio otto, invita tutti e tutte «a scrivere una nuova storia insieme, con uno sguardo ai municipalismi che hanno presidiato i territori con le loro pratiche democratiche».

Sono alcune delle molte voci di una rete civica e di associazioni che da tempo si confronta. La si è vista in diverse occasioni, in formazione abbastanza simile. Da ultimo anche in un’iniziativa nazionale di Elly Schlein, la vicepresidente dell’Emilia Romagna, “osservatrice” delle Agorà democratiche, che ha un rapporto cordiale con i rossoverdi ma che ieri non era fra gli invitati. Su di lei una parte del Pd aveva fatto un pensierino come leader di una lista civica nazionale. Lista che però, al di là della eventuale leadership, a questo punto non nascerà, battuta sul tempo dai rossoverdi. Poco male: del resto si sa che a Letta non dispiacerebbe ospitare qualche personalità civica e radical anche nelle liste del Pd, per non “regalare” tutto il voto di sinistra all’alleato rossoverde, finora l’unico fedele.

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