L’ex capo di stato maggiore: «Dopo 80 anni dobbiamo poter parlare alla pari con l’alleato». Su Musk: «I suoi satelliti sono sicuri, ma l’Europa deve essere autonoma»
Generale Vincenzo Camporini (già capo di Stato maggiore dell’Aeronautica e della Difesa, ndr). A stare agli annunci di Trump, la Nato è alla vigilia di un cambiamento. Si può aprire una crepa fra i paesi Nato e gli Usa?
Lasciamo da parte l’atteggiamento futuro di Trump, ha fatto molte dichiarazioni, spesso contraddittorie, vedremo. A prescindere da Trump, l’Europa, in quanto Unione, deve fare di più. Solo se siamo in grado di esprimere una politica coerente di tutti i paesi Ue saremo in grado di dialogare alla pari con Washington e non essere costretti a seguire le sue decisioni, com’è successo negli ultimi 80 anni. Ci lamentiamo, ma non facciamo nulla per avere una capacità politica e operativa-militare paragonabile a quella Usa. Trump o no, siamo sempre andati a rimorchio. Dobbiamo fare un salto di qualità politico, prima ancora che militare. Solo con una visione condivisa ha senso avere una capacità militare congiunta, quella che tutti chiamano esercito europeo. A me basta che ci sia una coerenza di operazioni e una capacità decisionale per l’impiego di queste forze. Finora non la vedo.
Con un’Europa così divisa proprio sulla politica estera è possibile?
Serve una capacità operativa comune, ma oggi la volontà di impiegare le nostre capacità per obiettivi comuni è evanescente. Non serve un esercito comune, la Nato non ha un esercito comune, è un consesso politico dove si decide concordemente. Se il Consiglio atlantico decide di fare un’operazione, non ha a disposizione un esercito ma le forze che i singoli stati mettono a disposizione. Stessa cosa si potrebbe fare con l’Europa, almeno inizialmente, per poi giungere a forze armate comuni. Un esempio storico sono gli Usa: diventano una nazione alla fine ‘700 ma l’esercito federale organicamente strutturato nasce dopo la guerra di secessione, e fino a quella data erano i singoli stati a mettere a disposizione le loro forze al presidente. In Europa serve un’autorità politica alla quale conferire le capacità operative degli stati, facendo in modo che addestramento, dottrina e equipaggiamenti siano simili per garantire l’efficienza sul terreno.
L’aumento della spesa militare, dato ormai per certo dal ministro Crosetto, va in questa direzione?
Se non c’è una decisione politica, è solo dettato dalle vicende nazionali. Che sono diverse: la Polonia avverte una minaccia diretta da Mosca e spende quello che ritiene opportuno per la propria sicurezza. In altri paesi le priorità sono diverse. In Italia, anche se da Trieste a Palermo la distanza è quasi la stessa che da Trieste a Leopoli, ci sentiamo lontani dai potenziali teatri operativi. Così l’opinione pubblica e il mondo politico non avvertono la necessità dell’aumento della spesa. Con una visione condivisa, le divergenze numeriche sarebbero ridotte.
La Nato si concilia con una difesa comune solo europea?
L’idea più ortodossa è una difesa comune europea come pilastro europeo di un’Alleanza atlantica che operi su base paritaria. A oggi questa base paritaria con gli Usa non esiste. E noi siamo indotti a seguire gli Usa, e quando questo non è accaduto c’è stato uno scombussolamento politico. Il caso dell’Iraq del 2003 è esemplare: se l'Europa avesse avuto una sua linea politica forse non avremmo convinto gli Usa ad evitare la guerra, che è stata un passo falso, ma avremmo intavolato un dibattito più consapevole delle conseguenze. Non dico che dobbiamo fare il contraltare degli Usa, ma che dobbiamo essere alleati con pari dignità. Oggi non accade.
A proposito di sudditanza agli Usa, in Italia la strada per l’accordo con la Starlink di Musk è obbligata.
Musk è riuscito in un’idea originale, una costellazione di migliaia di satelliti in orbite medio-basse, ci troviamo di fronte a un unicum, una capacità ad ora priva di alternative per lo scambio di dati ad alta velocità e basso tempo di latenza. Starlink è in grado di dare comandi di volo a un drone, capacità che sul terreno operativo ha un significato straordinario, cosa proibitiva per i nostri satelliti geostazionari come il Sicral.
Consegneremo la nostra operatività al proprietario di Starlink?
Se il flusso di dati viene criptato in modo tale da renderlo leggibile soltanto dall’operatore, non c’è possibilità che il proprietario del sistema se ne possa impadronire. L’unica che gli rimane è spegnere i suoi satelliti. Ma farlo significherebbe mettere in crisi tutto il sistema, il che non rientra nelle opportunità ragionevoli per un privato.
Musk ha concesso e poi negato i satelliti all’Ucraina.
Nel caso di un cliente statuale avrebbe conseguenze economiche pesanti. Il privato è libero di sopportarle, ma sono un discreto deterrente. Dobbiamo garantirci con un contratto di ferro, dal punto di vista tecnico e giuridico. E intanto dobbiamo favorire la crescita di altri fornitori, meglio se istituzionali. L’Europa va troppo lenta con il sistema Iris. Ma Starlink deve essere un’opzione interim. E dovremmo avere la certezza che sia compatibile con gli impegni e i programmi a cui l’Italia partecipa in sede europea, o rischiamo di rallentare la fine dell’interim.
Non modelleremo il sistema delle comunicazioni in modo che sarà antieconomico tornare indietro?
Non saremo vincolati, almeno dal punto di vista tecnico.
I nostri militari si attrezzano per aumentare i sistemi di sicurezza?
L’attrezzatura si chiama capacità di criptazione. Serve il controllo esclusivo della crittografia e delle componenti software e hardware. Ma oggi i sistemi sono sempre meno permeabili, si possono ottenere garanzie sufficienti.
Musk è nell’amministrazione Trump. Gli Usa sono alleati ma potremmo non avere stessi interessi.
Da decenni siamo nell’Alleanza con la nostra postura politica e operativa. I condizionamenti ci sono stati, qualche volta sono stati messi in discussione, penso al caso Sigonella. Essere legati alla Nato e agli Usa non è una novità. E non impedisce a un governo sufficientemente determinato di prendere posizioni non in sintonia con questo tipo di rapporto.
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