Gentile direttore,

in nome di Claudio Strinati, in merito ai due articoli a firma del giornalista Emiliano Fittipaldi, si precisa che: il dottor De Dominicis ha sviluppato da anni una grave e ossessiva convinzione che lo ha portato a credere che un dipinto di sua proprietà (la cosiddetta Venere ed Adone) sia stato artatamente sostituito da Strinati, in concorso con la restauratrice Carla Mariani, con una falsa copia al fine di truffarlo.

Al di là del fatto - non controvertibile - che non è in alcun modo possibile realizzare una copia moderna che possa essere spacciata per antica (poiché le attuali tecniche scientifiche di analisi sulla datazione non possono essere ingannate), De Dominicis si è convinto del contrario e non ha voluto riprendere il quadro da lui ritenuto falso. Per tale ragione, dopo aver tentato in tutti i modi di convincerlo, lo abbiamo invitato fin dal giugno 2019 a formalizzare le sue accuse alla procura della Repubblica affinché fosse accertato se quanto da lui asserito avesse un minimo fondamento.

Il De Dominicis ha seguito il nostro consiglio, ha presentato una denuncia e il competente sostituto procuratore ha disposto un’attività ispettiva delegandola al comando Carabinieri tutela patrimonio culturale. Tale attività si è espletata il 12 novembre 2020 ed è stata svolta da tecnici dell’Istituto centrale del restauro i quali erano in possesso di immagini, scansioni e radiografie dell’opera originale che lo stesso De Dominicis aveva consegnato al gabinetto scientifico di palazzo Barberini perché fosse esaminata.

Ebbene tale esperimento giudiziale si è concluso con esiti di certezza, nel senso che i tecnici hanno accertato che il dipinto ritenuto una copia dal De Dominicis è invece quello da lui stesso all’epoca consegnato alla Sannucci di palazzo Barberini.

Ma neppure questo, come ben dimostra l’attuale iniziativa di costui sul suo giornale, ha mutato minimamente le convinzioni del De Dominicis. Un’ultima precisazione è necessaria: De Dominicis ha altresì riferito di un accordo intervenuto, tra gli altri, con Strinati per vendere l’opera e dividerne i guadagni, consegnando addirittura al quotidiano online Dagospia una copia di tale accordo del tutto priva di firme e anzi recante la singolare dicitura “uti f.to” (“come se fosse firmato”).

Anche nell’articolo del suo giornale si dà conto di detta scrittura privata, il cui testo però non è stato pubblicato. Posso presumere che De Dominicis abbia consegnato lo stesso testo sia a Dagospia che a Domani (nel senso che sarebbe ben strano il contrario) e dunque devo ribadire che si tratta di un testo privo di firme.

In conclusione, tale presunto accordo non ha alcun fondamento e la circostanza è stata evidentemente articolata dal De Dominicis al fine di spiegare l’utilità economica della presunta truffa ai suoi danni. Oggi non resta che prendere atto della incapacità del De Dominicis nel rendersi conto della infondatezza delle sue fantasie, di cui purtroppo dovrà rispondere anche in sede civile stante la evidente e continuata diffamazione da costui posta in essere.

Con un successivo articolo a tutta pagina del 3 maggio, che riprende però il precedente episodio, Strinati viene chiamato in causa per una ulteriore e diversa vicenda.

Mi dolgo in primo luogo per il titolo suggestivo ed insinuante: Indagine per corruzione: Un altro quadro misterioso. Strinati interrogato da Cantone, il quale ottiene il chiaro risultato di far percepire al lettore che Strinati sia indagato per corruzione - il ché non è - mentre è stato sentito come persona informata dei fatti (circa un anno fa) per aver solo sottoscritto un’attribuzione di un dipinto seicentesco al maestro Lionello Spada, che tuttora conferma,

trattandosi di un'opera di indubbia qualità.

In sintesi, Strinati nulla ha a che fare con ogni rapporto tra il Centofanti e la Battagliese, nessuna ipotesi di corruzione gli è stata contestata, e men che mai il «modus operandi» poteva «ricalcare quello già proposto da Pasquantonio e Strinati al procuratore della Corte dei conti De Dominicis», come scrive l’articolista, per il buon motivo che né nella vicenda De Dominicis vi era un accordo economico, e neppure in questa.

L’articolista adombra addirittura «possibile che questi ultimi due (Pasquantonio e Strinati, ndr) abbiano usato uno schema simile per altre opere d’arte? Non lo sappiamo»; il ché è espressione obiettivamente diffamatoria poiché fondata su fatti inesistenti e mere supposizioni, come del resto conferma il seguito dell’articolo allorquando riferisce che i “progetti” relativi alla Venere ad al Davide non sono andati a buon fine. Evidentemente poiché non c’era nessun “progetto”.

Cordiali saluti

Avvocato Maurizio Nucci


Risposta di Emiliano Fittipaldi:

Prendiamo atto della rettifica dell’avvocato di Strinati, che tuttavia non smentisce una virgola di quanto da me scritto. Tra le righe, però, si ipotizza che De Dominicis sia la mia fonte: per verità dei fatti, non ho mai visto né parlato con l’ex procuratore in vita mia.

Dei protagonisti della vicenda, al contrario, è l’unico che si è rifiutato ripetutamente di rispondere alle domande di Domani. Anche Strinati, contattato, si è rifiutato di rispondere a gran parte degli interrogativi.

Innanzitutto in merito a quello più rilevante per un critico del suo livello: cosa lo ha portato ad attribuire al maestro Veronese un quadro che esperti del ministero dei Beni culturali hanno valutato appena ottomila euro, cioè il valore di una crosta?

Aspettiamo fidenti una risposta.

E.F.

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