Nel pieno della stagione delle nomine, il governo Meloni si prepara a pagare 100mila euro in più per il prossimo inviato per il clima. La legge che ha istituito la figura nel 2021 prevedeva per il 2023 una spesa di 250mila euro, una cifra che l’esecutivo ha pensato bene di rendere più ricca in vista della scelta per la poltrona.

Una selezione che tra l’altro, come era successo per il governo Draghi, non ha avuto fretta di concludere, visto che è vacante da oltre tre mesi. In compenso il decreto che aumenterà lo budget a disposizione dell’inviato per il clima arriverà a brevissimo, proprio in tempo per la scelta finale.

L’inviato per il clima

L’inviato per il clima ha compiti relativi alla tutela dell'ambiente e alla politica energetica, in particolare nella partecipazione ad eventi e negoziati internazionali. La sua necessità è stata individuata durante il governo Conte II, che si fregiava di avere un’impronta ambientalista. Alla luce della rilevanza internazionale, la legge istitutiva ha stabilito che la nomina deve essere presa di comune accordo dal ministro dell’Ambiente e da quello degli Esteri.

All’epoca, la caduta del Conte II ha rinviato di fatto la procedura, ma anche quando è arrivato il governo Draghi, prima di scegliere, gli allora ministri Luigi Di Maio (M5s) e Roberto Cingolani (tecnico) hanno aspettato parecchi mesi prima di mettersi d’accordo.

Nel testo si legge che era previsto un budget di 250mila euro per il 2021, 350mila per l’anno 2022 e infine 250mila per l’anno 2023. Solo nel gennaio 2022 Di Maio e Cingolani hanno trovato la convergenza, ed è stato scelto Alessandro Modiano, diplomatico di lungo corso in materia di contrasto al cambiamento climatico, anche in ambito G7, G20 e Ocse.

Il rinnovo mancato

L’expertise non è stata sufficiente per mantenerlo al suo posto con il nuovo governo. La legge del 2021 infatti ha stabilito che, come accade per altri incarichi, all'atto del giuramento del ministro, tutte le assegnazioni di personale, compresi gli incarichi di livello dirigenziale e le consulenze e i contratti, anche a termine, decadono automaticamente – se non vengono confermati – entro trenta giorni dal giuramento del nuovo ministro. Gilberto Pichetto Fratin, divenuto ministro dell’Ambiente della sicurezza energetica, si è guardato bene dal rinnovargli la fiducia, e da allora non è stato scelto più nessuno.

Il co-portavoce di Europa Verde, Angelo Bonelli, deputato in commissione Ambiente, a febbraio ha presentato un’interrogazione per capire cosa avevano intenzione di fare i ministeri. A stretto giro, ha risposto la sottosegretaria leghista del Mase Vannia Gava: «Al fine di arrivare presto alla nomina di un nuovo inviato – ha detto –, sono in corso le dovute interlocuzioni con le amministrazioni interessate, così come previsto dalla normativa vigente, per l'identificazione di una personalità di alto profilo».

Verso la nomina

Da allora è passato un altro mese e mezzo, e prima dell’alto profilo si è deciso di fissare un budget più alto, attraverso il decreto sulla pubblica amministrazione previsto in un primo momento per il Consiglio dei ministri del prossimo 6 aprile e poi slittato.

Nella bozza vengono messi a disposizione già da quest’anno, e fino al 2025, 350mila euro per ciascuna annualità, una mossa che arriva proprio prima che si concretizzi la nomina, e che, ricorda la legge, può riguardare sia i dipendenti della pubblica amministrazione sia altre figure esterne.

Il nome che emergerà dovrà passare per forza da Forza Italia, visto che le parti in causa in questo caso sono Pichetto e il ministro degli Esteri Antonio Tajani, entrambi berlusconiani.

© Riproduzione riservata