Discutere delle qualità di coloro che vengono nominati ai vertici delle aziende a partecipazione statale è sempre cosa buona e giusta. Sbagliata e fuori luogo è, invece, la critica pregiudiziale incapace di proporre alternative allo spoils system. Circa due secoli fa furono i politici Usa a stabilire che ai vincitori delle elezioni a tutti livelli spettassero le spoglie, vale a dire un certo numero di cariche non solo, ovviamente, politiche, ma anche amministrative.

La logica sottostante era, e rimane, piuttosto semplice. Chi ha ottenuto dagli elettori il potere di decidere le politiche pubbliche deve essere messo in grado di nominare amministratori di fiducia per attuare le politiche da loro desiderate e definite. Chiunque, dunque, può essere nominato liberamente dai detentori del potere politico. Abbiano o no precedenti esperienze in qualche settore; abbiano o no le competenze necessarie, a quelle persone vengono affidati compiti importanti poiché chi li nomina pensa che eseguiranno quanto è loro richiesto.

Qualche volta, non necessariamente soltanto ai livelli più bassi, più dell’esperienze e della competenza, finirà per contare soprattutto la dedizione dei nominandi ai loro referenti politici e di converso la fiducia che quest’ultimi hanno in coloro che già li hanno serviti politicamente. Non c’è nulla di cui scandalizzarsi soprattutto quando l’alternativa sarebbe rappresentata da persone insostituibili nel loro ruolo che, per le loro preferenze politiche, si metterebbero di traverso se chiamati ad attuare un programma che non gradiscono o pensano contrario alle necessità della patria/nazione.

Il sistema delle spoglie comporta un rischio ed è temperato da un meccanismo democratico. Nei sistemi politici nei quali i governi cambiano spesso il rischio è che i nuovi governanti non riescano a sfruttare l’opportunità di nominare esecutori di fiducia. Negli Usa, il presidente ha sempre la possibilità di nominare circa quattromila burocrati, anche se raramente vuole/riesce a sostituire tante persone.

Il meccanismo democratico è lo svolgimento delle elezioni. Infatti, una buona opposizione avrà modo di dimostrare quanto male ha fatto il governo in carica con riferimento alle prestazioni e al rendimento delle aziende pubbliche e dei loro dirigenti, proprio quelli nominati dal capo del governo e dai suoi ministri. Il rendiconto (accountability) del fatto, del non fatto, del mal fatto è almeno in linea teorica il meccanismo che dovrebbe spingere i governanti a nominare i “migliori”. Quindi, le nomine del governo Meloni sono certamente valutabili con riferimento all’esperienza e alla competenza dei nominati, ma in una democrazia decente il verdetto decisivo sarà quello delle prossime urne emesso da elettori informati sui fatti grazie a una opposizione che abbia svolto il suo lavoro adeguatamente.

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